Sceneggiata parlamentare sul TAV – The Day After

Alcuni articoli dopo la sceneggiata delle mozioni sul TAV di ieri al Senato. Una giornata che ha dato ulteriore forza contrattuale (se mai ce ne fosse stato bisogno) a Salvini umiliando ulteriormente i 5 Stelle che, da partito capace di prendere il 33% alle elezioni di poco più che un anno fa si sono ridotti al ruolo di zerbini irrilevanti devastati dalle fratture interne. Inutile fare affidamento sul PD che la parola OPPOSIZIONE non è probabilmente neppure capace di comprenderla e che ieri ha confermato di far parte del partito del cemento votando insieme alla destra. L’opposizione, in questo paese, ripartirà dalle piazze. Con la consapevolezza di essere totalmente privi di ogni rappresentanza.


«Traditori», i No Tav non perdonano i grillini. È rottura totale.

Val Susa – Beppe Grillo non digerisce le critiche e attacca il leader storico Alberto Perino: «fermacarte». Venerdì manifestazione a Chiomonte in occasione della visita del governatore della regione Piemonte e della sua giunta.

«I cinque stelle sono gli unici veri No Tav, non disperdiamo il voto»: le parole che Alberto Perino, figura di riferimento del mondo anti Torino-Lione, pronunciò durante un incontro pubblico pochi giorni prima del voto del 2018, provocarono una vistosa frattura politica in val Susa. Perino se ne fece carico e mise il suo prestigio personale, la sua storia di No Tav, e non solo – fu tra i primi aderenti al Movimento non violento, e finì a processo per renitenza alla leva obbligatoria negli anni Sessanta – al “servizio” del M5s, portandogli percentuali bulgare nelle passate elezioni politiche.

Ieri il comico garante del M5s, Beppe Grillo, è esploso in un post in cui attacca Perino, di fatto l’intera comunità No Tav, dandogli del «fermacarte» e pentendosi di aver camminato al suo fianco, aizzando così folle pentastellate nei commenti.

Grillo non ha digerito le critiche, per altro pacate, pronunciate da Perino qualche giorno fa.

I due furono uniti fin dal 2005, quando sul palco di un parco torinese forgiarono durante una delle manifestazioni No Tav più massicce di tutti i tempi, circa ottantamila persone, il mito fondativo del M5s con questi tre concetti: mai più con la sinistra, i partiti sono tutti uguali, democrazia diretta come in val Susa.

Con Perino e Grillo sul palco erano presenti Marco Travaglio e Dario Fo e da quel lontano giorno di quattordici anni fa l’unione No Tav-M5s è stata indissolubile.

L’attacco di Grillo è stato poi rincarato dal parlamentare Manlio di Stefano che ha accusato implicitamente il movimento No Tav, citando i dati del Piemonte, di aver votato Lega nelle passate elezioni regionali ed europee.

Rottura totale, che sancisce la frana dell’ultimo anno, per altro molto lenta, perché il mondo No Tav ha sperato fino all’ultimo che gli uomini spediti a Roma – Alberto Airola, Elisa Pirro, Laura Castelli e Luca Carabetta – ottenessero qualcosa, o facessero qualcosa, o almeno si facessero vedere.

Di fronte alla sceneggiata delle mozioni post annuncio via social del presidente del Consiglio che ribadiva la volontà di proseguire con la costruzione della Torino-Lione, esasperati dalla fuga silente da ogni confronto di tutti i parlamentari 5S, il mondo No Tav è esploso in un moto di collera che si è cristallizzato nell’aggettivo «traditori» propagandato nel reame social dei 5S.

Il primo appuntamento che chiarirà le dimensioni dello scontro tra No Tav e governo giallo verde, sempre che sopravviva, è previsto per venerdì quando il governatore della regione Piemonte, Alberto Cirio, porterà la sua giunta a Chiomonte a parlare di compensazioni. Invitati all’incontro i sindaci che hanno sottoscritto il «patto del territorio», alcune madamine non si sa a che titolo, e l’ex sottosegretario di Forza Italia, governo Berlusconi, Mino Giachino.

«Noi non mancheremo all’appuntamento e andremo a protestare perché la val Susa non è in vendita. E non sarà certo il decreto sicurezza bis approvato da leghisti e 5S a fermarci», commentava ieri la No Tav Nicoletta Dosio. «Oltre a essere disumano per gli indegni motivi che conosciamo tutti, il decreto di Salvini è chiaramente contro i No Tav: noi andremo. Ci denuncino tutti: siamo pronti», concludeva.

In un comunicato il movimento No Tav ieri dichiarava: «Questo teatrino costruito sulla nostra pelle si svolge mentre decine di fogli di via vengono notificati ancora in questi minuti da carabinieri e polizia a tanti della valle che quotidianamente si spendono nelle iniziative di contrasto all’opera devastatrice. Continuiamo da noi. Da un cantiere di fatto fermo da oltre 400 giorni grazie alla nostra opera costante di presidio e iniziativa, da dei lavori di allargamento che sfidiamo Salvini a far partire, così da poter toccare con mano cosa significa cantierizzare un territorio ostile».

di Maurizio Pagliasotti

dal Manifesto dell’8 agosto 2019


Misure pensate per colpire i NoTav.

Sicurezza bis – I primi a farne le spese potrebbero essere i 48 manifestanti denunciati il 27 luglio scorso al termine della manifestazione durante la quale è stato manomesso il cancello di Giaglione.

C’è un altro motivo, oltre al «tradimento» sull’Alta velocità, destinato ad allontanare ancora di più il movimento No Tav dal M5S: il fatto che i pentastellati hanno condiviso con la Lega il decreto sicurezza bis entrato in vigore il 15 giugno e che – a giudizio di molti giuristi – rappresenta un pericolo per la libertà di manifestare. A partire dai cortei contro la Tav in Val di Susa.

I primi a farne le spese potrebbero essere i 48 manifestanti denunciati il 27 luglio scorso al termine della manifestazione durante la quale è stato manomesso il cancello di Giaglione. Per ora la contestazione riguarda solo la violazione dell’ordinanza prefettizia che dal 2011 vieta l’accesso ai terreni limitrofi al cantiere, ma non è detto che nuove accuse non possano arrivare al termine delle indagini. E in tal caso i conti andrebbero fatti con le nuove norme licenziate lunedì dal Senato. Ecco cosa prevedono.

USO DEL CASCO Inasprite le pene per chi, nel corso di una manifestazione, fa uso del casco o di qualunque altro mezzo che renda difficoltoso il riconoscimento. Le nuove pene prevedono la reclusione da due a tre anni e un’ammenda da 2.000 a 6.000 euro.

USO DI BASTONI E BENGALA Reclusione da uno a quattro anni per chi, nel corso di una manifestazione, lancia o utilizza illegittimamente razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile o in grado di nebulizzare gas contenenti principi urticanti. ma anche per chi utilizza bastoni, mazze, oggetti contundenti o comunque atti a offendere.

RESISTENZA E OLTRAGGIO Diventa un’aggravante il reato di violenza o minaccia, resistenza o violenza a pubblico ufficiale.

DANNEGGIAMENTO Pene da uno a cinque ani per chiunque nel corso di una manifestazione distrugga, disperda o comunque danneggi beni mobili o immobili altri.

dal Manifesto dell’8 agosto 2019

* foto in copertina da Fanpage

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