Vernice rosso sangue contro la Regione Lombardia. Qualcuno ricorda a Fontana e soci le loro responsabilità
Il 20 giugno 2020 siamo scesə in piazza per ribadire con forza il nostro dissenso rispetto alla disastrosa e criminale gestione dell’emergenza sanitaria di Regione Lombardia.
Un anno dopo torniamo sotto quel palazzo perché la giunta non si è mai assunta le sue responsabilità e il sistema socio-sanitario lombardo, nella gestione dell’onda lunga dell’emergenza, si dimostra ancora inefficiente e discriminatorio.
In Lombardia il numero di morti da Covid-19 è stato enorme: agli oltre 33.700 ufficialmente registrati vanno aggiunti i decessi legati ad altre patologie e alla mancanza di accesso ai regolari servizi di cura.
Un anno dopo le famiglie sono ancora sole nella gestione delle fragilità, e i/le medicə e tutto il personale sanitario vivono ancora in uno stato di precarietà dopo i massacranti sacrifici legati alla gestione pandemica.
La salute in Lombardia e in tutto il nostro paese è diventata una macchina del profitto. La legge regionale 23 del 2015 è solo l’ultima tappa di un processo portato avanti fin dai primi anni duemila dalla politica leghista (Formigoni, Maroni, Fontana) che ha privatizzato la sanità, ospedalizzato il processo di cura, drenato risorse alla sanità pubblica.
Nel corso degli ultimi decenni il taglio delle spese di manutenzione e risanamento delle strutture socio-sanitarie territoriali ed ambulatoriali è stato costante, mentre parte della spesa pubblica viene destinata a strutture private convenzionate.
Avevamo in Lombardia una rete capillare di medicina territoriale e di prevenzione, distrutta a favore di una visione “ospedalocentrica” che di fatto ha scavato un solco rispetto alla possibilità di accedere alle cure in maniera pratica e agevole o di prevenire le malattie.
Il numero di medicə di base, pediatrə, infermierə, e più in generale il personale sanitario si è dimostrato nel corso dell’ultimo anno notevolmente sottodimensionato rispetto alle necessità di cura.
Pensate che siamo ancora dispostə ad attendere pazientemente una risposta a tutte queste ingiustizie? No, non vogliamo e non possiamo più aspettare!
In queste settimane la giunta regionale sta preparando una nuova riforma sanitaria che espande ancora di più il ruolo dei privati cercando di rendere la salute lombarda l’equivalente di un libero mercato sempre più deregolamentato e scoordinato, e destinando ancora più risorse pubbliche a gruppi che profittano sulla salute.
Invece di rispondere allo smantellamento della sanità sul territorio istituendo delle strutture come i Distretti, evoluzione delle ex ASL, capaci di coordinare il lavoro di prevenzione, cura, quello dei medici di base, degli psicologi, degli assistenti sociali e dell’assistenza domiciliare. La proposta di riforma della giunta regionale vuole lasciare il settore privato libero di “metterci una pezza” finanziando la realizzazione di strutture private di prossimità con risorse del Recovery Fund, rendendo più facile l’assegnazione di appalti “in blocco”, anziché struttura per struttura, ai grossi gruppi della sanità privata e lasciando al pubblico una mera funzione di controllo amministrativo, senza poteri di coordinamento e senza una vera e propria programmazione in funzione dei bisogni di salute dei cittadini.
La sanità privata non deve essere finanziata con i soldi pubblici! La salute non è una merce e dovrebbe essere affidata solo al pubblico, con una presenza sul territorio omogenea rispetto alla popolazione residente, capace di offrire benessere e prevenzione grazie alla cooperazione di tutte le figure professionali che curano vari aspetti della salute degli individui e della salute collettiva nei luoghi di lavoro e di vita, prevedendo anche forme di assistenza domiciliare e di partecipazione della cittadinanza alla pianificazione regionale e territoriale della sanità.
In questo anno e mezzo di crisi pandemica e sindemica le comunità si sono auto organizzate per sopperire alla mancanze regionali e municipali in relazione alla profonda crisi economico/sociale e sanitaria che stiamo vivendo.
Le brigate volontarie per l’emergenza, le varie brigate sanitarie e tutti i soggetti informali e non, ad oggi, proseguono un lavoro essenziale legato a virtuosi progetti di mutualismo nei territori. Dal basso stiamo provando a costruire i meccanismi di cura e supporto, partendo appunto dai bisogni che le nostre comunità esplicitano e a cui il sistema non dà una risposta.
Anche grazie a questa ripresa dei processi comunitari, siamo convintə che l’opposizione alla mercificazione del sistema sanitario debba necessariamente partire dal basso, con l’unico paradigma possibile: cura e sanità pubblica, comunità e mutualismo.
Siamo convintə che le comunità solidali e resistenti devono ricostruire una società della cura: una società ecologica, transfemminista e senza discriminazioni che possa prevenire pandemie e restituire dignità a noi tuttə.
Noi portiamo tutto il peso della perdita delle persone care, ma questo peso è anche il motore per agire un cambiamento reale, per evitare che non accada mai più. Le coscienze delle persone responsabili della gestione scellerata dell’emergenza ci sembrano invece fin troppo leggere. Questa indifferenza le rende disumane e così anche lo schifoso scaricabarile che si svolge sotto i nostri occhi.
Non siamo più dispostə ad accettare che regione Lombardia e i suoi governanti continuino la criminale gestione della sanità lombarda, non siamo più dispostə ad aspettare che le cose cambino, proviamo a dare una spinta dal basso!
Ci vediamo tuttə il 20 giugno sotto la Regione!
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