Crisi climatica e Ponte sullo Stretto – La situazione è grave, ma non seria
“Ponte sullo stretto, il governo accelera”, “Stavolta ci siamo davvero”, “Finalmente infrastrutture moderne per il Sud”. Nell’ultima settimana giornali e tv non fanno altro che rilanciare il nuovo tormentone della saga delle grandi opere, il Ponte sullo Stretto di Messina. Mentre gli incendi e le devastazioni che si stanno verificando in mezzo mondo spesso non vengono neppure menzionate.
Grande opera “moderna” dal sapore antico, il primo progetto risale addirittura al 1870. E’ stata riesumata dal governo Draghi, nella persona del ministro ai Trasporti Giovannini pochi giorni fa, come sbocco ideale per i fondi del Recovery Fund, un'”occasione irripetibile” per dotare il Sud di infrastrutture all’altezza.
Lo studio di fattibilità è ancora da completare, ma già si parla di almeno 7 miliardi di spese e decine di km di infrastrutture “accessorie” per il mastodontico ponte. Un danno ambientale enorme in una zona dal punto di vista naturalistico molto ricca e altrettanto fragile. Per non parlare dei rischi sismici, una costante tra Sicilia e Calabria. Il tutto avverrebbe tra due regioni strutturalmente arretrate dal punto di vista dei trasporti. Con i fondi usati per il ponte si potrebbero invece costruire centinaia di Km di ferrovie per collegare il Sud e linee di tram e filobus per togliere le auto dalle nostre metropoli.
La logica di queste grandi opere è sempre la stessa. Con la promessa di inquinare meno tra decine di anni (in questo caso il problema viene indicato nei traghetti che collegano Sicilia e Calabria) si inquina moltissimo adesso. Paradossalmente poi opere come questa si rivelerebbero vantaggiose dal punto di vista ambientale solo se sfruttate al massimo delle loro possibilità. In altre parole, inquinando il più possibile inquineremmo meno. Non è accettabile che la transizione ecologica si affronti con la stessa logica che ci ha portato fino a questo punto.
L’opera ha già ricevuto fortissime critiche di associazioni ambientaliste come Legambiente, Kyoto club e Wwf. Sotto accusa è anche il metodo con cui il governo ha portato avanti questa idea, chiedendo agli studi competenti di trovare la soluzione più “sostenibile” per il ponte ma indicandolo come unica possibilità, escludendo a priori di considerare altre idee per potenziare i trasporti al Sud, per il quale guadagnare qualche minuto per attraversare lo stretto di Messina è di gran lunga l’ultimo problemi.
Nell’ottica del governo però, questa fase ha già portato dei risultati. Col feticcio di un’opera che non verrà mai completata sono state occupate tutte le prime pagine dei giornali e le notizie dei tg, mettendo in secondo piano la crisi reale che stiamo affrontando, che è quella ecologica. Di mettere in campo una seria tutela del territorio, di uscire dai fossili e potenziare il trasporto sostenibile non se ne parla minimamente.
In questo quadro imbarazzante, spetta ai movimenti dal basso e alle associazioni riportare l’attenzione sulla crisi ambientale e sociale che stiamo vivendo pretendere giustizia climatica per tutte e tutti! Facciamo sentire fortissimo la nostra voce nei prossimi appuntamenti
-24 settembre per lo Sciopero Globale per il Clima
-1 ottobre per lo Student Strike for Future
-2 ottobre per la Global March for Climate Justice
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