VERSO FRANCOFORTE: RITORNO NEL CUORE DELLA BESTIA

imgresUn anno è passato dall’esperienza di Blockupy Frankfurt, quando i movimenti decisero di portare la propria voce nella capitale della finanza europea. Il segnale da dare era chiaro: affrontare la sfida lanciata dal sistema neoliberale sui propri territori risultava indubbiamente importante ma non sufficiente per rispondere ad una crisi che, con le sue dinamiche predatorie, avvolgeva l’intera Europa. Bisognava iniziare a parlare un nuovo linguaggio transnazionale, in grado di riconnettere le diverse lotte territoriali e di costruire una risposta adeguata a una crisi globale che ha nell’Europa il suo epicentro, in particolar modo nel contesto mediterraneo. Ciò che un anno fa ci spinse sotto i palazzi della Gotham City del vecchio continente è oggi più che attuale: la crisi è in continua espansione e la troika europea (coadiuvata “brillantemente” dai governi nazionali, siano essi tecnici o delle “larghe intese”) continua a promulgare diktat e ammonimenti con esiti sociali disastrosi. Tagli a una spesa pubblica sempre più ridotta all’osso, privatizzazioni selvagge, diritti smantellati a ciclo continuo sono solo alcune delle ricette imposte dalla governance continentale che ormai tristemente conosciamo, il tutto ben inquadrato all’interno di quel pareggio di bilancio così fortemente voluto dalla BCE e dai suoi fedeli sostenitori (in primis le grandi lobbies finanziarie).

Durante l’ultimo anno, molteplici sono stati i momenti di scambio e di proposta politica lanciati dai movimenti che animano le lotte di resistenza alla crisi e alla sua voracità. Basti pensare ad Agorà 99 a Madrid, all’appuntamento di Bruxelles, ma anche alle giornate di interazione diretta con tutto lo scenario del Nord Africa che parla la lingua dei diritti e della democrazia, un lessico che ci accomuna sempre di più di fronte a dinamiche che hanno fra loro una somiglianza lugubre e triste. Senza dimenticare ovviamente la data del 14 novembre 2012, quando un grande sciopero sociale ha riempito le piazze d’Europa con cortei che hanno violato le zone rosse imposte e portato la rabbia e il desiderio di cambiamento di milioni di persone sotto quei palazzi del potere che sono sempre meno in grado di rappresentare bisogni e necessità reali.

Fra pochi giorni torneremo nuovamente nel “cuore della bestia”, in quella Francoforte che un anno fa ci ospitò agli inizi di questo percorso di dialogo e di relazioni internazionali. Molte sono le aspettative e i desideri su ciò che ci aspetta. Attraverso le iniziative, i dibattiti e le azioni che ci saranno, vogliamo e dobbiamo riportare l’attenzione sui luoghi in cui vengono impartite le direttive che poi i nostri governi codificano in leggi. La sfida è irrinunciabile quanto ambiziosa: i movimenti, anche attraverso queste giornate , dovranno essere in grado di dimostrare che il processo apertosi un anno fa è in costante evoluzione, che il dialogo intessuto continua a produrre quelle sinergie che oggi sono sempre più insostituibili per dare una vera risposta alla crisi, rimettendo al centro la questione dei diritti, del reddito, di un nuovo welfare universale e quindi della democrazia, quella vera, quella con la “d” maiuscola.

Francoforte come primo momento di bilancio, ma anche come trampolino verso l’autunno che ci aspetta, in cui le resistenze agli attacchi del capitalismo finanziario e dei suoi “bravi” dovranno trovare nei movimenti il loro miglior propulsore, articolando una risposta che dai singoli territori riesca poi ad abbracciare l’intero continente, promuovendo l’edificazione di una nuova Europa, un’ Europa dei movimenti creata a dimensione umana e non in funzione delle logiche economiche favorevoli ad agenzie di rating, istituti di credito e speculatori di tutte le risme.

Venerdì 31 maggio e sabato 1 giugno saremo quindi in tanti nelle strade e nelle piazze di Francoforte, consci che il percorso davanti a noi rimane tortuoso e irto di ostacoli, ma che la strada intrapresa è quella che ci può portare a disegnare un futuro diverso da quello drammatico che ci vorrebbero imporre.

 

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