The Deuce – There’s no happy ending
“C’era una volta a New York”.
O forse addirittura: “C’era una volta New York”.
Ci piace iniziare questa recensione citando Sergio Leone.
A nostro parere, infatti, ci sono grandi somiglianze tra il capolavoro del 1984 a firma del maestro del cinema che ci racconta l’epopea di un gruppo di criminali e amici (ma forse sarebbe meglio dire amici e criminali) nell’America della prima metà del Novecento e la serie in tre stagioni creata da David Simon e George Pelecanos.
Ancora una volta, come già in occasione di altre serie come “Vynil” e “The Get Down”, la narrazione degli eventi inizia nella New York degli anni Settanta. Una metropoli in piena crisi, sull’orlo della bancarotta, ma pulsante di vita, dove tutto può ancora succedere. E nella Grande Mela di quel decennio, in effetti, succede proprio di tutto: dai moti di Stonewall del giugno ’69, vera pietra miliare del movimento omosessuale, al grande black-out dell’estate ’77 con relativi saccheggi; dal Bronx in fiamme con decine di incendi ogni notte, alla celebre “summer of Sam”, serial killer che terrorizzò la città tra il ’76 e il ’77; dalla nascita dell’hip hop a quella della disco-music, dal fiorire di incredibili e sfarzose discoteche come lo Studio 54 giù fino ai locali punk più d’avanguardia come il CBGB.
Mentre le Twin Towers, ancora in costruzione, lentamente crescono modificando lo skyline della metropoli, la nostra serie è ambientata sulla “Deuce”. Questo il nomignolo della 42esima strada che taglia in due Manhattan a pochissimi metri dalla centralissima Times Square. Non si tratta però della scintillante via dei nostri giorni, ma di una via assai malfamata dove si muove un’umanità dolente ma vivissima, fatta di reduci dal Vietnam, sbirri più o meno corrotti, prostitute ognuna con una storia da raccontare e mafiosi con una loro propria visione del futuro.
La serie ha il coraggio di esplorare una vicenda ancora molto poco narrata dal cinema mainstream, e cioè lo sviluppo dell’industria pornografica negli Stati Uniti degli anni Settanta e Ottanta. Ma in fondo, il “romanzo del porno” narrato dalle tre stagioni non è altro che una scusa per mettere in pellicola una vera e propria dichiarazione d’amore per la Grande Mela che fu.
I protagonisti assoluti della serie sono Vincent Martino, un barista e in seguito proprietario di diversi locali notturni che lavora per Cosa Nostra ed Eileen “Candy” Merrell, una prostituta fuori dagli schemi che ha sempre “fatto da sé” rifiutando categoricamente di vendersi a un pappone. Eileen/Candy sarà il personaggio più complesso e ben tratteggiato lungo tutto il corso della serie. Con la sua brillante intelligenza e la voglia di provocazione, comprenderà le enormi possibilità che si sarebbero aperte nell’industria pornografica diventando una regista di grido.
Va detto però che “The Deuce” è un’opera corale, quindi attorno ai due personaggi principali ruotano moltissime figure interessanti, ognuna con la sua storia. Il punto forte della serie è proprio il suo riuscire a caratterizzare anche i personaggi di contorno con una narrazione reticolare sempre convincente.
C’è quindi Frankie Martino, il fratello gemello scapestrato di Vincent. Un giocatore d’azzardo accanito che riesce a mettersi in salvo nelle situazioni più complicate con il suo sorriso smagliante e il suo “coefficiente di simpatia”.
Altro ruolo primario è quello di Abby Parker, studentessa del college idealista e femminista, che mollerà la propria famiglia danarosa per immergersi in profondità nel mondo della Deuce, diventare la compagna di Vincent per più di un decennio e gestire un bar tutto suo da lui affidatole.
Troviamo poi Bobby Dwyer, caposquadra di un’azienda edile, rappresentate sindacale e cognato di Vincent e Frankie, che finirà a fare il tenutario di un bordello senza però riuscire a dismettere del tutto il suo ruolo di difensore dei diritti dei lavoratori/ lavoratrici.
Ancora, Rudy Pipilo, mafioso della famiglia Gambino che offre a Vincent un’opportunità, trattandolo sempre in modo corretto e con riguardo, perché colpito dalla sua lealtà. Un mafioso particolare, che rifiuta di entrare nel mercato della droga.
Tra le ragazze della Deuce spicca Lori (di cui non consoceremo mai il vero nome), ragazza di campagna giunta nella Grande Mela che inizierà come prostituta fino a diventare una vera e propria pornostar, rimanendo però tragicamente intrappolata nel suo ruolo. E dall’altra parte c’è Dorothy “Ashley” Spina, dall’intelligenza brillante, che riuscirà a emanciparsi dal controllo del suo pappone diventando attivista femminista.
Tra i pionieri del porno troviamo il regista Harvey Wasserman, grande esperto di cinema a tutto tondo e uomo di grande cultura, che prenderà Eileen sotto la sua ala protettrice.
C’è Chris Alston, ottimo agente dell’allora corrottissimo e famigerato New York Police Department, che riuscirà a fare carriera dovendo accettare molti compromessi. Tipico esemplare di poliziotto conscio che la Polizia non garantisce l’ordine, ma regola il disordine.
Attorno a queste figure, ce ne sono tante altre, tra cui i magnaccia, tutti molto diversi tra loro, eppure accomunati da un “ruolo” da recitare giorno per giorno. Anche di questi ultimi intravediamo l’umanità, senza però arrivare a empatizzare eccessivamente.
Il filo conduttore del racconto è, come dicevamo, l’evoluzione dell’industria della pornografia da settore di nicchia a settore di massa. Il passaggio epocale avviene quando in molti iniziano a rendersi conto di come il porno potesse rappresentare una gallina dalle uova d’oro, capace di generare profitti a volontà. Si passa quindi, attraverso un progressivo processo di legalizzazione, dalla prostituzione di strada ai bordelli e dai film clandestini ai peep show, alle cosiddette cabine dove h24, pagando, vengono proiettati filmati spinti. Per poi arrivare alla vera e propria esplosione di metà anni Settanta, dove le attrici del porno che diventano vere star sono spesso e volentieri prostitute o ex-prostitute, spesso ragazze provenienti dalla sonnolenta provincia americana e sbarcate a New York in cerca di fortuna. Negli anni Ottanta, l’industria pornografica è ormai un colosso affermato con il diffondersi delle cassette vhs e poi dei “porno amatoriali” realizzati da “non addetti ai lavori”. Il tutto viene affrontato senza particolari moralismi né voyeurismi.
Parallelamente allo sviluppo del porno, attraverso le vicende dei singoli personaggi, ci vengono narrate altre vicende epocali come il diffondersi dell’eroina e della cocaina, la gentrificazione anche all’epoca rafforzata della retorica della guerra contro il degrado, ma nella serie raccontata per quello che è veramente: il trasformare interi quartieri in luoghi per ricchi, allontanando i poveri. Infine, il dilagare dell’AIDS negli anni Ottanta che causò una ecatombe, prima nella comunità omossessuale e in quella delle prostitute, poi ovunque.
Come capita spesso nelle serie (come del resto nell’italianissimo “Romanzo Criminale”) gli anni Settanta sono raccontati, seppur nella loro miseria, come una sorta di epopea. Gli anni Ottanta, al contrario, sono dipinti da un lato squallidi e dall’altro soffocanti.
“The Deuce” è una serie coraggiosa da molti punti di vista. Uno di questi è che capita molto raramente che tantissimi protagonisti fondamentali delle vicende muoiano uno dietro l’altro. Ma gli sceneggiatori non fanno sconti. Oltre che una dichiarazione d’amore per New York, la serie diventa allora una riflessione sull’invecchiare e sul morire.
Struggente e commovente il finale. Vera e propria “Antologia di Spoon River” in immagini.
Da vedere.
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