Ultima edizione – Quando Milano era veramente violenta
“…oggi non succede niente”.
Con questa citazione, che alla fine vi sarà più chiara, si apre la recensione di “Ultima edizione – Storie nere dagli archivi de La Notte” recentemente pubblicato da Milieu.
Si tratta di un libro fotografico curato da Salvatore Garzillo, Alan Maglio e Luca Matarazzo che contiene decine e decine di scatti di cronaca nera tratti dagli archivi del celebre quotidiano milanese La Notte.
La Notte viene fondato nel 1952 dall’industriale bergamasco Carlo Pesenti, proprietario della Italcementi e non propriamente di vedute progressiste. Lo scopo è quello di creare un giornale popolare in vista delle infuocate elezioni politiche del ’53, quelle passate alla storia per la “Legge truffa” e che vedranno la prima sconfitta democristiana. Il blocco di potere conservatore non riuscirà infatti a raggiungere il 50% dei voti necessario a far scattare il premio di maggioranza e perderà anzi molti voti rispetto alle elezioni del ’48.
La gestione del giornale fu affidata al giornalista sportivo Nino Nutrizio, sopravvissuto all’affondamento dell’incrociatore Pola durante la battaglia di Capo Matapan durante la Seconda Guerra Mondiale e a 5 anni di campo di prigionia in India in mano agli inglesi.
Pochi avevano fiducia nelle capacità di Nutrizio, che invece inventò un nuovo modo di fare giornalismo (probabilmente ispirandosi alla stampa popolare britannica) con titoli urlati, provocatori e sensazionalistici e moltissimo spazio riservato alla cronaca nera (e su questo ultimo punto torneremo).
Va ricordato che La Notte era un giornale del pomeriggio, una cosa impensabile ai giorni d’oggi, capace di una tiratura, a metà anni ’60, di 250.000 copie.
Chi scrive deve ammettere di essere partito da un preconcetto. Nella sua famiglia, chi leggeva La Notte non godeva di grande stima (per usare un eufemismo). Ancora ricorda, in pieni anni ’80, sua madre storcere il naso sulla metropolitana di fronte a un attempato signore intento nella lettura del quotidiano.
E invece, ancora una volta, l’idea di Milieu si rivela azzeccata. Come brillante era stata quella di dedicare una monografia a “Milano odia, la Polizia non può sparare” forse non il migliore “poliziottesco” degli anni ’70, ma probabilmente il più iconico.
Il primo e principale elemento che colpisce nello sfogliare il libro è la forza delle fotografie senza didascalie (che, non a caso, si trovano alla fine del libro). Foto dove l’immagine vince su tutto, senza bisogno di alcun commento. Emerge poi il carattere quasi lombrosiano degli scatti, dove ogni soggetto sembra inserirsi perfettamente nel suo ruolo: i delinquenti hanno facce da delinquenti e gli sbirri…facce da sbirri. Altra caratteristica è il senso di miseria che permea la maggior parte delle istantanee, non solo quelle scattate negli anni ’50.
Una pagina dopo l’altra, emergono i tanti casi di nera di cui si è persa memoria e di cui, anche in rete, è difficile trovare traccia (sarebbe stato bello trovare dei piccoli box dedicati a ogni vicenda criminale che riassumessero il come, dove, quando). Accanto a questi, vicende più note legate per lo più agli anni della lotta armata, come la strage di via Schievano del gennaio 1980 a opera della colonna Walter Alasia delle BR, i due poliziotti uccisi dai NAR in via Vallazze nell’81, gli omicidi Campagna, Vaccher, Lucarelli e Marangoni. A questi episodi si aggiunge la terribile strage del Moncucco del novembre ’79, quando 8 persone furono massacrate al ristorante “La strega” nel quadro della vera e propria guerra tra bande che insanguinava la Milano di quel periodo.
Alla fine del libro è inserita una serie di godibilissime conversazioni. Tra queste, quella di Alan Maglio con uno dei membri della “Banda di via Osoppo”, autrice, nel 1958, di una rapina entrata nella storia della malavita milanese. Oppure, quella di Luca Matarazzo con Bruno Benedusi, fotografo del quotidiano di Nutrizio dalla quale emerge quanto pelo sullo stomaco e spericolatezza dovessero avere i cronisti di nera, capaci quasi di tutto per ottenere uno scoop e una foto voyeuristica.
La più interessante dal punto di vista politico è però quella di Salvatore Garzillo a un’ex-esponente del Nucleo Informativo (voluto dal Generale Dalla Chiesa) dell’Arma dei Carabinieri di Milano, che ci racconta come, dal punto di vista criminale, gli anni più duri siano stati quelli tra il 1975 e il 1980 e come il livello di violenza nella metropoli lombarda fosse allora altissimo, stretta com’era tra delinquenza politica (come la definivano in gergo gli “addetti ai lavori”), bande criminali come quelle di Vallanzasca, Turatello ed Epaminonda (giusto per citare i nomi più noti), la conquista del potere da parte prima dei clan mafiosi e poi delle famiglie calabresi, la moda dei sequestri di persona e il dilagare dell’eroina.
Milano, non va mai dimenticato, era ai primi posti insieme a Palermo e Napoli per numero di morti ammazzati.
E qui, torniamo alla citazione iniziale che, altro non è che la risposta a una domanda ben posta e che vogliamo riportare quasi integralmente:
D. Negli ultimi anni, anche per propaganda politica, la città è descritta come un posto infernale e pericolosissimo. Invece, a sentire i racconti di chi c’era e leggendo le storie passate, oggi sembra un paradiso.
R. Me l’ha tolto di bocca; oggi non succede niente (…).
Ed è proprio questo il cuore della questione.
Non esiste nessun passato mitologico in cui Milano era una città tranquilla, anzi…piuttosto il contrario.
Milano era una città estremamente violenta e negli ultimi anni è diventata estremamente sicura.
La narrazione che la racconta oggi in mano a una criminalità feroce è pura mitomania figlia di esigenze politiche, ma del resto è stato proprio un giornale conservatore come La Notte con il peso abnorme dedicato alla cronaca nera a fondare quello che è il leit-motiv dei nostri giorni: creare/far vincere un senso di insicurezza e paura. In fondo, i vari programmi trash dei vari Giordano, Del Debbio e compagnia cantante che spopolano su Mediaset sono i nipotini del giornale di Nutrizio.
Imperdibile per chi ama la storia di Milano.
* foto in copertina copyright @ Università degli Studi di Milano – Centro Apice
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bell’articolo, solo su un punto non mi trovo d’accordo,quando si paragona la Milano di allora, anni 70-80 che tra l’altro ho vissuto, con quella attuale e del passato recente, essendo questo articolo datato 2019, quindi sono passati 5 anni e ora siamo nel 2024,manca secondo me la contestualizzazione del periodo storico,benche siano stati anni duri e difficili per tutti, la gente comunque usciva di casa, andava al bar o a mangiare la pizza in famiglia in pizzeria, i locali erano aperti fino ad ora tarda e quindi al netto di queste mie valutazioni nn riesco ad affermare che come livello i sicurezza sociale allora fosse peggio di adesso, semmai a mio modesto parere è l’esatto contrario, la gente ha paura ad uscire la sera, di prendere i mezzi pubblici per spostarsi, soprattutto le donne,è un paragone tra due Milano completamente diverse, la prima purtroppo nn esiste piu, quella di 20 anni ha questa parte è irriconoscibile per le brutture esistenti