Amiche e amici ecologisti questo non sarà il Governo del cambiamento climatico

Dalla Val Susa al Quirinale, passando per il Papeete. Potremmo riassumere così la crisi del cosiddetto governo giallo-verde, esauritasi proprio in questi giorni con la nascita del Conte bis sostenuto dalla finora inedita alleanza tra PD, LeU e il Movimento 5 Stelle.

Il 23 luglio si consuma la prima spaccatura, con la presa di posizione di Conte sul sì al Tav e il teatrino imbastito da Di Maio che ha rivendicato il suo No al Tav portando una mozione al Senato con l’obiettivo di mascherare la totale irrilevanza del Movimento 5 Stelle sulle questioni ambientali all’interno del Governo.

Cronologicamente in effetti, la rottura avviene dopo il voto sul Tav, anche se le tensioni tra i due alleati non hanno fatto che aumentare dal post-elezioni europee con i disaccordi sull’autonomia differenziata (vera grande sconfitta della Lega in più di un anno di governo) e sulle responsabilità di chi si sarebbe dovuto assumere l’onere della finanziaria d’autunno. Anche se il terreno di scontro tra 5 Stelle e Lega era molto ampio, è simbolicamente significativo che la spaccatura sia avvenuta su una delle più longeve battaglie ambientaliste della storia del nostro Paese, visto che è dal 1990 che attivisti, tecnici e professori denunciano quanto sia folle, sia dal punto di vista economico che ambientale, l’idea dell’alta velocità Torino-Lione. Il cedimento sul Tav è stato solo l’ultimo dei tradimenti del M5S nei confronti dei movimenti ecologisti, nei quali i pentastellati hanno voluto fin da subito identificarsi – non si sa a questo punto quanto per motivi meramente strumentali – ottenendo consensi in quanto partito di rottura e voce istituzionale degli ecologisti. Ricordiamo infatti gli altri importanti cedimenti sull’Ilva e sul Tap, costati al Movimento 5 stelle un crollo di supporto nel Sud del Paese. Da Melendugno alla Val di Susa, da Venezia fino a Taranto, in nessuno dei territori in cui il movimento ambientalista è radicato sentiremo più parlare di Movimento 5 Stelle.

Non ci dilungheremo in questa sede sull’autogol agostano di Matteo Salvini. Del suo momentaneo declino non possiamo che gioire. È importante che la sua figura sia sparita del dibattito politico, disinnescando la prospettiva di una polarizzazione del Paese in salviniani e anti-salviniani, che già tanti danni ha prodotto in epoca berlusconiana. Non era infatti difficile prevedere la creazione di un grosso fronte di “sinistra” unito soltanto dall’opposizione al “mostro” para-fascista, all’interno del quale ogni differenza di prospettiva politica, per quanto netta, si sarebbe irrimediabilmente persa. Da ecologisti a tutto tondo, ci auguriamo che questo sia un bene sopratutto per la qualità del dibattito politico. Per affrontare le grandi sfide della giustizia climatica è essenziale portare l’attenzione su temi di reale importanza per tutti e non sull’antagonismo all’aspirante leader autoritario del momento.

Il fatto che le questioni ambientali sottintendano gran parte delle dinamiche di governo è confermato dal nuovo esecutivo che si sta formando. Non è un  caso che espressioni come “green new deal”, economia circolare e transizione ecologica si trovino al centro dell’ancora genericissima agenda di governo che si sta formando. Ciò che appare paradossale è che il rilancio di questi temi avvenga da parte di forze che, anche se a volte si sono dette attente all’ambiente, hanno sempre operato in modo opposto. D’altra parte, il Partito Democratico al di là degli slogan non ha mai mostrato una vocazione ecologista. Anzi, gran parte dei suddetti movimenti che hanno dato forza al M5S si sono formati proprio a partire dall’opposizione alle politiche del PD in materia di energia, ambiente e consumo di suolo. Appare evidente come il PD sia sempre stato il partito di riferimento a sinistra di cooperative di costruttori e grandi industriali responsabili di inquinamento e sfruttamento del territorio.

Non solo, il movimento ecologista globale si batte per la giustizia climatica per tutti e tutte. I migranti sono oggi le prime vittime dei cambiamenti climatici: la maggioranza di coloro che raggiungono l’Italia provengono da Paesi compresi nella fascia di desertificazione. Il Partito Democratico non è mai stato in grado di attuare politiche a lungo termine sulla questione migratoria che andassero oltre la campagna elettorale, senza differenziarsi mai nella sostanza dalla destra sovranista. Li abbiamo sentiti dire “Restiamo umani” e contemporaneamente lavorare alla creazione dei campi di concentramento in Libia per impedire a uomini e donne di attraversare il Mediterraneo.

Ma soprattutto, il PD non sarà mai un partito ecologista perché non in grado di abbandonare quell’idea di sviluppo capitalista basato sulla crescita dei consumi che è la causa stessa della crisi climatica e ambientale che stiamo vivendo.

Care amiche e amici ecologisti, dobbiamo quindi essere franchi con noi stessi e prendere atto del contesto politico che ci circonda: questo non sarà il Governo del cambiamento climatico. Se qualche politico in Italia sta iniziando a inserire le parole “verde” e “sostenibilità” nei suoi discorsi e programmi è solo per un goffo tentativo di cavalcare quella che per alcuni potrebbe sembrare una moda del momento. Se in Nord Europa e in alcune parti del mondo occidentale qualcuno ha visto nel movimento per il clima l’antidoto elettorale al sovranismo e la chiave per la costituzione di una nuova “sinistra”, possiamo dire con tranquillità che in Italia non c’è nessuno che rappresenti il movimento ecologista. Nessuna forza politica istituzionale in questi anni ha messo in atto reali misure per contrastare il cambiamento climatico. Nessuno ha messo in discussione gli oltre 18 miliardi annui di sussidi pubblici alle fonti fossili, nessuno ha mai presentato un reale piano di dismissione delle centrali termoelettriche né di transizione energetica. E sono già passati 4 anni dall’accordo di Parigi. Per ora non possiamo fidarci di nessuno.

Il movimento per la giustizia climatica in Italia non sarà l’anticamera elettorale per nessun partito e crediamo che questo nuovo governo PD-5Stelle sia un passaggio decisivo e un ulteriore elemento di chiarezza.

Spetta quindi a noi ecologiste ed ecologisti, attiviste ed attivisti di collettivi, di associazioni e comitati territoriali il compito di fare fronte alla tremenda crisi climatica e ambientale che stiamo vivendo. Gli incendi in Alaska, Siberia, Sud America e Africa centrale e gli enormi uragani che stanno devastando l’America centrale sono l’ultimo grido del nostro pianeta prima della grande tempesta. Devono essere per noi monito che il tempo è agli sgoccioli e che la nostra azione deve essere ancora più determinata.

Purtroppo o per fortuna non possiamo riporre fiducia nelle stesse istituzioni e nella stessa politica che ha portato il nostro mondo sull’orlo del collasso. Questo non deve renderci tristi ma essere uno stimolo per farci forza l’un l’altro.

Cari amici ecologisti, come ci ricorda il Movimento No Tav, non ci sono e non ci saranno Governi amici.

Diamoci tutti appuntamento:

il 7 settembre, a Venezia, per la Climate March alla mostra del cinema

il 27 settembre, in tutto il Mondo, per il 3° Sciopero globale per il clima

dal 2 al 5 ottobre, a Napoli, per la seconda assemblea nazionale di Fridays For Future Italia

il 12 ottobre, a Milano, per fermare l’abominevole apertura del CPR di via Corelli

 

La redazione di MilanoInMovimento, Milano, 6 settembre 2019

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