Bandi/ti a Milano – L’autogestione non è regolamentabile

Il Comune di Milano ha annunciato una serie di bandi per assegnare in vari modi spazi inutilizzati alla cittadinanza. Noi, per ora, in questa fase in cui ancora tutto è assai nebuloso, impreciso e si susseguono dichiarazioni formali assai contraddittorie tra loro e al momento prive di riscontri, abbiamo alcuni pensieri al riguardo.

 

Se questi bandi metteranno a disposizione veramente una grande quantità di spazi diversi per tipologia, ubicazione, struttura, dimensione e non solo pochi ammirevoli specchietti per le allodole insieme a tanti “avanzi” inutilizzabili, scomodi, fatiscenti;

 

Se questi bandi permetteranno realmente l’accesso agli spazi a tutti quei soggetti che non sono Compagnia delle Opere, LegaCoop, pseudo-associazioni mascherate che nascondono gruppi di partito, amici degli amici, se cioè non sarà, ancora una volta, la spartizione concertata dei soliti noti a discapito di chi realmente ha idee e bisogni reali;

 

Se questi bandi non saranno agitati in modo propagandistico, come già sta avvenendo, quali alternativa, risposta o peggio ancora strada obbligata per le realtà occupate e autogestite della città, come già in passato fecero precedenti amministrazioni (vedi Scalpelli e l’ancor oggi incompiuta Fabbrica del Vapore, esempio di promesse strumentali mai realmente attivate);

 

Se questi bandi non saranno infarciti di norme, vincoli, regolamenti, leggi, usi e costumi tutti tesi ad imbrigliare la creatività, la spontaneità, l’autorganizzazione libera dei soggetti;

 

Se questi bandi sapranno valorizzare realmente chi produce idee, progetti, cultura, socialità indipendentemente dalle risorse economiche a disposizione e non solamente quei professionisti dell’intrattenimento mercificato che, forti dei loro bilanci grassi e pasciuti, possono permettersi ristrutturazioni mirabolanti, consulenze di grido, accattivanti marchette;

 

Se questi bandi non diverranno lo strumento con cui assessori, consiglieri comunali e tutto il sottobosco nei dintorni promuove la propria visibilità, il proprio bacino di voti, il proprio indotto di relazioni mercantili e mercanteggianti;

 

Se questi bandi sapranno valorizzare e cogliere l’infinito bagaglio di saperi e competenze che nel mondo ampio e variegato dell’informale, dello spontaneo (spesso anche dell’illegale) s’è saputo costruire in questi anni, senza confondere la capacità di cogliere con la fame di sussumere, cooptare, comprare, svilire, snaturare e se quindi saranno costruiti avendo il coraggio di rivolgere al di fuori delle mura dell’amministrazione la domanda “come dobbiamo farli?” coinvolgendo in forma attiva e non solo formale tutta la cittadinanza;

 

Se questi bandi sapranno dire chiaramente e senza ambiguità che non ci sono spazi, ne ora ne mai, per gruppi di qualsivoglia tipo che siano ispirati a valori razzisti, fascisti, omofobi, sessisti e xenofobi;

…se tutto ciò che abbiamo detto realmente avvenisse noi, interni alla storia e al presente degli spazi sociali di questa città e fieri di esserlo, in quanto consapevoli dell’opportunità che anche altro diverso da noi possa esistere e vivere usufruendo di opportunità significative, non potremmo che rallegrarci per tutti quei comitati, associazioni, cooperative e quant’altro che potrebbero in questo caso trarre giovamento da questi bandi.

Lavoriamo costantemente sui territori dentro e con questo tipo di soggetti e sappiamo bene come potrebbe essere importante per questo tipo di situazioni una vera e reale occasione che, partendo dalle considerazioni appena fatte, metta a loro disposizione spazi utili nei quartieri e in tutta la città.

Ma, se anche tutto ciò che abbiamo detto realmente avvenisse (e scusateci se i recenti trent’anni di storia di questa città, compreso sostanzialmente l’ultimo, ci fanno come minimo avere qualche dubbio) rimarrebbero comunque alcuni “problemi”.

Innanzi tutto questi bandi, così come sono per ora annunciati e probabilmente in ogni caso, lasciano completamente fuori da ogni considerazione di senso e opportunità una storia almeno trentennale di autogestione e autorganizzazione.

I centri sociali e le diverse realtà dell’autogestione, dai più antichi alle più recenti esperienze, rappresentano un patrimonio di vissuti, progetti, lavoro sociale, relazioni territoriali che nella delibera sino ad ora prodotta dall’amministrazione scompaiono completamente. Gli spazi autogestiti non sono sorti in territori a caso e in spazi qualunque, le attività e le relazioni attivate non sono semplici numeri spostabili da una colonnina all’altra del “bilancio sociale” come se niente fosse.

Il sospetto più che legittimo che sorge quindi, è che questi bandi si preannunciano per ora come la strada vincolante e unica che tutti devono seguire, della serie “per chi ci vuole stare questa è la strada, per gli altri…” e a noi non sono mai piaciuti i diktat e l’imposizione di scelte obbligate.

Per noi autonomia, indipendenza, autogestione, autorganizzazione non sono parole vuote da convegno sociologico accademico, che getta lo sguardo curioso e rapace sui fenomeni sociali, e nemmeno slogan con cui gareggiare al campionato militonto del celodurismo per qualche stagione in cui provare il brivido trasgressivo della ribellione post o tardo adolescenziale; per noi rivendicare questi valori fondativi, queste connotazioni irrinunciabili significa avere ben chiaro cosa siamo e cosa non siamo disposti a rinunciare ad essere.

Uno spazio sociale autogestito e autorganizzato non potrà mai essere regolamentato!

Se vogliamo parlare invece di come far uscire gli spazi autonomi e indipendenti dallo stato di precarietà che versa su di loro attraverso gli sgomberi e i diversi attacchi a cui sono sottoposti il dibattito è tutt’altro da questo e non può che partire dalla valorizzazione dei processi di lotta e conflittualità sociale nei territori, non certo per fermarsi ad essi ma per svilupparsi da questi in avanti.

Per tutti questi motivi abbiamo aperto pochi giorni prima dello sgombero del Lambretta una riflessione larga e aperta su questi contenuti, innanzi tutto con tutti quei soggetti (che sappiamo essere tanti) che come noi guardano a questi temi con un solido intreccio tra mancanza di preclusioni ideologiche aprioristiche e fermezza di valori, storia, connotazioni fondamentali.

 

Lambretta

Zam – Zona Autonoma Milano

Ambrosia

Rete Studenti Milano

Casc – Coordinamento Autonomo Studenti e Collettivi

Labout – Laboratorio in Movimento

Milano in Movimento

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3 risposte a “Bandi/ti a Milano – L’autogestione non è regolamentabile”

  1. […] nello stagno e il lancio ha generato presto tanti cerchi concentrici. Altri hanno preso posizione, chi scrivendo un contributo, chi portando un cartello o uno slogan nei cortei che hanno animato questa intensa […]

  2. […] autorganizzazione sono valori fondativi irrinunciabili», ci dice Jacopo dell’Acciaieria ZAM (QUI si spiega meglio la posizione di ZAM sui […]

  3. […] non sarebbero stati uno strumento adeguato ed accessibile per il mondo dell’autogestione (“Banditi a Milano: l’autogestione non è regolamentabile“, 2012). E per le Associazioni? Oggi proviamo a chiederci quali frutti abbia raccolto […]

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