Così la Lombardia spinge verso i tamponi privati

Sconfitta la malattia migliaia di persone si stanno ritrovando prigioniere della disorganizzazione delle istituzioni. A Milano sta diventando sempre più raro fare il tampone di guarigione con il servizio pubblico gestito da Ats, nonostante il secondo tampone sia fondamentale per uscire dall’isolamento domiciliare e tornare alla vita pre-quarantena. In questi giorni si vede platealmente come la giunta lombarda non sia stata capace di dimensionare il servizio sui numeri di questa seconda ondata e Milano sta pagando il prezzo più alto: il sistema è in tilt. Questo sta spingendo migliaia di persone verso i laboratori privati, alimentando il business privato sui positivi.

Da almeno sette giorni il sistema di prenotazione del tampone di guarigione tramite il sito internet dell’Ats, Milano-Cor, è bloccato e la risposta automatica dell’Ats a chi chiede spiegazioni via mail è laconica: «Se ci contatta per segnalarci che non riesce a registrarsi su Milano-Cor la informiamo che il servizio di registrazione è temporaneamente sospeso ma stiamo lavorando per ripristinarlo nel più breve tempo possibile». Dall’ufficio stampa di Ats Milano spiegano che «il portale è fermo per manutenzione, per migliorare il servizio» e al momento non sanno quando verrà riattivato. «Ats sta facendo il massimo per fare il prima possibile – spiegano – ma non è l’unico mezzo per fare il tampone di guarigione, il percorso classico se sei positivo è aspettare la telefonata di Ats che farà la prenotazione. Se Ats non chiama valgono le indicazione del Ministero della Salute». È proprio questa la situazione in cui si stanno ritrovando migliaia di milanesi: nessuna chiamata da Ats e inaccessibilità del portale online.

Le difficoltà di Ats Milano, che paga la folle disorganizzazione della regione guidata dal leghista Attilio Fontana, si erano viste già da metà ottobre quando il direttore sanitario Vittorio Demicheli aveva detto che il sistema di tracciamento era saltato. Ora si aggiunge questo nuovo tassello. L’alternativa sarebbe fare il tampone in accettazione diretta tramite richiesta del medico di base senza prenotazione Ats. In alcune strutture pubbliche lo facevano, ora sempre meno. Da lunedì mattina ad esempio non lo fa più il Policlinico di Milano che riserva i tamponi senza prenotazione Ats solo a operatori scolastici e studenti. I medici di base alzano le spalle sconsolati: «Non possiamo fare nulla, i tamponi di guarigione noi non possiamo prenotarli».

Migliaia di milanesi sono bloccati da chi dovrebbe prendersi cura della loro salute. «Io sono positivo dal 26 ottobre», racconta Davide «il secondo tampone l’ho fatto in accettazione diretta al Policlinico il 10 novembre perché Ats non mi aveva mai contattato, ed è risultato positivo». Ora Davide è in attesa del terzo tampone. «Il mio medico mi ha già detto che lui la responsabilità di dichiarami negativo dopo il periodo di 21 giorni non se la prenderà». Registrarsi al sito dell’Ats per prenotare il tampone? «Impossibile, non ho le credenziali. Dovrebbero arrivare via sms ma non sono mai arrivate». Davide ha scritto allo staff dell’assessore regionale Gallera, «mi hanno risposto che senza sintomi dopo 21 giorni dal primo tampone positivo posso tornare alla vita normale, ma al lavoro vogliono il certificato di negatività. Così spingono le persone verso i privati, ma molti centri non fanno secondi tamponi ai Covid positivi».

Racconta Erica: «Sono Covid positiva dal 24 ottobre, 2 tamponi privati, ora sono in attesa della fantomatica chiamata dell’Ats per avere un tampone gratuito del servizio pubblico. Intanto sono isolata e intrappolata dalla burocrazia, mai contattata da Ats». Anche Erica ha provato la via dell’accettazione diretta: «Ho insistito per farmi fare la ricetta dal medico di base, sono andata all’ospedale e mi hanno rimandata indietro perché non accettano più quelle ricette ma solo le prenotazioni fatte tramite Ats. Con oggi sono al 25esimo giorno dalla comparsa dei sintomi». Come nel gioco dell’oca si torna alla casella d’inizio.

Valentina è in attesa del secondo tampone della figlia che è risultata positiva al primo tampone il 2 novembre «ma non siamo mai stati contattati da Ats». Nel frattempo anche lei è risultata positiva e il medico di base le ha detto che probabilmente dovrà fare 21 giorni di quarantena perché il tampone di controllo non riuscirà a farlo. È una situazione problematica per tutti, per «i bambini che non tornano a scuola e saltano tre settimane di lezione, per i genitori che devono stare a casa con loro con retribuzioni ridotte, per i dipendenti che hanno i datori di lavoro che richiedono il certificato di negatività, per i liberi professionisti che sono bloccati in casa» dice Valentina. Così per chi si è curato a casa l’uscita dal Covid si sta trasformando in un limbo che produrrà altro stress, altri problemi, altre tensioni.

di Roberto Maggioni

da il Manifesto del 17 novembre 2020

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