Emergenza Covid in Lombardia – Tra trasferimenti coatti e assunzioni precarie

Lombardia: «Trasferimenti forzati all’ospedale Fiera spacciati per volontari».

Intervista a Cristina Mascheroni, presidente dell’Associazione Anestesisti e Rianimatori Lombardi. “Gallera ha ignorato le nostre richieste di turnover e alloggi garantiti per i fuorisede”.

«Non ci piace fare terrorismo psicologico, ma quando devi soccorrere un 18enne con un collega di 30, ti rendi conto che la situazione è grave. Come durante la prima ondata. O addirittura peggio». A parlare è la dottoressa Cristina Mascheroni, presidente dell’Aaroi – Emac Lombardia (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza Area Critica), che spiega il perché le accuse di allarmismo indirizzate ai medici siano infondate. «Di criticità ce ne sono, soprattutto per quanto ci riguarda». È il motivo per cui, come associazione di categoria, nei giorni scorsi hanno annunciato lo stato di agitazione.

Dottoresa Mascheroni, quale soluzione si è trovata con la Regione per far fronte alla carenza di medici?

Nessuna: la riunione di mercoledì (28 ottobre, ndr) si è conclusa con un nulla di fatto. Le proposte che avevamo presentato sono state ignorate. Ci aspettiamo un’altra convocazione all’inizio della prossima settimana: in caso contrario, ci mobiliteremo. Viste le circostanze, uno sciopero sarà difficile (sperando che Regione non ne approfitti per ignorarci), ma stiamo pensando a una manifestazione.

Cosa chiedete?

Innanzitutto di non essere spostati forzatamente da un ospedale all’altro. La Regione assicura che i trasferimenti saranno volontari ma sappiamo che ci sono già alcuni “spontaneamente” volontari. È una condotta vessatoria che, se diffusa, sarebbe grave.

Intende dire che alcuni medici vengono mobilitati dalle direzioni degli ospedali?

Esatto e a questo si aggiunge che non è stata comunicata la durata del trasferimento, né le modalità di alloggio. Per non parlare delle regole su orario di lavoro e turnover. Ci sono colleghi, penso a quelli del Policlinico, che hanno già iniziato nell’Ospedale in Fiera e altri che inizieranno a breve.

Ma non dovevano esserci i volontari?

Alla Regione risulteranno tali proprio per il motivo di cui parlavo. In ogni caso, se ci fossero state “regole d’ingaggio” trasparenti fin da subito, si sarebbero trovati molti più volontari. Veri. L’incertezza ha frenato tanti colleghi.

Perché si è arrivati a novembre senza soluzioni?

Durante l’estate, la Regione ha discusso con noi il piano di emergenza ospedaliero e ha definito quali hub sarebbero subentrati in base al livello d’allerta. Per esempio la Fiera di Milano. Quello che non ha fatto è stato pensare alle modalità di reclutamento del personale. Che già allora scarseggiava.

Dal Pirellone assicurano però che sono stati assunti dei medici.

Specializzandi del 4° e 5° anno sono stati inseriti grazie al decreto del 9 marzo con contratti atipici legati all’emergenza Covid. Ma è chiaro che non basta. Il punto è che di anestesisti non ce ne sono affatto. E non è solo un problema di Regione Lombardia. Dobbiamo ringraziare una visione ministeriale miope che negli ultimi anni ha previsto poche o insufficienti borse di studio per anestesia e medicina d’urgenza.

Cosa pensa della circolare del dg Trivelli che prevede di non sospendere il lavoro per i medici in attesa di tampone?

La delibera ha solo ribadito la linea indicata dal governo a marzo. A differenza del resto dei cittadini, che in caso di contatto con un positivo restano in quarantena fino all’esito del tampone, noi dobbiamo continuare a prestare servizio. Il motivo è chiaro: se ci mettessimo tutti in quarantena non ci sarebbero più medici. Non ci rende felici, ma si fa di necessità virtù.

E con le famiglie come si fa, visto che non sono state predisposte strutture per la quarantena?

Si parla di isolamento “part time” che ci siamo auto imposti già a marzo. Ci sono colleghi che quando rientravano dall’ospedale si isolavano in casa. È l’unico modo per proteggere le famiglie.

Non sarebbe più semplice se ci fossero screening periodici sul personale sanitario?

Non c’è alcuna normativa che lo preveda. Fatta eccezione per chi opera nei reparti di onco-ematologia, quindi con pazienti fragili, per gli altri lo screening periodico è a discrezione delle direzioni amministrative degli ospedali. E in Lombardia sono una o due quelle illuminate che svolge.

di Francesca Del Vecchio

da il Manifesto del 31 ottobre 2020


La denuncia dei medici “anonimi” spostati in Fiera.

Subbuglio tra i medici in Lombardia. Molti vengono cooptati dalle province per i reparti Covid di Milano e Bergamo, lasciando sguarniti i presidi medici delle piccole città.

«Mi hanno detto di andare a lavorare alla Fiera di Milano». Dice un medico mentre cammina velocemente per raggiungere il suo reparto, «ma senza ordine di servizio non mi muovo». Chiede di rimanere anonimo. L’ordine dato al personale (a parte per i delegati sindacali), con tanto di circolare, è di non parlare con i giornalisti. Solo la dirigenza può autorizzare interviste. Il clima è tanto teso che molti dipendenti scelgono di non comunicare con le rappresentanze.

La comunicazione che chiede al personale specializzato di spostarsi nelle due strutture Covid di Bergamo e Milano non è mai arrivata alle Rsu. Un medico di rianimazione racconta, anche lui facendosi garantire l’anonimato: «Mi hanno detto di andare a Bergamo. Mi hanno detto che devo dormire in Fiera per motivi di sicurezza. Ci spostano e ci sostituirebbero colleghi della provincia», sguarnendo così gli altri ospedali.

La protesta dei medici pare stia imponendo alla Regione Lombardia di rivedere la politica degli spostamenti. Ma non quella delle assunzioni.
L’Ospedale Civile di Brescia è uno dei 18 hub Covid selezionati in Lombardia. Al suo interno ci sono due rianimazioni per adulti. Per diversi mesi la “rianimazione Covid” non ha avuto particolari problemi fino ad un mesetto fa, quando ha dovuto accogliere malati provenienti da altre città. Ora sono occupati tutti i 14 letti a disposizione.

Altri otto posti si stanno allestendo nella vecchia sede del blocco operatorio della neurochirurgia. Per il personale medico è prevista, entro il 20 novembre, l’assunzione di otto specialisti che si sono da poco specializzati. Ma questi otto stanno già lavorando con contratto co.co.co. Non ci saranno quindi forze in più. Per il personale non medico la situazione è ancora più complessa: durante la fase uno parte del personale aggiuntivo proveniva dai blocchi operatori, approfittando della riduzione delle attività routinarie. Per poterlo utilizzare oggi si dovrebbe ridurre l’attività chirurgica “non urgente”.

Nuovamente, come successo a marzo, la Regione sta pensando di impiegare volontari di diverse associazioni, o al limite fare poche assunzioni precarie. E come per gli “spostamenti” anche per le disposizioni per il personale non medico non si possono leggere le circolari regionali, e le stesse non vengono fornite nemmeno alle rappresentanze sindacali. Questa è la sanità lombarda.

di Andrea Cegna

da il Manifesto del 31 ottobre 2020

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