Il Garante blocca lo sciopero femminista del 9 marzo
Per la prima volta stop ad un «generale nazionale» Non una di meno: non rinunceremo alla piazza. Usb revoca tra le polemiche «Il virus è la dittatura del mercato».
Tra l’esortazione a tornare alla normalità e la marcia indietro dall’iniziale allarmismo, è arrivata una misura eccezionale, che non trova precedenti nella storia recente. La Commissione di garanzia sugli scioperi ha rivolto a tutte le organizzazioni sindacali e associazioni professionali un “fermo invito” a non effettuare astensioni dal lavoro collettive fino al 31 marzo. Motivo: l’emergenza sanitaria.
L’effetto immediato è stata la revoca dello sciopero generale del 9 marzo, lanciato del movimento Non Una Di Meno, nella cornice dello sciopero femminista globale al quale avevano aderito Usb, Cobas, Cub, Slai Cobas, Usi, Unicobas, Usi-Cit, e diverse strutture regionali della Cgil.
La lettera della Commissione è stata preceduta da una richiesta informale, in seguito alla quale la Cgil aveva deciso di revocare lo sciopero della scuola del 6 marzo. Il provvedimento ha valenza in tutto il territorio nazionale e fa leva sulla clausola presente nella normativa che regola le professioni e che prevede la possibilità di interdire gli scioperi per cause di calamità naturale e ordine pubblico. «Rivaluteremo la situazione intorno a metà mese per capire se il limite del 31 marzo sarà riconfermato», spiega a il manifesto Giovanni Pino, capo di gabinetto della Commissione, «Capisco che da un punto di vista razionale la misura non suona» aggiunge «ma formalmente siamo nel pieno rispetto delle regole e la ratio che ha animato la decisione è l’esigenza di evitare complicazioni nella gestione pubblica dell’epidemia».
Tra le ragioni avrebbe pesato anche una preoccupazione di natura politica, e cioè quella di tutelare la reputazione dell’espressione di un conflitto sociale in un momento in cui forte è il richiamo all’unità nazionale. Tempestiva è arrivata la revoca degli scioperi, seppur accompagnata da aspre critiche, mentre sono state confermate le manifestazioni previste per l’8 e il 9 marzo, le quali per ora non sono soggette a divieti se non nelle zone rosse, focolai principali del virus.
I tratti paradossali della situazione sono facilmente intuibili. Le attività commerciali, lavorative e gli assembramenti pubblici sono per ora consentiti, mentre parallelamente si fa ricorso, per la prima volta nella storia repubblicana, a un divieto di sciopero su scala nazionale.
«Registriamo l’ennesimo attacco al diritto di sciopero in nome dell’emergenza Coronavirus» si legge nel comunicato rilasciato ieri in serata da Non Una di Meno. «Tale intimazione si aggiunge alle condizioni materiali e economiche estremamente dure, specialmente nelle regioni sottoposte a ordinanze per contenere il contagio. Il peso dell’emergenza si sta scaricando infatti soprattutto sulle donne che hanno perso il salario o ricevuto salari ridotti perché costrette a casa dalla chiusura delle scuole, a turni di lavoro raddoppiati nei servizi socio-sanitari, in assenza di qualsiasi tutela e supporto pubblico» continuano le attiviste che però rilanciano sulla mobilitazione: «Nonostante l’impossibilità di astensione dal lavoro salariato, l’8 e 9 marzo non rinunceremo affatto a occupare le strade e le piazze in tutte le forme che saranno possibili, accanto ad ogni lotta femminista nel mondo. Daremo in tempo reale tutti gli aggiornamenti sul blog nazionale e i canali social di Non Una di Meno» concludono nella nota alla stampa.
A Roma per ora la questura ha confermato la piazza del 9 e Flc Cgil e Fp Cgil di Roma e Lazio hanno annunciato la loro presenza in corteo a sostegno della protesta femminista.
Restii a presentare la revoca dello sciopero Slai Cobas e Usi, che negano il carattere cogente della misura. La richiesta della Commissione, formalmente non è un vero divieto, ma prevede l’adozione di misure disciplinari verso singoli lavoratori o o sigle che decidano di non uniformarsi a quanto disposto.
Anche per questo motivo nel mondo sindacale fioccano preoccupazioni e malumori. «Siamo un paese infetto, è vero. Ma il virus in circolazione è la dittatura del mercato, la forma moderna del fascismo» si legge nella nota di Usb che accompagna la revoca dello sciopero. Mentre dalla pagina web della minoranza Cgil “Riconquistiamo tutto” si legge: «le lavoratrici e i lavoratori sono lasciati nell’incertezza: se non lavorano, moltissimi sono ancora senza garanzia dello stipendio e nemmeno certezze sugli ammortizzatori sociali; se lavorano non hanno ancora certezza sui rischi che corrono e sulle relative disposizioni di sicurezza». L’epidemia di Covid-19 sta ponendo il paese di fronte a una situazione inedita, i cui risvolti sono poco prevedibili. Ma nella gestione di questa emergenza affiorano in controluce le enormi contraddizioni politiche del paese.
di Shendi Veli
da il Manifesto del 3 marzo 2020
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