Ospedale in Fiera, anestesisti e rianimatori lombardi pronti all’agitazione

Quanto costerà, in termini di risorse umane, l’ospedale in Fiera? Se lo chiedono in molti, in Lombardia. Per ora le risposte erano state vaghe. Ma in una nota il dg della Sanità del Pirellone, Marco Trivelli, mette nero su bianco i numeri: 23 medici e 69 infermieri saranno trasferiti dalle proprie strutture sanitarie di appartenenza per andare a formare l’organico dell’astronave. Per l’esattezza, 14 anestesisti e 43 infermieri dagli ospedali milanesi San Paolo e San Carlo, Gaetano Pini, Policlinico e San Giuseppe. Verranno poi coartati 4 rianimatori e 12 infermieri dal Policlinico di Monza e 16 tra medici e sanitari dall’Asst di Lodi. Eppure, stando alle più recenti dichiarazioni, Fontana e Gallera avevano assicurato che non ci sarebbe stato alcuno spostamento di personale ma assunzione di nuovi professionisti.

Promesse fatte e mai mantenute, come denunciano dall’Aaroi-Emac (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza Area Critica) della Lombardia, che annunciano lo stato di agitazione. «La Regione non è disponibile a prendere in considerazione le nostre proposte», spiega la presidente di Aaroi-Emac lombarda, Cristina Mascheroni, che definisce «uno schiaffo ai medici che hanno dato il massimo nella scorsa primavera, e che non possono pagare il prezzo di una pianificazione tardiva», la decisione dei vertici di spostare il personale da un ospedale all’altro.

Oltre alla richiesta di non dislocarli, anestesisti e rianimatori avevano stilato un elenco di proposte. Prima tra tutte l’adesione volontaria. Ma anche il ricovero in Fiera solo dei pazienti che non hanno bisogno di sala operatoria, di cui la Fiera è sprovvista. E la fissazione del turno lavorativo di massimo 8 ore con turnover. Richiesta anche la sistemazione del personale in albergo, a spese della regione, così da evitare il contatto con le proprie famiglie in caso di positività. Chiesti anche tamponi a scadenze fisse e trattamento di trasferta secondo le norme contrattuali. Nessuna di queste proposte è stata accolta. «Nonostante siano state messe a punto per garantire il funzionamento dell’ospedale, – spiega Mascheroni – tutelando, al contempo, sia i colleghi che i pazienti, non c’è stata disponibilità al dialogo e addirittura Regione si è dichiarata pronta a reclutarci con ordini di servizio coattivi».

Non va diversamente agli infermieri, categoria in sofferenza su tutto il territorio nazionale. In una nota del sindacato Usb si legge che la Lombardia, grazie a una delibera regionale del 26 ottobre, potrebbe essere la prima a introdurre «la quarantena part-time, cioè durante il tempo libero», restando quindi obbligatorio l’orario lavorativo.

di Francesca Del Vecchio

da il Manifesto del 29 ottobre 2020

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