Test negli aeroporti lombardi solo per residenti e stranieri (poi il dietrofront)

«La Lombardia non è un regno a sé: fa parte dell’Italia!». La frase polemica di un passeggero in arrivo a Malpensa non lascia dubbi sull’umore allo scalo di Varese nel primo giorno di controlli sanitari sui turisti provenienti dai 4 Stati europei a rischio Covid. La sensazione è che le pratiche valide nel resto del paese siano ignorate dal Pirellone: Regione Lombardia ha infatti avviato lo screening all’aeroporto di Malpensa con una settimana di ritardo rispetto al Lazio e ben 11 giorni dopo l’ordinanza del 12 agosto del Ministro della Salute, Roberto Speranza, che rende obbligatorio il tampone a chi rientra da Spagna, Grecia, Croazia e Malta. Una risposta tardiva, parziale e inadeguata.

Tardiva perché ha ignorato la pericolosità del contagio, specie in corrispondenza del rientro di ferragosto. Parziale perché il tampone viene effettuato solo ai cittadini residenti in Lombardia, oltre che agli stranieri che si fermano per almeno 4 giorni in Italia. Inadeguata perché concepita con un orario ridotto (solo dalle 9 alle 18.30) e con esiti che impiegano dalle 24 alle 48 ore per arrivare. A differenza del Lazio, dove i test antigenici – poi verificati da quelli molecolari – danno una prima risposta già entro poche ore.

Le lunghe code di ieri a Malpensa hanno dimostrato la farraginosità delle procedure (la registrazione sul sito di Ats, le poche postazioni per lo screening, il numero esiguo di operatori) che ha rallentato notevolmente l’esame, ma anche l’insufficienza dei test disponibili: solo 1.800 su 6mila arrivi a rischio. Nonostante i proclami di «efficienza» di Fontana a mezzo Facebook, l’inadeguatezza è palese. Caso esemplare è quello di due fidanzati conviventi in Piemonte: sì al tampone per lui, niente da fare per lei. «Abbiamo entrambi il domicilio in Piemonte, ma io ho ancora la residenza in Lombardia – spiega il ragazzo – quindi dei due sono l’unico a poterlo fare». Preoccupato un giovane bolognese di rientro dalla Spagna che tornerà nella sua città con i mezzi pubblici: «Ho spiegato che prenderò un treno e un bus. Potrei essere un potenziale infetto e rischio di contagiare altre persone durante il tragitto».

La priorità va «a stranieri e cittadini lombardi, in particolare residenti a Milano, dove si registra un ritardo nella gestione del rientro dei viaggiatori da parte dell’Ats», conferma la Regione. «La Lombardia avvia un servizio pesante e insufficiente», commenta Pietro Bussolati, consigliere regionale e membro della segreteria centrale del Pd. «È inaccettabile e pericoloso per la Lombardia e per l’Italia», chiosa. «Di fronte a una pandemia, invece di cercare un’intesa fra Regioni, la Giunta non ragiona pensando al sistema Paese, ma cerca di fare il minimo indispensabile, nel tentativo di arginare le proprie lacune», commentano dal M5s lombardo. «È assurdo che non venga tracciato chi, seppur proveniente da un paese a rischio, non risiede in Lombardia. Questa è la loro idea di autonomia o l’assessore Gallera pensa che la Lombardia sia un’isola?» aggiunge Massimiliano De Rosa, capogruppo pentastellato in Regione.

La scelta del Pirellone non passa di certo inosservata oltre i confini regionali. L’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, si dice incredulo davanti a una decisione «grave e deleteria dal punto di vista della sanità pubblica. Se applicassimo la stessa regola, non avremmo individuato a Fiumicino una residente a Milano positiva asintomatica di rientro da Ibiza, che avrebbe contribuito alla diffusione del virus lungo tutto il tragitto di rientro», spiega D’Amato. I numeri lo confermano: il 53% dei test effettuati a Roma riguarda cittadini di altre regioni o di altri Paesi. Più in ritardo rispetto a Malpensa le soluzioni, ancora fumose, per Linate e Bergamo Orio al Serio dove solo da oggi sarà possibile effettuare i test. La preoccupazione per il piccolo terminal bergamasco è l’affluenza sostenuta dei voli low cost.

di Francesca Del Vecchio

da il Manifesto del 21 agosto 2020

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