La Narrazione Mancante – di Matteo Lazzaretti
“… la militanza politica rivoluzionaria è … un’attività costituente e non rappresentativa. Oggi, la
militanza è una pratica positiva, costruttiva e innovatrice … I militanti resistono al comando
dell’Impero creativamente. … la resistenza è immediatamente collegata con un investimento
costitutivo nel mondo biopolitico, volto alla creazione di dispositivi cooperativi di produzione e di
comunità.”
HardtNegri, Impero.
Premetto che quello che segue è stato scritto in momenti diverse
in queste settimane.
Le questioni poste meriterebbero un’articolazione maggiore, ma la
cosa diventava lunga e laboriosa, quindi ho tagliato tutto, andando
direttamente al sodo.
I pochi riferimenti sono quelli della mia esperienza di militante del
Centro Sociale Leoncavallo tra il 1989 e il 2000.
Ritengo che il tema che solleva Andrea sia relativo alla produzione
e riproduzone della soggettività. E’ su questo che l’esperienza
degli anni 90 non ha trovato approdi. Genova 2001 è stato l’epilogo, ma gli elementi e i fattori
della sconfitta si erano altri e si erano già dati.
Non voglio addentrarmi adesso in un’analisi degli anni ‘90 (da “né eroiana nè Polizia”e lo
sgombero del 1989 alle “derive” di fine secolo) anche se sarebbe importante per capire quali
sono stati i dispositivi che ci hanno permesso di “fare”.
Bisognerebbe ricordare i primi incontri nazionali sulle autoproduzioni all’interno degli incontri
nazionali dei Centri Sociali (il primo sul terrazzo di officina 99 appena occupata, con un ancora
poco conosciuto Zulù, con l’onda romana rappresentata da Testimone Oculare etc) o il
Leoncavallo pre.sgombero, con l’asilo e l’eredità dell’helter skelter.
E’ già stato detto da Flavia Tommasini il perchè dell’attuale situazione: oggi siamo quello che
abbiamo mangiato ieri. 30 anni di “devastazione” culturale, destrutturazione dei diritti, e
rivoluzione tecnologica hanno prodotto, sotto il profilo ontologico, un certo tipo di essere umano.
E “noi” non siamo esenti da questo.
Sempre Flavia, pone uno dei temi fondamentali, “dov’è finita la produzione?”
Tocca fare una digressione sulla storia recente: il 1994 e l’occupazione di via Watteau (ricordo
che parlo del Leoncavallo).
Non abbiamo più un centro sociale, abbiamo una astronave interstellare.
Il luogo è enorme, solo la sala centrali cuba 1000 metri quadrati. Asilo, sale prova, tetaro, studio
per la radio, serigrafia, laboratori, officine ecc., volendo c’è spazio per fare tutto e di più, e
inizialmente la direzione è questa.
A metà anni novanta il “traffico” medio era di 30mila persone al mese. Si produceva senso,
cooperazione, economia e organizzazione: ECN, Radio onda diretta/Urto, Foresta delle Idee, Ya
Basta!, Baretto, DaunTaun, Teatro, Biosfera, Spray, MolotovStyle ecc. (dimentico sicuramenteualcosa).
Indirettamente, si iniziava a porre la questione della produzione e riproduzione della soggettività.
La militanza non era più solo propaganda (in senso leninista), assemblea e corteo ma attività
costituente, cooperazione che produceva ricchezza sociale e in maniera contraddittoria anche
reddito.
Ed è in questo momento che inizia la deriva.
Le dinamiche socio/economiche già avevavo iniziato a fagocitare lo “stile centro sociale”: Il
tunnel, magazzini generali e Alcatraz sono stati l’esempio per politiche di prezzo, mood e
programmazione (dei conteuti ovviamente non gli fregava).
Le intelligenze e il sapere tecnico che in quegli anni si era formato dentro e intorno al
Leoncavallo inizia a disarticolarsi: iniziano a venir meno gli investimenti sulle reti sociali
cooperanti costruite fino a quel momento, privilegiando altre dinamiche, nella convinzione che
fosse strategicamente più imporatnte “consolidare” le relazioni con la “politica istituzionale”.
Una sorta di “neoentrismo”, visto anche su scala nazionale: la sponda con la “politica” non è più
lo strumento con cui definire spazi d’agibilità, ma il fine dell’agire. Non più attività costituente, ma
di rappresentanza. E’ quì che muore la “produzione” … ma è storia finita!
Creare dispositivi che permettano di tornare a produrre in maniera importante, significa investire
sulle reti sociali, mettere a disposizione strumenti, spazi, sapere. Dare la possibilità di formare e
di formarsi. Creare reddito e dinamiche economiche solidali. Organizzare la cooperazione
sociale in maniera “altra”. Non avere paura di farsi attraversare da ciò che appare contradittorio.
Sperimentare e sbagliare. Scorciatoie non esistono!
“… eppur si muove.”
Matteo Lazzaretti