May Day: prospettive, valutazioni e immaginari
Intervista a Fabrizio della Rete San Precario: quali sono le valutazioni, le prospettive e gli sviluppi della May Day rispetto alla sua storia e al suo futuro?
Come valuti la partecipazione e la riuscita della Mayday 2013?
“Direi proprio soddisfacente: sia per quanto riguarda la partecipazione (non scontata vista l’enorme riduzione dei carri) del precariato metropolitano in tutte le sue declinazioni sia dal punto di vista dell’apertura di uno spazio politico capace di guardare in avanti e basato sul protagonismo precario.”
Quali sono le note positive (o anche negative) della Mayday 2013?
“Senza dubbio la capacità politica della Mayday di rilanciare con forza due temi: quello del reddito di base incondizionato e quello dell’opposizione all’Expo. Il primo è entrato ormai con forza nel dibattito pubblico (magari ci tornerò più avanti), il secondo, pur riguardando l’area metropolitana milanese, credo sia paradigmatico dell’attuale governance italiana fondata su speculazione e totale disinteresse per il futuro. La Mayday è riuscita a creare intorno a questi contenuti delle sinergie tra diversi soggetti e, soprattutto, ad aprire una prospettiva politica di due anni che credo metterà in luce le contraddizioni della giunta arancione. Molto positiva è stata anche la partecipazione di alcune realtà in lotta: penso soprattutto ai lavoratori e lavoratrici del San Raffaele e dell’interessante esperienza che si sta sviluppando alla Maflow di Trezzano sul Naviglio. Da sempre San Precario pensa immagina e costruisce la Mayday come luogo di espressione della potenza e delle rivendicazione dei precari; mi sarebbe piaciuto che anche altre realtà (ad esempio a chi ha animato le lotte della logistica) avessero sfruttato il “megafono” offerto dalla Mayday.”
Milano è una città attraversata da conflitti nel mondo del lavoro anche molto duri e tosti. Si va dalla vicenda della Innse arrivando a quella dell’ospedale San Raffaele. In mezzo una miriade di vertenze note e meno note come quella della Jabil, della Ri-Maflow, dei lavoratori delle cooperative e della logistica, dei call-center e la lista potrebbe andare avanti. Cosa pensi dell’attuale congiuntura?
“Di analisi sulla crisi ne abbiamo detto e scritto tanto, basti vedere i numeri dei Quaderni di San Precario o gli appuntamenti dell’Accademia Precaria; credo che in questo momento si debba ripartire dall’intrecciare legami di solidarietà tra le persone, inoltre la battaglia per il reddito è per noi centrale. Per reddito intendo sia quello diretto cioè -per dirla con una battuta- i soldi che il capitale continuamente ci espropria sia quello indiretto cioè ad esempio la casa , i trasporti, il sapere…Penso che non possiamo sottrarci dal combattere con forza il pensiero unico che il governo Monti prima e quello (neodemocristiano) Letta oggi vogliono imporci; per questo è importante la dimensione di produzione e diffusione culturale di pensieri e concetti altri.”
In che modo San Precario si mette in relazione con queste vertenze? Quali sono le più importanti?
“Non credo ci sia un ordine di importanza nelle lotte, noi proviamo a metterci a disposizione delle diverse vertenze con i nostri mezzi di sempre: subvertising (Esselunga, Ikea, Salone del Mobile, Fiera…), agitazione tra i lavoratori (Fiera, precari del Comune, rilevatori), supporto legale (sempre finalizzato alla connessione/tutela dei lavoratori), campagne virali e di denuncia….”
Vedi un possibile terreno di unità (un tempo si sarebbe detto di ricomposizione)?
“Purtroppo la ricerca dell’unità è sempre stata giocata al ribasso, soprattutto in ambito sindacale, naturalmente anche noi cerchiamo la ricomposizione (nel tempo l’abbiamo chiamata “cospirazione precaria”), ma non a costo di neutralizzare l’efficacia del conflitto.
Per noi la partita si gioca sul tema della lotta nella e contro la precarietà. Crediamo che la battaglia sul reddito sia molto importante, capiamo allo stesso tempo che in Italia la cultura “lavorista” è molto radicata quindi una “ricomposizione” sulle tematiche del reddito è molto difficile. Noi però la sfida ce la vogliamo giocare, la scommessa è quella di passare dal “diritto al lavoro” al “diritto alla scelta del lavoro”.
Ormai l’idea del reddito di cittadinanza ha iniziato a diffondersi nell’opinione pubblica. Lo stesso Grillo lo agita come tema portante del suo programma. Che ne pensi?
“Penso sia positivo perché crediamo che oggi il sistema di Welfare in Italia sia profondamente ingiusto poiché copre meno della metà dei lavoratori e delle lavoratrici, il reddito reintrodurrebbe quel principio di equità universalistica che dovrebbe essere la base del Welfare.
Non illudiamoci troppo però: esiste ancora una fortissima resistenza culturale, anche a sinistra, rispetto all’introduzione di un sistema di welfare di carattere europeo e all’altezza dei tempi.
Rispetto a Grillo abbiamo delle differenze importanti, ad esempio noi parliamo di Reddito di Base Incondizionato cioè slegato dal lavoro come riconoscimento diretto della nostra “produttività”, inoltre preferiamo parlare di “residenza” come criterio di assegnazione del reddito in modo tale da consentire anche ai migranti di accedere a tale misura. Allo stesso tempo siamo consapevoli della ricettività del M5S su questo argomento.”
A Milano, da qualche anno si sente dire: “E’ ora che la Mayday diventi qualcosa di radicalmente diverso”. Che ne pensi? Dalla parade si torna al corteo?
“La Mayday è nata per mettere al centro del dibattito pubblico la questione della precarietà, dopo più di dieci anni possiamo dire che ha centrato l’obiettivo, adesso si tratta di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e immaginarci in maniera creativa l’avvicinamento al 2015 coniugandolo con le lotte che si svilupperanno in questi anni. Non ci interessa la contrapposizione parade-corteo: abbiamo sempre cercato il modo migliore per coniugare partecipazione, condivisione ed efficacia nelle manifestazioni pubbliche.”
Come intendete raggiungere la scadenza “storica” del Primo Maggio 2015 con l’inaugurazione dell’EXPO?
“Innanzitutto ci teniamo a dire che San Precario non è il dominus della Mayday, crediamo che questi due anni vadano costruiti con diversi soggetti e realtà del territorio, la scommessa è quella di mettere da parte le identità e le contrapposizioni per lavorare ad un progetto condiviso di opposizione, in primis culturale e d’immaginario, a questo “grande evento” che nasconde quella che noi abbiamo definito la triplice alleanza del male: precarietà, debito e cemento.”
Da più di un anno, in Isola, un quartiere attraversato da trasformazioni gigantesche e con una gloriosa storia di occupazioni ed autogestioni politiche alle spalle, è sorto Piano Terra come procede la situazione?
“Siamo molto soddisfatti, anche perché molti di noi hanno fatto parte di quelle occupazioni negli anni scorsi (Pergola, Reload, Volturno…) e quindi ci siamo sentiti di nuovo “a casa”. Fin da subito abbiamo immaginato PianoTerra come uno spazio aperto e libero che potesse essere attraversato da più soggetti e diverse realtà sia del quartiere (penso ad esempio al Gas), sia della metropoli. In questo momento credo che l’intuizione di non fare di PianoTerra un “Soggetto” politico, ma piuttosto un luogo accogliente e di sperimentazione si stia rivelando azzeccata. Insomma per noi PianoTerra è il tentativo concreto di superare alcuni limiti del vecchio “centrosocialismo”, che tanto ha dato e da, ma credo sia poco adatto alla nostra idea d’intervento nelle metropoli al tempo della crisi.”
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