Qualche considerazione sul “caso” di Bello FiGo

bello-figo-mussoliniLe pressioni e le minacce di gruppi fascio-leghisti di Brescia e provincia hanno fatto sì che la Latteria Molloy, su invito della Questura, facesse saltare il concerto di Bello Figo Swag previsto il 23 Dicembre. Minacce sparute e di singoli parevano quelle che pubblicamente si potevano leggere sull’evento Facebook della serata, alle quali si sono aggiunte pian piano voci di corridoio che davano per certo l’organizzazione del gruppo di fascisti che la scorsa estate entrò in azione contro lo stabile che garantisce accoglienza a diversi profughi a San Colombano di Collio e altre di autobus in preparazione dal Veneto.
L’intervento della Questura della seconda città della Lombardia, ricorda, con le debite distanze e differente, il non intervento di quella di Ferrara a Gorino perché “Non potevamo certo manganellare le persone, la tranquillità dell’ordine pubblico ha avuto la priorità”.

Dopo l’apparizione in Tv con la Mussolini il 24enne parmense di origini ghanesi è diventato il nemico pubblico dei fascio-leghisti. In alcuni casi e città addirittura la Lega Nord, per voce dei suoi esponenti, ha chiesto di cancellare gli eventi.
Grave che a Brescia il concerto sia stato annullato. Gravissimo se succederà altrove. Ma forse occorre andare un po’ più a fondo: aver “dabbato” e “trollato” la Mussolini in diretta tv non basta a spiegare l’odio verso Bello Figo. Il motivo principe è chiaramente la scelta del 24enne di ridicolizzare l’immaginario che la Lega di Matteo Salvini fa e dà dei profughi nel nostro paese. La provocazione è totale e voluta. Ma Bello Figo non è e non vuole essere artista politico e politicamente impegnato. Certamente la sua storia e le sue amicizie fanno sì che l’oggetto primario dello scherno siano le costruzione razziste che vengono alimentate sui migranti, così come il gioco sta nel “cantare ciò che davvero i migranti vorrebbero”, cioè “figa bianca”, “wi-fi”, “alberghi a 5 stelle”, “lasagne a colazione”, “pasta con tonno” e “non dover lavorare o pagare affitto”.

Come ogni buon costruttore di narrativa Bello Figo rappa, ad essere sinceri in maniera abbastanza maldestra, di una parte di necessità reali e basilari dei profughi. Non capire, per esempio, che nel 2016 l’accesso alla rete è una delle principali necessità per chiunque voglia comunicare nel mondo è malafede o non aver colto che il mondo sta cambiando. La sua è provocazione fine a se stessa. Anche “io non pago affitto” o “io non faccio operaio”, che sono sicuramente concetti condivisibili e prospettive interessanti per una critica radicale al sistema capitalista, non hanno nessun tipo di rivendicazione sociale e politica, sono semplice provocazione. Provocazione che si mescola con le ambizioni del ragazzo ovvero quelle di sfondare con la musica, comprare vestiti di marca, avere molte donne, mangiare bene ed essere swag/figo. Immagine di un abitante medio del nostro paese, senza nessun tipo di ideologia politica e soggetto individualista e arrivista.

Un capitolo non da poco dovrebbe essere dedicato alle immagini sessiste che descrive nel suo agire musicale. Ma senza dilungarsi si noti che quando parla di donne le chiama “fighe”.

Basterebbe elencare i titoli di alcune canzoni per capire come Bello Figo è lontano da ogni possibile legame politico, sociale e culturale con il mondo dei movimenti. E’ un troll vivente, un fenomeno da rete internet, un ragazzo che si diverte a prendere in giro tutto e tutti, e così è diventato un minimo conosciuto. In un panorama piatto emerge soprattutto perché è stato capace di “cantare le paure della gente sul mondo migrante”. Tutte le paure e tutti i luoghi comuni, non solo quelli fascio-leghisti ma anche quelli della sinistra assistenzialista e paternalista per cui i migranti scappano sempre e solo dalle guerre e vanno aiutati, ma non capiti (e qui potrebbe tornare l’esempio della necessità di Wi-Fi o della “pasta con il tonno”). La sua provocazione finisce in gioco. Smonta e irride anni di dibattito politico sterile e vuoto con cui si sono riempiti i salotti televisivi certamente, ma senza nessun tipo di scopo costruttivo e nemmeno destituente. E’ il “trollaggio” come metodo e fine allo stesso tempo. Tanto che la narrativa di Bello Figo è cambiata negli anni, e nella canzone “referendum, costituzionale” raggiunge il punto massimo in cui si sommano tutte le direttrici dello sfottò a destra e sinistra. Certo in televisione ha ribadito, davanti alla tragicomiche uscite di Alessandra Mussolini, di sentirsi italiano e di non pensare in nessun caso di andarsene, così come ad altri microfoni ha detto di essere contento che l’Italia sia un posto che “ospita” migranti. Ma non esiste nessun tipo di critica al sistema politico del nostro paese. Anzi Bello Figo riconosce e ringrazia Renzi e Mattarella per aver disposto un sistema d’accoglienza in Italia, ha deciso di votare sì al referendum del 4 Dicembre, e vede Corona come mito. La sua rottura è nella narrativa e trova spazio in questa fase di confusione e pochezza culturale in cui viviamo.

Dopo aver riso guardando i suoi video e le sue interviste, dopo aver esultato per il “dab” alla Mussolini, occorre semplicemente sapere quello che Bello Figo, sicuramente non l’artista più politicizzato d’Italia che che ne dica Rolling Stones, cioè un ragazzo di origine ghanese (che per lungo tempo si è fatto chiamare Gucci Boy) sdoganato da Andrea Di Pré, che irride il razzismo della Lega Nord così come l’assistenzialismo fine a se stesso per rigetto dato dalla sua “dimensione di classe” e per gioco, non certo per influire e migliorare il sistema d’accoglienza nel nostro paese.

Capire e collocare Bello Figo non significa stare in silenzio davanti all’attacco frontale che sta ricevendo da quel pezzo di popolazione, organizzato o no, che vede in lui il mostro perché alimenta il pensiero e l’immaginario sui migranti ospitati in alberghi a 5 stelle e che sono li pagati a fare la bella vita, ne permettere che i suoi concerti vengano annullati. Anche perché i fascio-leghisti in maniera furbesca attaccano lui percependo che è un soggetto solitario, senza alcuna comunità alle spalle, senza difensori e padrini. Speculano sulla sua figura, cercando di portare a casa qualche piccola vittoria come a Brescia e a Gorino.

Andrea Cegna

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