Anche in Ecuador ha vinto l’ecologia

Nell’Amazzonia ecuadoriana un’altra importante vittoria dei movimenti ambientalisti contro le compagnie del petrolio.

A due giorni dal nostro articolo sulla sconfitta di Putin sul campo ambientalista e a uno dalle due grandi manifestazioni che ieri a Milano hanno dimostrato come il movimento FridaysForFuture sia ancora sulla cresta dell’onda e intenda rimanerci perlomeno finché non saranno presi dei provvedimenti ai vertici della piramide del potere, siamo felici di segnalare un’altra importante vittoria per la salvaguardia del nostro ecosistema. Una battaglia che speriamo possa ispirare tutti coloro che in questi mesi non solo stanno riempiendo le strade e le piazze chiedendo una presa di coscienza generale e l’attuazione da parte dei leader mondiali e delle grandi organizzazioni di piani per la tutela e il ripristino della giustizia climatica, ma che in prima persona si stanno impegnando individualmente per agire questo cambiamento mutando le loro abitudini quotidiane e sviluppando una nuova coscienza ecologica.

Siamo a Puyo, in Ecuador, dove una storica sentenza ha riconosciuto agli indigeni locali, di etnia waorani, il pieno diritto sulla loro terra ancestrale e dunque la legittimità del loro rifiuto di permettere la trivellazione di 200mila ettari di Foresta amazzonica. Nei fatti, la Corte ha stabilito il diritto dei waorani a essere interpellati ogniqualvolta si dovesse voler intervenire, speculare, lottizzare le loro terre d’origine. L’agognata vittoria è arrivata dopo anni di lotta instancabile dei circa 4800 uomini e donne indios waoriani dell’Ecuador, che mettendo sempre l’amore e la difesa della propria terra davanti ai tentativi di corruzione e alle sfacciate lusinghe delle multinazionali non hanno mai ceduto di un millimetro, fino a portare a casa l’ufficiale riconoscimento della loro “inalienabile, non revocabile e indivisibile” potestà sulle loro terre.

Ricordiamo che nel 2014 l’allora Presidente Rafael Correa in persona aveva bloccato un accordo di cooperazione ambientale con la Germania del valore di circa 43milioni di euro, nel momento in cui una delegazione tedesca aveva cercato di visitare un’area di Amazzonia destinata alla deforestazione per le suddette trivellazioni petrolifere. Nel 2007, infatti, lo stesso Correa aveva chiesto un finanziamento di circa 3,6miliardi di dollari ai Paesi sviluppati per sostenere la protezione dell’area di foresta pluviale del Parco Yasunì (confinante con la riserva waorani), nota per essere un epicentro di biodiversità tra i più ricchi del Pianeta, in cambio della promessa di tutelare la stessa da qualsiasi piano di deforestazione. Salvo poi, nel 2013, revocare tale impegno e autorizzare le prime ispezioni delle compagnie petrolifere con la motivazione che i fondi ricevuti non avevano raggiunto la somma richiesta.

Già nel maggio 2014 l’inizio delle trivellazioni era talmente imminente da spingere la popolazione locale a procedere a una raccolta firme per chiederne l’immediata sospensione, una petizione che pur avendo raccolto più di 750mila firme è stata rifiutata dal Governo, per il quale risultava certamente più impellente raggiungere quegli 864milioni di barili di petrolio che si riteneva si trovassero nel sottosuolo della foresta. Il progetto è pertanto proseguito, anche sotto il nuovo mandato di Lenín Moreno, ex vice di Correa, con il piano di costruire quattro impianti e trivellare in 97 punti dell’area.

Nonostante ciò la popolazione locale, riunitasi nel Coordinating Council of the Waorani Nationality of Ecuador e affiancata dai gruppi Human Rights Ombudsman e Amazon Frontlines,  non ha mai smesso di chiedere un fermo alla vendita di nuove concessioni, portando nelle aule di tribunale innanzitutto la propria cultura, comparendo in abiti tradizionali e rvendicando il proprio ruolo storico di protettori della foresta. In campo legale, i waorani sono riusciti a mettere chiaramente in luce l’operato scorretto del Governo nei loro confronti: hanno dimostrato come quest’ultimo abbia tentato di forzare la popolazione a cedere nascondendo i suoi reali progetti per l’area. I rappresentanti governativi incaricati di aprire la discussione con i waorani avrebbero infatti promesso loro scuole e ospedali, senza mai fare riferimento all’intenzione di vendere il territorio alle compagnie petrolifere.

Il 15 maggio scorso, tutto questo è stato infine giudicato in tribunale. La corte, infatti, “ha riconosciuto uno schema ricorrente d’inganno, malafede e tattiche manipolatorie nel tentativo del Governo ecuadoriano di destinare le terre dei waorani all’estrazione petrolifera”, così come il diritto di giurisdizione dei popoli indigeni sul destino della loro terra.

Una vittoria storica, ancora una volta, perché importante precedente cui fare appello per tutti coloro che in futuro vorranno spendersi per la difesa del Pianeta, rivendicando che la terra è prima di tutto di chi la abita e se ne prende cura ogni giorno.

SM

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