Brasile, Palestina, UK. Uno sguardo sul mondo

ELEZIONI IN BRASILE

Domani, domenica 2 ottobre, si terranno le elezioni generali in Brasile. 156 milioni di elettori brasiliani saranno chiamati ad eleggere presidente, vicepresidente e congresso nazionale.
C’è molta attesa in particolare per il risultato delle presidenziali, che metterà probabilmente fine al mandato del Presidente Jair Bolsonaro. Secondo i sondaggi, il suo principale rivale Lula, già per due volte presidente del Brasile, avrebbe un ampio vantaggio che potrebbe addirittura evitare il ballottaggio previsto per il prossimo 30 ottobre.

700mila brasiliani hanno perso la vita a causa della malgestione della pandemia del presidente uscente. Un Jair Bolsonaro, è giusto ricordarlo, che derideva l’utilizzo delle mascherine e minimizzava la minaccia della pandemia.
Lula era già stato presidente tra il 2003 e il 2010, quando terminò il suo mandato come presidente più popolare della storia brasiliana. Era stato però poi escluso dalle presidenziali del 2018 perché incarcerato per accuse di corruzione che però in seguito sono state annullate dalla Corte Suprema del Brasile.
Quest’ultima campagna elettorale è stata tesissima, e c’è il timore fondato che Bolsonaro possa non riconoscere il voto in caso di sconfitta. Si teme che – in maniera simile a ciò che era accaduto con Trump – Bolsonaro possa sostenere e coordinare una rivolta della destra e dai fan. O, ancora peggio, che possa contare sul supporto di alcuni reparti dell’esercito addirittura con un colpo di stato armato.

IMPERIALISMO E REFERENDUM. LA RUSSIA RIDISEGNA I CONFINI

Il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato venerdì i decreti per l’annessione di quattro regioni dell’Ucraina. In una grande cerimonia al Cremlino, ha affermato che la Russia incorporerà formalmente le regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia e che le persone che vivono lì saranno “nostri cittadini per sempre“. Con questa mossa (dopo quella della mobilitazione parziale) in linea teorica i russi potrebbero utilizzare l’arma nucleare per difendere quelli che considerano loro territori. La risposta ucraina è stata immediata con la richiesta di adesione accelerata alla NATO (su cui però gli alleati occidentali hanno tirato il freno).

Gli Stati Uniti, dall’altra parte dell’oceano, hanno denunciato la mossa come una flagrante violazione del diritto internazionale nella dinamica ormai tipica di una cosa giusta detta dal paese sbagliato con Washington che ha una lunghissima tradizione di violazioni impunite di tele diritto. L’amministrazione Biden, in spasmodica attesa delle elezioni di midterm, ha annunciato un nuovo round di sanzioni contro funzionari militari e governativi russi, altro sostegno militare a Kiev nonché reti di appalti per la difesa in Russia e Bielorussia.

Intanto i combattimenti sul terreno continuano attorno al nodo strategico di Lyman dove i russi rischiano l’accerchiamento (se non è già avvenuto nelle ultime ore). Le speranze di mediazione che sembrano allontanarsi sempre più nonostante gli appelli per il ritorno della diplomazia fatti da una vecchia volpe della geopolitica internazionale come Henry Kissinger. Intanto la tempesta perfetta della crisi economica sembra sull’orlo di travolgere l’Europa, vero e proprio retroterra logistico della guerra in Ucraina.

IRAN. THE TIME HAS COME

Da questa mattina all’alba in Iran sono in corso numerose proteste coordinate tra di loro in diverse zone del paese.
Con lo slogan “the time has come”, oggi 1 ottobre è stata lanciata una giornata di mobilitazioni in Iran ma anche nel mondo, a sostegno delle donne e degli uomini che da diversi giorni stanno protestando contro il regime repressivo che perseguita le donne.

Al grido di Jin, Jiyan, Azadi (donne, vita, libertà) il popolo iraniano in questo momento sta affrontando la feroce polizia iraniana che – come documenta Amnesty International – ha ricevuto l’ordine di reprimere le proteste senza pietà.
A causa del blocco parziale o totale di internet, soprattutto nelle zone a maggioranza curda dove la repressione è più feroce, non si conosce il numero preciso di persone assassinate, arrestate o scomparse.

Ciò che è certo e che ha svalicato i confini serrati dell’Iran, è che la resistenza coraggiosa del popolo iraniano è un esempio per chiunque sostengo l’autodeterminazione dei popoli. Che sia l’Iran, che siano gli Stati Uniti d’America con l’abolizione dell’aborto o che sia l’Italia nella sua deriva fascista, sempre a fianco di chi resiste contro leggi ingiuste.

PALESTINA

Un bambino palestinese di 7 anni, Rayyan Sulaiman, è morto cadendo da un’altezza elevata durante un inseguimento dei soldati israeliani a Teqoa, vicino Betlemme, in Cisgiordania.
E’ l’ennesima vittima dell’occupazione sionista dei territori palestinesi. Non solo.
Sulla scia del più recente attacco militare a Gaza, le autorità israeliane hanno intensificato il loro assalto ai difensori dei diritti umani palestinesi e alle organizzazioni della società civile nella Cisgiordania occupata. Ad agosto, le forze armate israeliane hanno fatto irruzione in sette importanti organizzazioni della società civile palestinese, sei delle quali sono state arbitrariamente bandite e bollate come “gruppi terroristici” nell’ottobre 2021.

Queste incursioni delle autorità israeliane per bloccare i gruppi palestinesi hanno lo scopo di ostacolare il lavoro di documentazione sui diritti umani e punire coloro che criticano le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da parte delle autorità israeliane. L’apartheid e la persecuzione sono punibili come crimini contro l’umanità e rientrano nella giurisdizione della Corte penale internazionale, e nonostante Israele se ne sia sempre fregato delle conseguenze, questa cosa la sa e cerca di calmierarla.
Ma in un mondo estremamente connesso non serve aspettare l’ennesima risoluzione ONU contro israele per sapere che in Palestina è in corso una vera e propria pulizia etnica fatta di omicidi mirati, arresti di massa, leggi ingiuste e violenza sistemica.
In che mondo un bambino muore di paura mentre sta scappando dalla polizia?

DON’T PAY. OGGI IN INGHILTERRA SCIOPERO GENERALE CONTRO IL CAROBOLLETTE

“Un milione suona come molto, ma altri milioni stanno già pensando se saranno in grado di pagare in inverno e permettersi le altre cose di cui hanno bisogno per sopravvivere per loro e per le loro famiglie. E ancora più persone tra di noi si arrabbieranno per aver pagato più del doppio di quello che pagavamo per lo stesso importo che usiamo“.
Inizia cosi il documento di rilancio della giornata di oggi, dove migliaia di persone manifesteranno contro il caro energia: decine di manifestazioni sono previste oggi in diverse città della Gran Bretagna in cui i dimostranti promettono di bruciare le bollette di gas e luce.
Birmingham, Bradford, Brighton, Londra e in molte altre città e paesi il movimento Don’t Pay UK, che ha ricevuto quasi 200.000 adesioni, è in continua crescita. I privati consumatori aderenti alla campagna don’t pay stanno già bloccando il pagamento automatico delle bollette in banca, almeno  finché “il governo non metterà in campo aiuti per le famiglie più povere.”

La campagna Enough is Enough (Basta così), appoggiata dal sindacato dei postali Cwu, ha organizzato 28 manifestazioni, mentre l’iniziativa Don’t pay in 18 città. Don’t Pay intende promuovere uno sciopero dei pagamenti quando avrà raccolto un milione di adesioni, e le manifestazioni  di oggi saranno l’ennesima piattaforma di consenso per un problema ormai sempre più diffuso.Una protesta che arriva dopo che il governo ha innalzato il tetto massimo annuale delle bollette energetiche per una famiglia media da 1.971 sterline a 2.500.

 

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