Da Madrid a Milano: la città non si vende

Sabato 12 Maggio, in più di dieci città spagnole e a Napoli, si sono tenute mobilitazioni contro la privatizzazione e la speculazione edilizia. Lanciata un anno fa dal centro sociale madrileno La Ingobernable, la data ha coinvolto comitati abitativi, spazi sociali, gruppi ecologisti e numerosi cittadini in tutto il paese, che rivendicano a gran voce la loro opposizione al modello urbanistico neoliberista, un modello escludente e che antepone gli interessi di privati a quelli della collettività.

 

A Madrid, il cosiddetto processo di gentrification è una tematica tutt’altro che secondaria, considerando che, dopo 25 anni di lotte ed opposizione, l’operazione Chamartin sembra prossima al suo avvio: prevede, oltre ad un gran numero di appartamenti, il 20% dei quali saranno “Viviendas de proteccion”, case popolari, la ristrutturazione ed ampliamento della stazione Chamartin e la costruzione di un enorme centro commerciale, per una spesa complessiva di circa 6000 milioni di euro. Nemmeno troppo nascosto poi, è lo zampino della banca BBVA e del gruppo San Josè, principali finanziatori dell’opera. Inevitabile dunque, dopo le questioni del Wanda Metropolitano, nuovo stadio dell’Atletico Madrid che ha fatto schizzare gli affitti delle case circostanti e del Desarrollo del Sureste, progetto di sviluppo della zona Sud-Est della capitale ancora in discussione, che fosse proprio Madrid il centro propulsore di questa giornata. Dopo mesi di lavoro, la rete nazionale è scesa nella piazze, raccogliendo istanze diverse sotto lo stesso slogan: LA CIUDAD NO SE VENDE.

Dalla difesa dei beni comuni come la Casa Invisible di Malaga, al diritto all’abitare e alla lotta contro il caro affitti in città come Valencia o Barcellona, la sostenibilità delle città è una questione che si declina in maniera vertenziale su ogni territorio, ma che di fatto riesce a tenere insieme un’eterogeneità di lotte. Non possiamo non tenere conto di quanto anche la nostra città sia afflitta dalle stesse problematiche e di quanto le nostre rivendicazioni siano vicine a quelle della rete spagnola: dallo spostamento di Città Studi in area Expo, alla probabile vendita della Piazza d’Armi, dai prezzi folli delle case in affitto, all’inverosimile numero di appartamenti vuoti di Aler, dal continuo utilizzo dei luoghi come location, alla pessima qualità dell’aria che respiriamo. E se nessun uomo è un’isola, nessuna città lo è in egual misura: se Milano costituisce un esempio di gentrification, lo stesso vale per Venezia, città che sta diventando una sorta di parco a tema e dove addirittura sono stati istallati dei tornelli per gestire l’afflusso dei turisti, o Firenze, dove la situazione delle periferie rispetto allo scintillio del centro storico lascia a bocca aperta. Insomma, quello del diritto alla città ha tutta la potenzialità per diventare un tema sul quale far convergere istanze nazionali di varia natura, tanto su scala cittadina, quanto su scala internazionale. C’è solo da farlo.

Riccardo LUMe

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