Il “brand” del terrorismo islamico arriva anche in Africa

Boko Haram, Al Shabab, Aqmi….

Sono alcuni nomi dei “nuovi” gruppi terroristici di ispirazione jihadista (legati, chi più e chi meno, ad Al Quaeda) che presenziano, da anni, in paesi africani come Nigeria, Mali, Somalia.

Siamo stati abituati, dai nostri poco attenti mezzi di informazione, a sentir parlare di terrorismo o estremismo islamico come fenomeno localizzato più che altro in paesi del Medio Oriente (Iraq, Libano, Siria), dell’Asia (Pakistan, Afghanistan, Emirati, Arabia Saudita), del Nord Africa (Algeria, Marocco, Egitto).
Ultimamente, (soprattutto dopo Natale, in cui i giornali di tutto il mondo hanno avidamente raccontato la strage dei cristiani in Nigeria, avvenuta per mano islamica) si sente molto più parlare di questo fenomeno, che, non venendo contestualizzato, e in aree geografiche diverse da quelle in cui tradizionalmente si parla di terrorismo islamico, crea una certa confusione.

Boko Haram nasce al nord della Nigeria, ex colonia inglese, e si dice nasca proprio da fenomeni di resistenza della popolazione locale all’obbligo dell’educazione occidentale (il nome significa letteralmente “L’educazione occidentale è peccato”). Tuttavia è solo nel 2002 (mentre il colonialismo finì intorno alla metà del secolo precedente) che il gruppo inizia a farsi sentire e vedere con azioni terroristiche mirate un po’ contro chiunque (scuole, stazioni di polizia, istituzioni e chiese cattoliche). Utilizzando la “bandiera” dell’opposizione all’educazione cristiana e di stampo occidentale (piuttosto strano, in un paese che, di certo, non investe in servizi come l’educazione, la sanità e i servizi educativi e sociali), il gruppo mira di fatto a destabilizzare la regione e l’intero governo nigeriano, un paese strategico per lo sfruttamento delle risorse come il petrolio da parte di compagnie occidentali con l’appoggio dello stato.

AQMI (Al Quaeda nel Maghreb Islamico) , è  la “filiale” africana di Al Qaeda, nella lista delle organizzazioni terroristiche statunitensi. Nata nel 2007 in Algeria, da un assembramento di organizzazioni armate, ha visto un progressivo ampliamento nella regione del Sahel, arrivando a sconfinare in Mauritania, Mali e Niger, ma anche ad intessere complesse relazioni con gruppi in Libia. L’adesione formale ad Al Qaeda fu sancita, pare, con un incontro ufficiale tra Droukdal ed il noto Al Zarqawi, e cominciò’ già nel 2005, “curiosamente” prima della data diffusa dai media come di nascita ufficiale del movimento. Diventata nota per i rapimenti di occidentali, l’organizzazione è conosciuta anche per aver colpito diversi obiettivi (ambasciate, comandi di polizia, luoghi turistici) e, nel silenzio dei media internazionali, per aver intessuto relazioni, se non assunto il controllo, di diversi traffici illegali nei paesi interessati e vicini: commerci illegali, traffico di armi e droga, business legati all’immigrazione illegale e al traffico di esseri umani. Non si può inoltre ignorare che l’intera zona del Sahel, essendo ricca di minerali, vede una larga presenza di compagnie internazionali che ne sfruttano le risorse (soprattutto, Francesi), appoggiandosi sulla loro forte influenza politica e sulla debolezza istituzionale locale.

La situazione somala è non meno complessa delle due precedentemente illustrate (si veda post precedente, Somalia senza futuro); in un contesto di forte debolezza istituzionale, economica e politica, è nato nel 2003 il gruppo di ispirazione jihadista Al Shabab, arrivato, nel 2008, al controllo di parte del territorio attraverso le Corti Islamiche. Come nei precedenti casi però, si parla molto di religione, estremismo e terrorismo, e si ignora volutamente il fatto che, parallelamente con la crescita di potere del gruppo, sia aumentata la loro capacità di controllo di traffico di armi, droga (il Khat dallo Yemen e dall’Etiopia) e delle merci (attraverso i fenomeni di pirateria sul Golfo di Aden).

Concludendo, i fenomeni di “terrorismo religioso” di ispirazione islamica (e non solo), non sono mai, come fatto dai media e dalla spesso disinformata società civile, interpretabili e spiegabili dal punto di vista ideologico: essi sono strettamente legati alle situazioni politiche dei paesi in cui sorgono e operano.

Situazioni politiche che vedono spesso, un forte ruolo di potenze straniere, mosse dalla volontà di controllo strategico (caso di Medio Oriente e Asia), delle risorse (caso africano), o  dei traffici illegali, i cui proventi arrivano spesso nelle tasche del cattolico, benpensante e apparentemente “sicuro” occidente.

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