Irlanda del Nord, Sinn Féin vince ma forse non basta

Le elezioni parlamentari del 5 maggio in Irlanda del Nord si sono svolte in un’atmosfera piena di dubbi, apprensione e speranze. Di dubbi perché i sondaggi degli ultimi mesi parlavano incessantemente di un probabile sorpasso di Sinn Féin sul maggior partito unionista, il Dup, partito che ha espresso il primo ministro del governo misto negli ultimi quindici anni. Di apprensione perché un cambio al vertice, con un repubblicano primo ministro e uno rappresentante del Dup suo vice (le due cariche sono equivalenti, ma in Irlanda i simboli sono importanti) non è scontato, e i vertici del Dup hanno più volte fatto intendere che il partito potrebbe opporsi a un’alternanza di questo tipo. Di speranze perché una maggioranza, seppur relativa, al nord come al sud, di Sinn Féin, farebbe secondo alcuni auspicare un percorso più spedito verso l’agognata riunificazione dell’isola.

Il 5 maggio è una data simbolicamente importante, perché in quel giorno, nel 1981, spirò l’ultimo respiro Bobby Sands, il volontario dell’Ira che dopo 66 giorni di sciopero della fame, e dopo esser stato eletto a Westminster, morì a seguito di una battaglia per i diritti elementari dei prigionieri politici in carcere, e all’insegna della più grande lotta per il raggiungimento della repubblica socialista irlandese.

Oggi Sinn Féin, pur rimanendo saldamente collocato a sinistra, non mira più a tanto. La repubblica socialista non è un obiettivo; ma la riunificazione sì, e con essa anche il rideclinarsi secondo parametri di giustizia sociale, di rispetto e difesa dei più deboli, degli equilibri politici di un’isola di cui gran parte è all’oggi uno degli stati più neoliberisti d’Europa.

Il 63.58% degli aventi diritto diritto si è recato ai seggi, segnando una lieve flessione in percentuale nei confronti delle ultime elezioni del 2017. Tuttavia, il numero assoluto dei votanti è cresciuto di circa 60.000 unità; il che è dovuto a un incremento sostanziale degli aventi diritto, ma anche alla percentuale di persone che si sono registrate per votare.

È questo un dato che può essere interpretato in vari modi: come risposta agli appelli pressanti di Sinn Féin volti a dare seguito alle aspettative create dai sondaggi favorevoli; come reazione unionista alla paura di avere un primo ministro repubblicano; o come stanchezza nei confronti di una politica polarizzata sul discrimine costituzionale (adesione alla Repubblica oppure al Regno Unito). Quest’ultima opzione spiegherebbe la crescita elettorale di un partito trasversale, l’Alliance Party, ma anche quella dei rappresentanti di un unionismo più radicale e di partiti che si collocano a sinistra di Sinn Féin, come People Before Profit.

I leader di Sinn Fein (Michelle O’Neill), Dup (Jeffrey Donaldson) e Alliance (Naomi Long) sono stati tra i primi a essere eletti, e il lento spoglio sembra confermare le aspettative pre-voto. Il computo dei voti secondari richiederà però altre ore e vari riconteggi, prima di avere un risultato definitivo che presumibilmente arriverà nelle prime ore di oggi.

Nelle elezioni precedenti il Dup ottenne 28 seggi e Sinn Féin 27. Seguivano i repubblicani moderati dello Sdlp con 12 seggi, gli unionisti moderati dello Uup, l’Alliance party con 8 rappresentanti, i Verdi con 2 seggi, e 1 seggio a testa tra People Before Profit e gli unionisti oltranzisti del Tuv. Si prevede che quest’ultima formazione possa attirare molti voti dei disillusi del Dup.

Ciò getterebbe più di un’ombra sul futuro del protocollo d’intesa tra Ue e Uk che in questi mesi è stato oggetto di feroci critiche da parte unionista, per aver di fatto spostato il confine tra Irlanda e Regno Unito sul mare. Appare probabile che sarà questo il punto di maggior stallo dopo le elezioni. Gli unionisti, divisi alle urne, concordano infatti sulla necessità di rivederlo, e legano la nascita del nuovo esecutivo all’imperativo di evitare che continui la sua operatività.

Il motivo per cui i risultati arrivano al contagocce è il complicato sistema elettorale nordirlandese, proporzionale con voto singolo trasferibile.

Questo implica la possibilità per gli elettori di esprimere più preferenze, con trasferimento di voto una volta raggiunta la quota per l’elezione di un candidato. Eletto un candidato, i voti in più che ognuno ha ricevuto vengono assegnati secondo le altre preferenze. Computate tutte preferenze e dichiarati gli eletti, la legge prevede che i parlamentari dichiarino la propria appartenenza a uno dei blocchi: unionista, nazionalista, o “altro”. Il meccanismo agevola la formazione degli organismi di funzionamento dell’assemblea, ma norma anche l’elezione del primo ministro e del suo vice.

Di qui l’impasse probabile, qualora Sinn Féin risultasse, come sembra allo stato delle cose, il partito di maggioranza relativa avendo ottenuto uno straordinario risultato in termini di prime preferenze.

di Enrico Terrinoni

da il Manifesto del 7 maggio 2022

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