La giustizia israeliana, il caso Corrie : “Incidente spiacevole”.

E’ arrivata pochi giorni  fa la sentenza del tribunale di Tel Aviv sul caso di Rachael Corrie, attivista internazionale filopalestinese  schiacciata da un bulldozer dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza nel 2003.
Il tribunale il 28 agosto scorso  si è espresso sostenendo che “non fu colpa dell’esercito” e ha negato così di fatto la negligenza dello Stato o dell’esercito di Tel Aviv.

Il giudizio del tribunale arriva  nove anni dopo che la famiglia dell’attivista si era presentata come parte civile accusando Israele di aver ucciso intenzionalmente e illegalmente Corrie e  di non aver condotto un’indagine credibile sui fatti.
I testimoni che sostengono che il bulldozer l’avesse vista e  non si sia fermato, sono infatti molti,  tra cui un testimone, Tom Dale, all’epoca diciottenne, ha dichiarato: «Il bulldozer avanzava lentamente. Quando lei è scivolata tutti noi abbiamo corso verso il bulldozer perché si fermasse, ma chi guidava ha proseguito».

Il giudice –  della corte distrettuale di Haifa, Oded Gershon, ha definito la morte della giovane attivista, “uno spiacevole incidente”, e ha respinto le accuse mosse dalla famiglia, affermando che “non ci sono giustificazioni per chiedere allo Stato di pagare i danni” e ha commentato che i soldati avevano fatto del loro meglio per allontanare le persone dal posto.
Il giudice ha aggiunto poi, che “Lei (Corrie) non si era allontanata dall’area, come qualsiasi persona avrebbe fatto”.

Rachael Corrie, americana, faceva parte di un gruppo di attivisti internazionali presenti in Palestina durante la seconda intifada, il gruppo tentava di impedire l’abbattimento di case palestinesi individuate e ritenute dall’esercito israeliano  appartenere a sospetti kamikaze a Rafah, frapponendosi tra i bulldozer e le case  facendo così da scudo umano con i propri corpi.
L’attivista proprio in quei giorni aveva denunciato in una serie di mail gli abusi dell’esercito durante le operazioni riferendo di come non si preoccupassero delle persone presenti all’interno delle case e  del mancato rispetto dei più elementari diritti umani.

I genitori dell’attivista erano presenti al momento della sentenza in tribunale e stanno  valutando un ricorso alla Corte Suprema israeliana.
La madre di Corrie ha dichiarato: «Siamo  profondamente addolorati e turbati da quello che abbiamo sentito», e ha aggiunto «Credo che sia stata una brutta giornata, non soltanto per la nostra famiglia, ma anche per i diritti umani, lo stato di diritto e Israele».

Arriva oggi invece la condanna della sentenza di Israele da parte di Hamas, una fonte ufficiale del movimento ha affermato: “Noi di Hamas condanniamo con fermezza l’ingiusta decisione sionista di assolvere degli assassini criminali. Noi consideriamo questa assoluzione un reato da aggiungere alla serie di altri di matrice razzista contro il popolo palestinese e i sostenitori della sua giusta causa”, e aggiungono “L’assoluzione rappresenta un disperato tentativo di scoraggiare gli attivisti e i sostenitori del popolo palestinese a continuare a lottare contro le politiche di occupazione e i piani criminali”.
Il movimento di resistenza islamica ha anche denunciato il silenzio della comunità internazionale e degli Stati Uniti su tale sentenza, e ha invitato le organizzazioni per i diritti umani e quelle umanitarie a perseguire i criminali di guerra sionisti per i loro crimini contro la terra e il popolo palestinesi.

Proprio in questi giorni al ponte di Re Hussein (valico di Karama), le autorità israeliane hanno bloccato l’ingresso in Cisgiordania della Campagna “Welcome to Palestine” (Benvenuti in Palestina), formata da un gruppo di 72 attivisti provenienti da vari Paesi arabi e occidentali, costringendoli a ritornare in Giordania.
Gli attivisti hanno poi cercato di avvicinarsi a piedi alla frontiera, ma sono stati scortati fino a ‘Amman dall’esercito giordano, che li ha attaccati, ferendo un francese.
Rami Abdu, direttore della European-Palestinian relations Council – Gaza, ha dichiarato che impedire a dei pacifisti l’ingresso in Cisgiordania attraverso il valico di Karama è una violazione e una restrizione della libertà di movimento cui i palestinesi in Cisgiordania sono quotidianamente esposti. E ha aggiunto: ”L’occupazione israeliana impedisce ogni anno a migliaia di palestinesi di spostarsi liberamente, e ora lo sta facendo con decine di attivisti”.

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