Lampedusa lo sa, non è un reato migrare

 

Strage-Lampedusa-anteprima-600x450-957058Siamo andati a Lampedusa, nel 2011 quando la notizia dell’arrivo di fiumi umani sull’isola di Lampedusa faceva il giro del mondo. Quando la notizia faceva notizia insomma.

Abbiamo assistito alla brutalità dei CIE, alla disumanità del nostro paese nei confronti di persone che rischiano tutto per costruire un futuro per sé e per i propri figli in Europa, dopo che l’Europa, senza retorica, ha affamato i loro paesi, finanziato le guerre civili,esportato armi e morte. Abbiamo assistito all’incapacità del nostro paese di garantire un’accoglienza degna di questo nome. Anzi, abbiamo assistito al divenire-business dell’accoglienza. Abbiamo assistito al bluff dell’emergenza Nord Africa, dell’inadeguatezza delle strutture, dell’umiliazione inflitta a migliaia di persone deportate nella penisola come pacchi, in barba ai diritti umani e al diritto d’asilo, pietra miliare dei trattati internazionali su cui sono fondate le democrazie europee.

Ieri Scicli, oggi Lampedusa, ma non solo. Ogni giorno, soprattutto nella stagione estiva centinaia di persone perdono la vita per raggiungere il nostro paese. Quasi mai sperando di restarci, sempre sognando di raggiungere un luogo in cui vivere sia concesso.

Vedere i corpi stesi sulla spiaggia siciliana e le immagini che raccontano di Lampedusa oggi non è sopportabile per chi da anni si batte per garantire il rispetto della persona, a maggior ragione se persona vulnerabile che attraversa il territorio in cui viviamo.

Ogni giorno parliamo grazie alle nostre associazioni con chi è riuscito ad arrivare nelle nostre città, nelle nostre fabbriche, nelle nostre strade. Sappiamo che l’intero viaggio che porta in Europa è rischioso per le vite di chi lo intraprende, fatto di tratta e di sfruttamento, così come la permanenza in Europa, una permanenza clandestina che arricchisce gli sfruttatori e ne aumenta giorno dopo giorno il potere, potere di annientare impunemente. Perché i migrati non muoiono solo in mare. I loro corpi, le loro vite e le loro storie per la nostra società non valgono nulla. Mai si legge sui giornali la testimonianza diretta di chi questi viaggi li intraprende, di chi arriva stremato, di chi vive clandestinamente nei paesi democratici del vecchio continente.

Questi corpi, queste vite, queste voci per i governi dell’austerità e del pugno di ferro non valgono nulla. Eppure i migranti sono oramai il traino delle economie nazionali europee martoriate da quelle stesse politiche di austerità.

La crisi economica rende tutti vulnerabili. Occhio per occhio, dente per dente. La guerra tra poveri, tra le generazioni domina la società dell’Impero Romano in declino. Non è sufficiente indignarsi per l’irresponsabilità e la spietatezza con cui viene governato il paese da chi siede in Parlamento. Non è sufficiente che con le nostre associazioni proviamo a “riparare” le falle di una politica migratoria e dell’accoglienza al collasso e che condanna a morte anche chi arriva qui, miracolosamente, ancora vivo.

Dobbiamo abolire la Legge Bossi-Fini e il reato di immigrazione, dobbiamo esigere trasparenza sulla gestione dell’accoglienza. Non è più rimandabile. Abbiamo delle proposte che vengono osteggiate solo perché non garantiscono un profitto immediato per chi vive lucrando sulla morte.

L’Europa della crisi, l’Europa della Merkel deve assumere la dimensione di queste tragedie e la responsabilità di costruire un’alternativa a queste morti senza senso e senza dignità. Il diritto d’asilo deve divenire norma Europea e non è più rimandabile l’apertura di uno o più corridoi umanitari nei confini a sud dell’Europa della finanza che conduca le persone che fuggono da situazioni invivibili, sane e salve altrove.

Questa tragedia poteva essere evitata e forse non basterà neanche questa ad impedire che la nostra società sia complice di questo crimine contro l’umanità.

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Una risposta a “Lampedusa lo sa, non è un reato migrare”

  1. RoberZ ha detto:

    – IMPENITENTI, IMPRUDENTI IMPUDICIZIE –

    Con riferimento alla straziante sciagura che ha visto morire in avvicinamento a Lampedusa centinaia di uomini, donne, bambini, scappati dalle condizioni di esistenza impossibile nella loro terra natia, Napolitano, rincarando addirittura l’espressione del Papa, ha aggiunto alla “vergogna” l’“orrore”.

    “In piena facoltà, egregio Presidente, Le scrivo la presente”, che non credo leggerà…
    Citazioni parafrasate a parte, a tal proposito mi permetto, in tutta modestia, di contraddirLa.

    Vergogna e orrore, signor Presidente, si sarebbero dovuti provare ben prima, proprio per gli effetti nefasti di leggi che poco, anzi nulla, hanno di umanitario e molto di liberticida, come quella che, ahinoi, portava il suo nome insieme con quello di un’altra parlamentare “progressista”, l’onorevole Turco, nonché per l’istituzione del reato di clandestinità, che criminalizza persone con l’unica colpa di tentare di vivere, nonché per il ripristino, a non molti decenni dalla sconfitta del nazifascismo, di lager quali CPT o CIE che dir si voglia, nonché per gli sconfinati interessi affaristici di multinazionali, oligopoli e cricche finanziarie che affamano interi Paesi, nonché per gli immani sperperi di denaro pubblico, ossia nostro, in spese militari e guerre “umanitarie” (mai ossimoro fu tanto beffardo) che uccidono più civili che soldati, ed esportazioni di democrazia come se fossero capitali in cerca “d’evasione”(sic!), ed operazioni di polizia internazionale in nome di non si sa chi, se non di un inesistente governo mondiale che di certo l’ONU non è, tutte fantasiose mistificazioni volte a rappezzare con foglie di fico i malcelati interessi economici di cui sopra.

    Occorre ancora rammentare che nell’indifferenza della parte di globo più ricca si sono purtroppo già compiute, e non da ieri, bensì da parecchio tempo, numerose tragedie come questa proprio al largo delle nostre coste, e in tal senso si potrebbe anche parlare in termini appropriati di stragi di Stato.
    Delle quali, peraltro, i mandanti hanno molti nomi, peculiarmente tra una casta di politicanti tutta intenta ad auto-riprodursi senza soluzione di continuità ed esclusivamente attenta nell’avvinghiarsi alle poltrone di comando, avendo smarrito ogni vocazione e funzione (se mai le avesse percepite come proprie) risolutrici di bisogni primari e disagi sociali.

    Non meno correi si potrebbero considerare illustri organi dell’informazione mainstream, che, con profusione d’impegno degno di miglior causa e con gran sfoggio di sfarzo magniloquente, si sforzano di assecondare gli appetiti (e le versioni di comodo) della governance, di classi abbienti padronali e, guarda caso alle volte la combinazione, magari pure dei loro referenti editoriali, tramite martellanti campagne-stampa tendenziosamente “preoccupate” di distorcere la preoccupazione dai problemi reali verso ossessioni securitarie, allo scopo di innescare solamente rivalità tra gli strati sociali deboli, consentendo così agli sfruttatori e speculatori di continuare tranquillamente a sopraffare.

    Senza infine voler far torto, in mezzo a tanta canea uni-sonante, e nulla togliere nel “merito”, naturalmente, ai due fieri mandanti sine ullo dubio più direttamente implicati, quell’accoppiata Bossi-Fini evocatrice delle peggiori forze xenofobe di “puro” stampo italiota.

    E però, di fronte a quest’ultimo (ennesimo) grave e drammatico evento, che ha coinvolto così tanti migranti, poveri innocenti in fuga dalla disperazione, tutti i contorsionisti dell’immagine, politici e non, appaiono comunque pronti, oggi, a stracciarsi le vesti in perfetto “crocodile style” dall’amaro sapore di farsa: orrendamente senza vergogna.

    Qualora, viceversa, le parole di riprovazione per l’accaduto, riportate con risalto su TV e carta stampata, fossero la sincera manifestazione di una reale volontà di cambiare lo stato di cose attuali, in senso quindi di rottura delle paranoiche demagogie di respingimento e controllo poliziesco, e di apertura a una vera cultura antirazzista (con il superamento della legge Bossi-Fini, la chiusura dei centri di detenzione, la creazione di corridoi umanitari che coinvolgano l’intera UE, l’approvazione dello “ius soli”…), quindi non si dimostrassero le solite, ipocrite, frasi di circostanza, ma facessero seguire ai proclami i fatti, mi dichiaro già fin d’ora disposto a fare ammenda, chiedendo venia per questa poco ortodossa filippica: una sana autocritica, d’altronde, è sempre costruttiva.

    Altrimenti, da parte dei soliti soloni, mâitre à penser, esponenti del Potere, sarebbe più pudico, inteso come eticamente corretto, risparmiarsi certe esternazioni paravento, soprattutto per il rispetto dovuto a chi queste tristi vicende le vive direttamente sulla propria pelle.

    Mentre a tutti noi non resta, al momento, ma magari pure una volta per tutte, che spegnere gli schermi televisivi, chiudere le pagine di tutta quella schiera di giornali sontuosamente e untuosamente asserviti, sdegnare completamente le gerarchie di partito con le loro consorterie, dimenticarsi del certificato elettorale e darsi il tempo di ragionare.
    Decisamente molto meglio, per riconquistare un po’ della nostra dimensione umana e un briciolo di dignità, soffermarsi lontano dal mistificatorio frastuono mediatico imperante e provare ad ascoltare finalmente in tutta onestà, e “in piena facoltà” (alias, autonomia), giusto come l’incipit della famosa canzone pacifista, le voci del dolore e le urla del silenzio che provengono anche da vicini lidi, e insieme ad esse i propri pensieri, e il proprio cuore.

    Con dissidente ossequio
    R*Z

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