“Mi piace schiacciare i bastardi”
Da più di 10 anni la CIA, il Pentagono e la National Security Agency stanno provando ad eliminare Julian Assange.
MA CHI E’?
Assange è un giornalista ed ex programmatore australiano nato nel 1971, emerso per la famigerata organizzazione WikiLeaks, istituita in Islanda nel 2006 allo scopo di diffondere documenti governativi di interesse pubblico protetti da interesse di Stato.
Parliamo di massacri di civili, torture, scandali finanziari e tutto ciò che non è dato farci sapere.
Ecco perché condannare Assange significa condannare quel giornalismo che ancora può considerarsi libero da manipolazioni politiche, divenuto ormai raro anche nel nostro Paese.
Con WikiLeaks, per la prima volta le persone hanno potuto aver accesso ad archivi secretati di Governi ed Aziende, perché con un sistema crittografico forniva protezione ad informatori che volevano denunciare abusi di qualsiasi tipo.
Il primo documento pubblicato da WikiLeaks si chiama Camp Delta Standard Operating Procedures, sulle torture fisiche e psicologiche subite dai detenuti a Guantanamo. 780 persone, di cui 150 erano completamente innocenti, venivano appesi nudi ad una trave del soffitto, tenuti svegli per giorni con l’acqua ghiacciata, sottoposti al waterboarding anche due o tre volte di seguito, picchiati, costretti alla fame e abusati sessualmente. Tra i torturati innocenti è emerso il caso di Mohamed Nasim, un agricoltore afghano analfabeta scambiato per un leader talebano che aveva il suo stesso nome e cognome.
Qui il documento integrale reso pubblico grazie al coraggio di WikiLeaks.
Questo primo documento ha scosso l’opinione pubblica ma non fino ad ottenere la chiusura di un luogo che non aveva nessun rispetto per le leggi internazionali e per i diritti più basilari dell’essere umano. Ad aiutare Bush nel giustificare queste pratiche e le pratiche utilizzate anche durante l’invasione dell’Iraq, ci sono infatti i media, capacissimi di ammorbidire le notizie in favore di un intervento che non ha nulla di giustificabile.
Al posto di torture, a Guantanamo come nella prigione di Abu Ghraib in Iraq, i giornalisti parlavano di interrogatori rafforzati. E quante volte abbiamo sentito parlare di “esportazione della democrazia”, “Guerra al terrore”, “lotta al terrorismo” in maniera talmente orwelliana che non si capiva più di quale paese invaso parlassero…
Nel 2010, anno in cui Assange pubblica il documento Iraq War Logs con prove di torture e omicidi di più di 200mila civili iracheni, l’intelligence americana definisce WiliLeaks una minaccia per la stabilità nazionale perché divulgatore di notizie false.
Un mese dopo WikiLeaks colpisce ancora, pubblicando il video Colletaral Murder, dove si vede un elicottero americano che macella 18 persone con munizioni da 30mm. Tra di loro anche due fotografi di Reuters e un padre con due bambini che si era fermato ad aiutare i primi feriti. Qui il video, è sconsigliata la visione alle persone sensibili.
Qualche anno dopo la pubblicazione, uno dei soldati americani presenti sul luogo dichiarò che le regole di ingaggio per andare in Iraq permettevano alle truppe statunitensi di neutralizzare chiunque percepissero come una minaccia. Duecentomila persone, anziani e bambini, morirono per un semplice sospetto.
L’informatore che diffuse questo materiale si chiamava Bradley Manning, ex soldato statunitense e oggi all’anagrafe Chelsea Manning a seguito di un cambio di identità sessuale. Chelsea diffuse, prima di essere scoperta, 260mila file governativi, molti dei quali sull’Afghanistan e sulle strategie per sterminare una popolazione e destabilizzare il paese.
Chelsea Manning, per aver provato a diffondere la verità, venne internata nella base di Quantico, in Virginia, e soltanto nel 2020 venne liberata, dopo aver tentato il suicidio. Ancora oggi è perseguitata dalla legge.
Sempre nel 2010 vennero resi pubblici gli Afghan War Logs. Nei file, scritti dagli stessi soldati americani, si menzionano addirittura le coordinate e l’ora esatta degli eventi, e cioè delle torture e dei massacri di centinaia di migliaia di vittime civili dal 2004 al 2010, anno delle pubblicazione.
Criticare l’assenza di etica, di umanità, di moralità, di rispetto per la vita di questi soldati e di chi li arma risulta quantomai inutile. Fa più effetto notare che la stampa ufficiale dei governi di diversi paesi, compreso l’Italia, non ha riportato quasi nulla di tutto ciò. Anzi, ha contribuito a indirizzare l’opinione pubblica solo ed esclusivamente sugli effetti di queste guerre in Occidente, criminalizzando i profughi e alimentando l’islamofobia e il rifiuto del diverso. Oltre che a nominare allo sfinimento la deleteria esportazione di democrazia nei paesi arabi.
I media (inglesi, svedese finanche a quelli italiani) si sono concentrati sulle presunte colpe di un uomo – Julian – e non sui crimini di guerra commessi dai Governi, e questo ha gettato un’onta sul significato di libera informazione in libere democrazie.
I giornalisti che si sono alzati in piedi di fianco alla battaglia per la verità di WikiLeaks si contano sulle dita di una mano sia nei tempi delle pubblicazioni che oggi, momento in cui Assange rischia la definitiva estradizione negli Stati Uniti.
Non c’è nulla di più lontano alla libertà di informazione e dal concetto di democrazia.
Assange fa in tempo a vedere la pubblicazione di CABLEGATE, una serie di messaggi crittografati tra diplomatici statunitensi nel mondo. Dell’Italia scrivevano che la nostra è “una democrazia dal guinzaglio corto”, descrivendo nei particolari le pressioni che i diplomatici USA facevano ai nostri governi.
Nel dicembre 2010 l’Interpol emana un mandato di cattura e Assange si consegna a Scotland Yard, per poi andare agli arresti domiciliari e rifugiarsi successivamente nell’Ambasciata dell’Ecuador per 7 anni come rifugiato politico. Il suo unico spazio vitale era una stanza di 30 metri quadrati. Fino al 2017, quando in Ecuador il premier socialista Correa viene sostituito dal filo-statunitense Lenin Moreno, che l’11 aprile 2019 permette a Scotland Yard di entrare nell’Ambasciata con abiti civili e trascinare via di peso Julian Assange.
Un uomo magro, con i capelli e la barba lunghi, distrutto dalla lunga persecuzioni fisica e psicologica intrapresa dagli Stati Uniti d’America si mostra ai media presenti, ma gli unici a pubblicare il video di questo vergognoso arresto di un richiedente asilo, è Ruptly, il canale russo.
Ad Assange viene revocato lo status di rifugiato e ora si trova nella prigione di Belmarsh in Inghilterra.
Pochi giorni fa, la Ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, ha ordinato l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange. Oggi Assange rischia di scontare in un carcere Usa una pesantissima condanna fino a 175 anni di carcere.
Un uomo che sta provando a dare giustizia alle migliaia di persone morte assassinate dall’esercito americano in Iraq e in Afghanistan, un uomo che vuole dar valore di nuovo al giornalismo libero dai ricatti politici e deciso, come dichiarava Assange quando gli hanno chiesto perché lo faceva, “a schiacciare i bastardi”.
LIBERTA’ PER JULIAN ASSANGE
NASSI LA RAGE
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