Sabra e Chatila: trent’anni di dolore e di memoria

Foto tratta da mostra fotografica di Laura Cusano

Sabra e Chatila sono ormai due quartieri della variegata e schizofrenica Beirut, capitale del Libano.

Come accade spesso, si gira un angolo e da un quartiere asfaltato, moderno, ordinato si passa più o meno improvvisamente a strade sterrate, condomini cadenti e bucherellati, galline, fili elettrici penzolanti.

 Un tempo, erano campi profughi palestinesi, nel quale risiedevano migliaia di persone. Oggi, sono quartieri periferici, a maggioranza palestinese ma non solo: rimangono dei ghetti, dei ghetti apparentemente aperti, delle prigioni senza muri, ma nelle quali, in realtà, continua a persistere marginalità e discriminazione.

 Trent’anni fa il massacro di Sabra e Chatila, sul quale sono stati scritti centinaia di libri, articoli, realizzati film e persino un cartone animato. Ogni anno, comitati di tutto il mondo si incontrano a Beirut per commemorare quella strage, celebrando legami di solidarietà con la popolazione palestinese tuttora imprigionata in Libano e bandita dalla propria terra, nel silenzio del mondo.

 Il massacro fu compiuto dall’esercito israeliano con la complicità delle falangi maronite, la fazione armata dei cristiani del Libano, parte attiva della guerra civile che contrappose diversi gruppi politico-relgiosi libanesi per circa vent’anni. Ai tempi il Libano era stato occupato dall’esercito israeliano, vigeva il caos di una guerra civile che vedeva coinvolti, e presenti nel paese, anche l’OLP palestinese e le truppe siriane, parti attive del conflitto: proprio durante quei giorni le forze OLP e israeliane stavano per fronteggiarsi in alcuni quartieri di Beirut adiacenti i campi palestinesi e per questo vi era una cospicua presenza di soldati internazionali (americani ed europei).

La tragedia accadde nonostante le negoziazioni portate avanti dalle parti in quel periodo, dalle garanzie dell’allora presidente Gemayel (maronita), che fu poi assassinato. Il suo omicidio fu la “scusa” più o meno ufficiale per il massacro, facilitato anche dal fatto che le truppe internazionali avevano abbandonato Beirut pochi giorni prima.

La strage iniziò il 16 settembre 1982 e terminò il 19, quando pochi e coraggiosi giornalisti ed operatori umanitari entrarono finalmente nel campo e si resero conto dell’orrore che era accaduto: centinaia di corpi straziati, esecuzioni di massa, violenze inaudite su donne e bambini. La stima ufficiale dei morti è ancora oggetto di dibattito ma si parla di almeno 700 civili (probabilmente di più) uccisi barbaramente.

 Da allora la memoria del massacro è rimasta viva, grazie all’impegno di molte associazioni tra cui l’italiana Un Ponte Per… e il Comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, fondata dall’italiano attivista Stefano Chiarini, morto qualche anno fa ma vivo nella memoria di molti e soprattutto nella gratitudine e rispetto dei palestinesi in Libano.

 La situazione dei palestinesi in Libano rimane ad oggi molto critica: mancano servizi, opportunità e possibilità di integrazione nella società. I palestinesi restano emarginati, esclusi, discriminati e forzatamente legati a logiche di assistenza, insufficiente e spesso mal gestita. Nonostante vi siano ormai immigrati palestinesi presenti nel paese da più di cinquant’anni, nonostante intere generazioni di palestinesi nascano e muoiano in Libano senza conoscere nessun’altra terra se non quella che li ha “ospitati”, la popolazione palestinese rimane politicamente non accettata, non gradita, e le ferite di questa dolorosa e atroce storia restano ad oggi più che mai aperte.

Per approfondire:

 http://sabraechatila.wordpress.com

 http://www.sirialibano.com/siria-2/16-settembre-1982.html

 

 

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