Sea-Watch 3: la nave salva vite lasciata alla deriva dal nuovo governo

Ripubblichiamo il comunicato stampa di Sea-Watch, una delle ONG impegnante nelle operazioni SAR nel Mediterraneo centrale:

 

Dodici corpi senza vita e quarantuno sopravvissuti ad un naufragio avvenuto martedì al largo della Libia sono bloccati su una nave militare statunitense da oltre 24 ore.

RICOSTRUZIONE EVENTI
Ieri intorno alle 12.30 gli uffici di Sea-Watch a Berlino ricevevano una mail di richiesta di supporto da parte di una nave della Marina statunitense “ICO USNS Trenton”, che comunica di essere coinvolta in un soccorso di un’imbarcazione capovolta con 41 persone in acqua e 12 corpi senza vita, a 20 miglia nautiche dalla costa libica. L’informazione è stata trasmessa da Berlino alla nave della ONG. L’assetto militare, dopo aver contattato la Guardia Costiera Italiana e libica, chiedeva a Sea-Watch (alle 13.43) la disponibilità a prestare assistenza attraverso il trasbordo di 41 persone di cui 4 donne e una incinta, mentre i 12 morti erano in corso di recupero dallo stesso equipaggio americano. Sea-Watch, unico mezzo di soccorso civile rimasto al momento nel Mediterraneo Centrale, dopo aver informato MRCC Roma (alle 14.15), annunciava di procedere verso la posizione della nave Americana,
nell’attesa di disposizioni da Roma e dallo stato di bandiera, che determinassero il tipo di assistenza da poter fornire. Pochi minuti dopo, MRCC Roma informava Sea-Watch di non essere coinvolta né di coordinare il caso in questione e di non essere dunque nella posizione di assegnare un porto sicuro in Italia a Sea-Watch. Sea-Watch inoltrava in seguito la comunicazione di Roma alla nave militare e informava di continuare a procedere verso la loro posizione. Conferma di avere spazio a bordo, cibo e coperte per i 41 sopravvissuti, tuttavia senza place of safety (POS) , Sea-Watch 3 non è nelle condizioni di effettuare un trasbordo.
Sea-Watch metteva in chiaro di essere pronta e disponibile a fornire l’assistenza richiesta e procedere al trasbordo, a condizione che le fosse assegnato un porto di sbarco ragionevolmente vicino, nel range di 340 miglia/36 ore di navigazione, perché sia logisticamente raggiungibile dalla Sea-Watch 3. La decisione del Capitano é legata alle presenti circostanze della nave Aquarius, in quel momento ancora alla deriva al largo di Malta con più di 600 persone a bordo, con il divieto di entrare in un porto italiano. L’avvio di una situazione simile a quella di Aquarius, comporterebbe la permanenza dei naufraghi a bordo per tempi indefiniti e l’impossibilità per Sea-Watch, da un punto di vista tecnico-logistico, di essere ingaggiata in una simile rotta.
La nave statunitense chiedeva a MRCC Roma di assegnare un porto sicuro a Sea-Watch 3, dicendo che la US Trenton non é in grado di dare adeguata assistenza ai sopravvissuti e necessita di procedere con le proprie mansioni.
Intorno alle 16.30 di ieri Sea-Watch incontrava la nave americana che nel frattempo aveva concluso le operazioni di soccorso e recupero e aveva proceduto a navigare in direzione della nave della ONG. In assetti trascorrono la notte vicini in attesa di istruzioni. Nel corso della mattina di oggi Sea-Watch chiede dettagli rispetto al soccorso e alla condizione dei sopravvissuti e offre la possibilità di dare assistenza impiegando il proprio personale medico. La nave  US Trenton sollecita aggiornamenti a MRCC Roma in merito all’assegnazione di un porto sicuro per SeaWatch.

Un aereo di sorveglianza della flotta di soccorso civile è attualmente operativo nella zona SAR per segnalare potenziali casi di emergenza e corpi di naufragio di ieri. Intanto la Sea-Watch 3 continua la sua attività di pattugliamento, accompagnata dalla nave da guerra statunitense. Nel frattempo, siamo ancora in attesa di istruzioni, poiché finora nessuno Stato si è assunto le proprie responsabilità. La nave Sea-Watch 3 è in queste ore l’unico dispositivo con una missione specifica di salvataggio nel Mediterraneo Centrale.

STATEMENT
Le 41 persone a bordo dell’assetto militare americano sono sopravvissute ad un naufragio che conta almeno 12 vittime, e non si conosce quanti dispersi: sono sopravvissuti a un evento fortemente traumatico e necessitano di essere portate a terra e ricevere supporto il prima possibile. È disumano trattenerle in mare più del necessario per via di un dibattito politico che sta decimando la presenza delle navi delle ONG, in mare con la chiara missione di salvare vite. Mentre un enorme dispiegamento di forze è impiegato per effettuare lo sbarco delle persone rimaste bloccate su Aquarius, si assiste a un’acuta e voluta mancanza di mezzi in un tratto di mare che è considerato il confine più letale al mondo, dove le persone continuano a morire. Il naufragio di ieri, infatti, dimostra una preoccupante mancanza di capacità di salvataggio in mare ed è evidente che, in assenza di vie sicure e legali verso
l’Europa, simili tragedie continueranno a verificarsi.
L’approccio adottato con Aquarius non è sostenibile. Lasciare così tanti giorni in più in mare le persone soccorse, percorrere 1400 Km per uno sbarco, è disumano, illogico e contrario al diritto internazionale marittimo che obbliga di procedere alle operazioni di soccorso e sbarco senza ritardo alcuno “without any delay”. Nel frattempo la Guardia Costiera italiana CP941 è stata autorizzata a sbarcare 932 persone e 2 cadaveri nel porto siciliano di Catania oggi, il che dimostra un diverso approccio adottato dal Governo italiano nei confronti delle ONG e degli assetti governativi.
Le navi non governative si sono assunte la responsabilità delle attività di ricerca e salvataggio sulla rotta migratoria più pericolosa del mondo cercando di colmare un vuoto istituzionale. Per contro, sono diventate il capro espiatorio del Governo italiano, che cerca di esercitare pressione sul resto dell’UE affinché condivida la responsabilità nei confronti delle persone soccorse nel Mediterraneo Centrale nell’ambito delle riforme delle politiche migratorie, compresa quella del regolamento Dublino III.
Sea-Watch ritiene che sia necessaria e urgente una maggiore assunzione e condivisione di responsabilità da parte dell’Unione Europea per ciò che riguarda il soccorso in mare, attraverso l’uso di navi Europee con chiaro mandato SAR e un’equa distribuzione delle persone sul territorio degli stati membri, oltre alla creazione di vie legali e sicure per la migrazione, che vada a ridurre il fenomeno del traffico di esseri umani e la presenza di persone in pericolo in mare.
“Queste sono questioni di terra, che è da irresponsabili disputare in mare, sulla pelle delle persone. Non può essere questo l’approccio di un’Italia che finora ha accolto ed è stata la prima volontaria in mare, con la propria Guardia Costiera e Marina militare che in questi anni hanno salvato decine e decine di migliaia di vite umane”, commenta la portavoce di Sea-Watch in Italia Giorgia Linardi. “E’ inaccettabile che persone che sono state letteralmente raccolte dall’acqua, che hanno visto i loro amici annegare, siano bloccate in mare senza un porto pronto ad accoglierle. Questa è una condanna schiacciante della politica dell’Unione Europea in materia di immigrazione. La disputa sulla distribuzione dei richiedenti asilo non deve essere condotta a spese delle persone in difficoltà in mare”, dice
Johannes Bayer, presidente di Sea-Watch e capo missione attualmente a bordo di Sea-Watch 3. “Esortiamo i governi europei a trovare rapidamente una soluzione a questa umiliante tragedia, sbloccando questo limbo disumano in cui si stanno lasciando le persone in fuga dall’inferno libico.”
Concludono Bayer e Linardi. Sea-Watch denuncia con forza il fatto che ancora una volta persone in difficoltà in mare siano tenute in un limbo diplomatico.

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