25 aprile – Un parco dedicato a Onorina Brambilla, nome di battaglia Sandra
Nella giornata di ieri, caratterizzata da centinaia di persone che, ognuna a suo modo, in una città in preda ai divieti e al furore poliziesco, hanno tentato di onorare al meglio il 25 aprile portando fiori alle lapidi partigiane in giro per la città DeGenerAzione ha deciso di dedicare un parco della città a Onorina Brambilla, nome di battaglia Sandra, combattente partigiana e moglie dell’altrettanto noto Giovanni Pesce, nome di battaglia Visone, capo dei Gap sia a Torino che Milano.
Ecco il comunicato:
RESISTENZA!
Il mio nome di battaglia era Sandra. Lo avevo scelto senza un motivo particolare, mi piaceva, ecco tutto, al contrario del mio vero nome, Onorina.”
Onorina Brambilla fu partigiana attiva a Milano ed esempio di coraggio e impegno nella lotta contro il nazifascismo.
“Nel settembre del ’43 ero entrata a far parte dei Gruppi di difesa della donna, un’organizzazione femminile che si occupava di raccogliere denaro, cibo, vestiti e tutto ciò che potesse servire ai partigiani; quindi nel maggio del ’44, avevo chiesto di potermi unire alle formazioni combattenti che agivano in città, i Gap, i Gruppi di azione patriottica.
Fui catturata il pomeriggio del 12 settembre 1944, tradita da un partigiano passato al nemico.”La sua testimonianza viene raccontata da lei stessa nel libro autobiografico “il pane bianco” dove racconta la Resistenza con gli occhi di chi dell’occupazione nazifascista, della guerra, della fame e della miseria non solo era stufa ma ne faceva un fatto politico.
Onorina come le altre partigiane e gli altri partigiani non erano delle eroine e degli eroi, erano persone come lo siamo noi tutte e noi tutti con le loro paure e i loro sogni, chi con ideali rivoluzionari, chi solo stufo o stufa della guerra.
Ciò che hanno fatto è stato usare i loro corpi per opporsi al Nazifascismo, opporsi a una dittatura, a una guerra e a un sistema che li voleva docili, sottomessi e indifferenti alla violenza.Onorina era una di queste persone, una di noi, che ha fatto del suo corpo un’arma politica.
“C’erano le rappresaglie, ma che cosa avremmo dovuto fare? Smettere di lottare? In ogni caso, i nazifascisti non avrebbero cessato di fare quello che facevano. (…) Le torture, le fucilazione e le deportazioni per motivi “razziali” e politici erano quotidiane. (…) Era dura colpire, ma non potevamo stare troppo a piagnucolare. Dovevamo essere determinati. Si dovevano vincere due cose, la pietà e la paura, perché altrimenti il rischio era di non combinare niente. Non sapevamo se il popolo fosse o no con noi, eravamo clandestini, troppo isolati per sentire il polso della gente. Ma sapevamo di sicuro che erano tutti stufi della guerra, e quindi del fascismo.”
Ricordare Onorina come tutte e tutti coloro che hanno partecipato alla Resistenza è un atto politico, significa schierarsi con i nostri corpi contro un sistema che ancora oggi ci opprime seppur in forme e modi differenti.
È importante ricordare perché solo l’esperienza del passato ci permette di combattere i soprusi, le ingiustizie e le oppressioni di oggi che ritroviamo sotto nuove forme.
Stiamo parlando delle ingiustizie e discriminazioni sul posto di lavoro, della violenza di genere e della violenza maschile contro le donne, parliamo di sfruttamento delle persone, dei lager di Stato per migranti*, del pianeta e degli altri esseri animali.
Solo usando i nostri corpi politici e unendoci, possiamo cambiare tutto questo.
Alle partigiane e ai partigiani di ieri e di oggi.
DeGenerAzione
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