Dall’8 marzo milanese al 30 marzo a Verona

Milano, Roma, Napoli, Torino, per citare le piazze più numerose. Una marea determinata, giocosa, agguerrita, danzante, urlante, combattiva e resistente ha inondato l’8 marzo le strade delle città italiane.
Un movimento non solo nazionale, ma internazionale. Un movimento che da tre anni a questa parte ha deciso di riaffermare con forza il carattere di lotta della giornata dell’8 marzo, nata in quei primi decenni del secolo scorso da un clima di fermento che attraversava il mondo dalla Russia ancora zarista agli Stati uniti del primo liberismo industriale.

Un movimento che ha deciso di rispondere ad un attacco feroce contro le donne e gli altri sessi o generi discriminati. Un attacco che si dispiega su tutti i fronti, da quello istituzionale a quello sociale, dal pubblico al privato.

La situazione è grave, basti pensare a quello che sta succedendo in Italia.
Ddl Pillon, limitazione del diritto all’aborto a causa dell’obiezione di coscienza, tempeste emotive circa le violenze domestiche o i femminicidi, sfruttamento del lavoro femminile dato dall’enorme differenza salariale, il lavoro di cura strutturalmente e storicamente affibbiato alla donna e mai retribuito, la realtà per cui oggi il lavoro di cura nelle famiglie di classe medio alta è affidato alle donne razzializzate, spesso senza tutele e senza uno stipendio dignitoso, l’ostruzionismo alla laicità dei centri antiviolenza e dei consultori, le mozioni presentate nelle giunte comunali dal carattere catto-fascista.

Per questo l’8 marzo abbiamo scioperato contro la mentalità economica, violenta e oppressiva che si insinua nelle nostre vite e nei nostri corpi. Abbiamo scelto lo sciopero come strumento di autodeterminazione, di riappropriazione della nostra dignità e dei nostri corpi, contro chi ci vuole donne sottomesse, gay da raddrizzare, lesbiche da stuprare, madri predestinate, inconsapevoli consumatrici e molto altro. Uno sciopero rivoluzionario perchè sfonda le barriere tra pubblico e privato, fa emergere il sommerso mondo del lavoro riproduttivo, legandolo a quello produttivo. Uno sciopero politico oltre che sindacale.
E ancora, uno sciopero dai consumi, per rivendicare il titolo di “essere umano” prima di “consumatrice/consumatore”. Sovvertire i grandi marchi, le multinazionali che ci impongono biografie di sfruttamento e oppressione e che mercificano i nostri corpi.
Uno sciopero per costruire reti di solidarietà per un mondo e una rivoluzione transfemminista.
Uno sciopero perché, se le nostre vite non valgono, insieme blocchiamo il Paese.

Una piazza eterogenea, dalle studentesse medie e universitarie alle lavoratrici e lavoratori in lotta, dalle persone migranti che verranno colpite dalla legge Salvini alle persone discriminate lgbtqia+, dalle operatrici sociali e le mogli dei facchini impegnate in lotte sindacali, sino alle madri che hanno potuto partecipare la mattina e la sera grazie alla sostituzione nel lavoro di cura dei figli che spesso le allontanano da altre dimensioni sociali.

Si può dire che questo 8 marzo 2019 sia stato il più partecipato e anche il più determinato. Dalle compagne torinesi che sfondano il cordone di polizia agli interventi incazzati dal furgone di Milano, fino alle azioni dirompenti e incisive della sera nella piazza meneghina. Esemplare quella che ha visto un Montanelli stupratore imbrattato di rosa: un solo semplice gesto che ha svelato tutto il carattere contraddittorio di questa “itaglietta”, tra moralismo e incapacità di problematizzare la violenza come fenomeno che ci attraversa dai tempi del colonialismo a oggi, in cui non solo un relazionarsi che potremmo definire neocolonialista è tutt’ora attuale, e il riuscire a vederci parte della società per quella che è, ossia violenta, insultante, prevaricante, stupratrice e discriminante, una società da cui l’itaGliano medio si chiama fuori, si innalza e con sé innalza coloro che non possono essere messi in discussione, ossia maschi bianchi, etero, occidentali e di buona classe sociale, proprio come Montanelli.

Una giornata memorabile in cui la lotta a livello nazionale si è intrecciata con quello internazionale delle donne in Siria del Nord e dell’Est, delle attiviste Afghane, delle donne argentine e delle zapatiste che hanno annunciato il loro ritorno alla “guerra” perché costrette a combattere contro il patriarcato coloniale, delle donne palestinesi, oggi limitate dall’affermarsi del doppio patriarcato dato dall’occupazione e dalla società assediata e quindi sempre più chiusa…

Una giornata rivoluzionaria, perché di questo parla la lotta di genere, di una rivoluzione da mettere in atto partendo da sé stessi e sé stesse, perché le maglie del capitalismo e del patriarcato, che sia compiuto o meno, sono in ognuno e ognuna di noi.
Una rivoluzione che pone in essere il ribaltamento dello status quo mentre porta avanti la battaglia per una giustizia sociale condivisa e scevra da razzismi o neofascismi.

I femminismi vanno in scena e portano in piazza centinaia di migliaia di persone. La Forza delle donne invade il grigiore del quotidiano, però…

La debolezza dei privilegiati si è espressa nel silenzio mediatico, un silenzio apparso ancora più evidente a fronte del grande eco che hanno avuto le altre manifestazioni che hanno caratterizzato queste settimane di lotta, come quelle contro il DL Salvini e contro il cambiamento climatico, che per altro sosteniamo e movimentiamo.
Lo squilibrio nella volontà di raccontare, diffondere e allargare il processo in atto è segno di un’evidente desiderio di repressione e oppressione di questa marea, di quanto ancora i mezzi di comunicazione e informazione siano manipolati perché la perdita di privilegi fa paura e il sovvertimento dello status quo, anche.
Un silenzio che definiremmo imbarazzante, quasi un’omissione di verità.

Sapevamo di essere ostacolate e sappiamo che lo saremo ancora, per questo scenderemo in piazza sempre più numerose e incazzate.
Ci siamo riprese gli spazi pubblici in un’ottica intersezionale e inclusiva, con la volontà di fare rete e andare oltre la singola giornata e far si che lotto marzo, per ogni singola persona discriminata, violata, umiliata, uccisa, molestata, razzializzata, per il sesso e il genere, sia davvero tutti i giorni.

Non ci fermiamo e rilanciamo a gran voce invitando tutte e tutti al corteo di sabato 30 marzo che si terrà a Verona, un corteo organizzato per opporci all’evento di tre giorni sulla “famiglia” a cui prenderanno parte nazisti, fascisti e estremisti religiosi, personaggi istituzionali e non, e per ribadire che non staremo buone e tranquille a guardare mentre diritti e libertà vengono continuamente messe sotto attacco e che il Medioevo è passato da un bel pezzo mentre Noi siamo il futuro.

De Gerner Azione

* pic by NonUnaDiMeno Milano

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