Milano, la solidarietà chiede il conto
«Siamo dei sopravvissuti, sopravvissuti al Covid e sopravvissuti a Fontana e Gallera» urla commossa al microfono una ragazza arrivata da Bergamo. «Mai più! Mai più! Cacciamoli». Cacciamoli è anche l’enorme scritta lasciata sull’asfalto dagli oltre duemila manifestanti che hanno partecipato al presidio fuori dal palazzo della Regione Lombardia. La piazza più giovane e radicale, con le Brigate volontarie per l’emergenza, i centri sociali, l’area di Milano in Movimento, qualche studente di Fridays For Future, un po’ di sindacalismo di base, i lavoratori dello spettacolo.
Sono stati i giovani delle Brigate i veri protagonisti, ragazzi e ragazze che in questi tre mesi hanno consegnato spesa e pacchi alimentari a migliaia di milanesi in difficoltà e che nel loro lavoro hanno incrociato la sofferenza di chi è stato colpito dal virus e dalla crisi economica. «Abbiamo fatto un lavoro che ci ha messo a contatto con la realtà di Milano, una realtà dura a dispetto di come viene solitamente raccontata» racconta Layla Sit Aboha della Brigata Lena-Modotti di zona 2. «Abbiamo visto nuovo poveri di ogni età e provenienza geografica. All’inizio facevamo solo la spesa a domicilio, ma da aprile le stesse persone ci hanno chiesto un pacco alimentare. È il segno della crisi e della fatica a mettere insieme i soldi per una vita decente. La cassa integrazione non arriva, tanti hanno perso il posto di lavoro, il panorama è grave. Noi facciamo quello che possiamo, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti e le istituzioni devono farsi carico di questa situazione».
Il pomeriggio fuori dal palazzo della Regione è iniziato con un teatrale processo popolare alla gestione sanitaria lombarda della crisi Covid. Un ragazzo e una ragazza hanno letto e interpretato un dettagliato resoconto dei tre mesi e mezzo appena passati, ordinanza per ordinanza, fatto per fato, luogo per luogo. «La lista delle colpe è lunghe, dai tamponi, alla mancata zona rossa nella bergamasca, alle Rsa, alle pressioni di Confindustria». Dalla piazza più volte si è alzato forte l’urlo «cacciamoli». Dal camion poi musica e interventi di vita ai tempi del Covid: gli infermieri precari, gli studenti alla loro prima esperienza politica, gli attivisti che si sono mossi in questi mesi tra autogestione e rapporto con le istituzioni milanesi. E ancora persone che si sono ammalate, che hanno perso una persona cara, che si sono sentite abbandonate dalle istituzioni lombarde nel momento del bisogno. Non c’è stato solo il tema della sanità nelle parole di chi è intervenuto, ma anche diritti, scuola, giustizia climatica. «Dovrebbero essercene dieci di piazze così, altroché due» dice un signore un po’ più in la con l’età rispetto alla media degli altri manifestanti. «Dovremmo circondare questo palazzo con tante manifestazioni diverse».
Nelle stesse ore a poche centinaia di metri di distanza sfilava anche un altro corteo dell’area anticapitalista Tilt con il messaggio: «non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità era il problema». 200 persone che hanno percorso via Padova controllate da un ingente schieramento di polizia. Anche il presidio in piazza Lombardia ad un certo punto è diventato un corteo che ha girato attorno al palazzo del potere politico lombardo, dove sono state accese decine di torce. La promessa a fine giornata è quella di non lasciare che quanto successo passi nel dimenticatoio e che la politica si autoassolva.
di Roberto Maggioni
da il Manifesto del 21 giugno 2020
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Una gestione vergognosa di cui sono stati vittime molti innocenti. La sanità deve essere pubblica e non privata