Decreto Salvini: le società sportive scendono in campo, tra i promotori anche il St. Ambroeus

Anche lo sport popolare e indipendente scende in campo: UNITI CONTRO IL GOVERNO, IL RAZZISMO E IL DECRETO SALVINI”.

Le così dette “buone pratiche di accoglienza”, l’inserimento attivo nel tessuto sociale e i percorsi di emancipazione dei quali sia chi migra che chi accoglie hanno bisogno per il modellamento di una società sostenibile, devono partire proprio da quegli aspetti che caratterizzano la nostra quotidianità. Tra essi, è innegabile che lo sport possa giocare un ruolo fondamentale grazie all’universalità del suo linguaggio.

Lo sport popolare da sempre si fa carico di provare a trasformare questa idea in pratica, tentando di veicolare esempi di attività sportiva che possa dirsi inclusiva in ogni suo aspetto.

Solo un anno fa queste stesse realtà vincevano una campagna di enorme portata che, partendo da un dato di realtà, è riuscita a cambiare il regolamento di accesso ai campionati federali di calcio. La campagna “We Want to Play” ha infatti permesso a tanti ragazzi e ragazze richiedenti asilo di potersi tesserare nei campionati federali di tutta Italia. Inutile sottolineare il significato di un cambiamento così banale per la qualità della vita di queste persone.

Nel corso degli anni ci siamo resi conto che ciò che stavamo facendo funzionava e poteva rappresentare una strada da seguire per provare a portare un cambiamento reale a una società la cui espressione istituzionale si trovava e si trova sempre più distaccata dalla realtà storica che la sta attraversando.

A ennesima dimostrazione, appare evidente come il decreto Salvini vada a colpire, dentro e fuori dai campi da gioco, i protagonisti di questo cambiamento.

Inerentemente alla pratica sportiva, l’Articolo 13 del decreto, prevede che i richiedenti asilo non possano iscriversi all’anagrafe e, di conseguenza, ottenere la residenza. Dato che allo stesso tempo anche le Cooperative hanno smesso di firmare le autocertificazioni di residenza, diventerà praticamente impossibile per un richiedente asilo iscriversi ai campionati federali.

Sempre rimanendo in area sportiva, l’Articolo 20 prevede un’estensione dell’ambito di operatività del Daspo Sportivo previsto per manifestazioni sportive dall’Articolo 6 della legge 3 Dicembre 1989 n.401. Tale estensione conferisce al questore il potere di proibire l’accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive anche a soggetti denunciati a piede libero o destinatari di una condanna non definitiva. Da sottolineare inoltre come un soggetto possa essere giudicato pericoloso per la sicurezza delle manifestazioni sportive e quindi soggetto a Daspo, nonostante una possibile irrilevanza penale dei comportamenti per cui viene incriminato. Il decreto infatti soprassiede sul rilevamento causale anche in contesti in cui inneggiamento e incitamento alla violenza possono assumere un ruolo rafforzativo nell’altrui proposito criminoso.

Al di là dell’ambito puramente sportivo, tutti noi stiamo provando a comprendere a fondo un decreto assurdo nella sua miopia e fin troppo famigliare ad alcune logiche che richiamano a un periodo molto buio della nostra storia.

L’Estensione del trattenimento nei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) fino a un massimo di 180 giorni (ora sono 90), la revoca o il diniego della protezione internazionale o della protezione sussidiaria per lo status di rifugiato e la possibilità di revoca della cittadinanza o l’assurdo e oneroso percorso a ostacoli necessario intraprendere per ottenerla, scavano il tracciato per un strada che non solo contribuirà ad aumentare la distanza che, giocando con la vita e il futuro di migliaia di persone,  separa  “noi, gli italiani, e chi è con noi” da “loro e chi è con loro” ma che rischia anche di ottenere un risultato opposto a quello dichiarato, portando all’inevitabile incremento della presenza di irregolari sul territorio che, a seguito dell’aumento dei rigetti della chiesta protezione e a seguito dell’aumento dei provvedimenti di respingimento/espulsione – la maggior parte dei quali non eseguibili- non potranno né essere rimpatriati né più “monitorati”.

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