Abbiategrasso: città slow e fiere del buon gusto con un consiglio comunale scandaloso
ABBIATEGRASSO
Giovedì 18 aprile il consiglio comunale ha palesato lo stato politico, sociale e culturale della ridente cittadina alla periferia sud-ovest di Milano.
Abbiategrasso affonda sulla fondazione. La grande coalizione abbiatense pd-pdl si chiude compatta a difendere l’indifendibile mentre tanti cittadini perdono il reddito e rischiano di perdere la casa. Sempre di piu’.
Tutto viene a galla, mentre il Titanic degli interessi di pochi rischia di affondare di fronte all’evidenza.
5-6-7 milioni di euro spesi in 7 – 8 anni per non costruire nulla, non difendere il territorio, non valorizzare le specificità territoriali e agricole .
Solo marchi e pubblicità.
Stipendi ai soliti noti (ex assessori , giornalisti amici degli amici ad esempio).
Tutto questo viene vergognosamente palesato in consiglio comunale.
Quando tutto questo si contestualizza e viene spiegato molto bene dalla consigliera Alice Boni e dal consigliere Domenico Finiguerra della lista civica Cambiamo Abbiategarsso li si interrompe dicendo che bisogna stare nei 3 minuti – quando gli altri consiglieri hanno parlato per 7 -8 minuti elogiando l’operato dei loro amici di partito e lista inseriti da anni ai vertici della Fondazione . Quando i cittadini si indignano per questi comportamenti il Presidente del Consiglio Comunale chiama le forze dell’ordine…ormai decine di anni di interessi trasversali sono stati messi bene in evidenza e questo infastidisce parecchio quei pochi che gestiscono cascate di denaro e la città…
Poi si propone la retorica antimafia…
Di seguito l’intervento di Alice Boni in Consiglio Comunale frutto di un lavoro collettivo e partecipato con un gruppo di lavoro di cittadini Abbiatensi
Con questa mozione stiamo proponendo di destinare i fondi della fondazione per la promozione dell’abbiatense su capitoli di bilancio in forte tensione come quelli sociali.
Non è solo il parere negativo della corte dei conti che ci induce a prendere questa decisione.
Sono almeno due i fattori che ci hanno spinto in questa direzione: da una parte la necessità di fare una valutazione della Fondazione come modello operativo e di promozione del territorio dopo ormai più di dieci anni di attività; dall’altra (e soprattutto) la necessità, sempre più urgente, di affrontare una situazione sociale ed economica critica e potenzialmente in peggioramento.
Tornando alla Fondazione che ricordiamo in questi dieci anni è sempre stata finanziata attraverso le casse comunali senza una reale, vera, concreta e oggettiva valutazione dell’impatto delle sue attività sul territori, e con riferimento anche alla particolare congiuntura economica, ci siamo chiesti se la Fondazione in questi anni abbia contribuito, in virtù della sua missione (contribuire allo sviluppo economico) a:
1. Aumentare l’occupazione
2. Promuovere la diffusione di economie sostenibili e rispettose del territorio
3. Promuovere politiche coerenti con i marchi slow e di conseguenza di salvaguardia e valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti
4. Aumentare la sensibilità nei confronti di un modello di sviluppo rispettoso del territorio, delle sue risorse agricole e ambientali
5. Aiutare l’economia agricola locale
Le risposte a queste domande crediamo siano sotto gli occhi di tutti. Tutte le medaglie mostrate sono medaglie di rappresentanza, istituzionali che poco hanno a che fare con i dati sull’occupazione e sull’economia reale.
Posti di lavoro non ne sono stati creati, nemmeno a partire dalle persone che nella Fondazione lavorano in veste di direttori, consulenti e collaboratori, alcuni dei quali percepiscono già un altro stipendio, arrivando quindi, con quello della fondazione, a due stipendi.
Politiche coerenti (di questo non se ne parla mai) non ne sono state fatte: non è nato un assessorato all’agricoltura, non sono stati depennati progetti infrastrutturali residenziali e commerciali dal pgt che di fatto minacciano la possibiltià di mantenere una vocazione economica agricola.
Nel merito di città slow e abbiategusto, delle quali non si può non parlare affrontando il tema fondazione, essi sono stati utili strumenti di promozione delle politiche di marketing territoriali secondo un modello di sviluppo desueto che semmai ha avuto in passato, come ricaduta, quella di aumentare i prezzi delle abitazioni.
Abbiategrasso è città slow da 6-7 anni. In questi anni poco è stato fatto per valorizzare gli agricoltori e difendere il territorio da infrastrutture e cementificazioni, veri problemi del territorio che producono povertà sociale, culturale e economica.
Abbiategusto purtroppo non ha prodotto in questi anni forme di coproduzione, sinergie nel territorio e valorizzazione delle aziende locali.
Non si capisce con quali criteri si siano spesi 60/70 mila euro per fare la fiera. Una fiera nella quale si registra un giro di produttori monolitico e che fa sorgere spontanee due domande: chi sceglie i produttori? E secondo quali criteri?
E poi il pagamento caro degli stand per partecipare.
Che cosa rappresentano oggi slow food e città slow?
Questi marchi non rappresentano modelli di sviluppo sostenibili, nè scenari economici altri. Questi brand sono ormai oggetti al servizio della politica. Non sono marchi che contraddistinguono il territorio e che nascono dal territorio, li importiamo da altrove e insieme a loro importiamo i Petrini, i Farinetti e gli Eataly: i maggiori sponsor di Renzi.
Slow food e Città slow ormai sono messe in discussione su scala nazionale e internazionale da tanti agricoltori e dai cittadini che non possono accedere ai prodotti marchiati con la lumachina.
Slow food è il marchio di una macchina gigantesca che ha costruito soprattutto un discorso enogastronomico elitario, di nicchia che promuove prodotti a prezzi altissimi.
Sull’expo tanto per fare un esempio Petrini ha fatto credere, attraverso la sua presenza riconosciuta mondialmente, che ci sarebbe stata un’expo green e social. Un’expo, ricordiamolo, ad oggi zeppa di malevole infiltrazioni, poco trasparente nella gestione dei tanti appalti indetti per erigerla, poco chiara nella gestione contrattuale di chi, fisicamente, l’expo dei popoli la sta costruendo: il popolo, mal pagato e
poco protetto.
Un’expo che sta portando milioni di metri cubi di cemento a milano, oltre che grandi giri di affari e dove soprattutto l’agricoltura periurbana di Milano ha visto poco e niente.
Cosa proporre alla Fondazione al posto di questi finanziamenti dunque?
· che si impegni a trovare altre fonti di finanziamento per esempio partecipando a bandi europei
· che investa su persone motivate e competenti
· che sia di supporto e da volano per le aziende agricole locali sensibilizzando l’amministrazione con politiche coerenti
· che valorizzi le risorse locali
· che diventi occasione di vera di occupazione
· che non rappresenti più il secondo lavoro di coloro che un lavoro o uno stipendio, o una pensione, l’hanno già
Cosa fare dei 300mila euro?
Sono in tanti ad Abbiategrasso con problemi di casa e di reddito e in prospettiva saranno sempre di più. C’è un blocco sociale che si sta incontrando/confrontando su questi temi. Bisogna spendere questi soldi per sviluppare interventi virtuosi che vadano incontro a questi bisogni…
Chiediamo quindi che una parte di questi 300 mila euro siano indirizzati verso progetti sociali, per esempio di microcredito, che promuovano la nascita di piccole attività economiche legate alla valorizzazione del territorio, dei prodotti locali, dell’agricoltura, che promuovano la voglia e il desiderio delle persone di lavorare e di costruirsi un’opportunità lavorativa.
Chiediamo non solo di mettere a disposizione risorse per tamponare situazioni di difficoltà economica in una logica puramente assistenziale ma necessaria. Bensì chiediamo che una parte di questi 300 mila euro venga davvero investita per creare opportunità di lavoro e “sviluppo economico”.
Questa mozione può essere un’occasione per rispondere ai bisogni sociali emersi in questa particolare congiuntura economica e per valorizzare le risorse, le passioni, la volontà di chi cerca un lavoro e non lo trova all’insegna della valorizzazione del territorio.