[DallaRete] Larghe intese, Coop e Cl assieme al governo e negli appalti Expo
Articolo originariamente pubblicato il 26 Febbraio:
Per la prima volta l‘Alleanza delle cooperative (fusione tra coop rosse e bianche) e la Compagnia delle Opere hanno i propri uomini di punta contemporaneamente nell’esecutivo. Le due organizzazioni “di riferimento” hanno un giro d’affari che si aggira sui 200 milioni di euro, e sulla piazza milanese si contendono (o si dividono) i grandi appalti. Il tutto avviene proprio nel pieno della partita dei lavori per la grande kermesse dell’Expo 2015: 11,8 miliardi di investimenti complessivi, 1,7 per le infrastrutture necessarie, 1,2 miliardi di costi di gestione.
Mentre l’opinione pubblica si accanisce sugli skill di Marianna Madia, c’è un ambo di nuovi ministri che nessuno si sarebbe giocato, e che siedono idealmente su di un giro d’affari superiore a 200 miliardi di euro: è quello composto da Maurizio Lupi, confermato alle Infrastrutture, e Giuliano Poletti, nominato con sorpresa di molti e grande smacco di Silvio Berlusconi – immaginate la reazione del suo grande elettore Bernardo Caprotti – al Lavoro.
Al netto dello spericolato conflitto d’interesse – può stare il massimo dirigente cooperativo del Paese sulla poltrona del welfare? – il dato è che per la prima volta Legacoop e Compagnia delle Opere hanno i propri uomini di punta contemporaneamente nell’esecutivo.
Rumor di Palazzo Chigi dicono che Matteo Renzi intendesse dirottare Lupi su di un altro dicastero: la conferma suona infatti come un laissez faire all’egemonia esercitata da Comunione e Liberazione sull’Expo 2015. In realtà gli equilibri politici in Lombardia sono radicalmente cambiati dopo la nomina a governatore di Roberto Maroni, e il sistema-Cdo per la prima volta dopo vent’anni sembra sul punto di segnare il passo.
Cl è già di fatto fuori dalle poltrone di controllo di Expo Spa, che è partecipata al 40% del ministero dell’Economia, al 20% della Regione Lombardia e Comune di Milano, al 10% della Provincia e da Confcommercio. E ora rischia di perdere il controllo sulla stazione appaltante pubblica di diritto privato di Expo, Infrastrutture Lombarde, guidata sino a gennaio da Antonio Rognoni. Il direttore generale di Inftrastrruture Lombarde spa, vicinissimo a Roberto Formigoni – come lo è d’altronde il commissario unico per l’evento del 2015, Giuseppe Sala – è stato infatti costretto alle dimissioni dall’indagine realizzata in Regione, indagine da cui la holding, che ha ricavi per 150 milioni di euro l’anno, è uscita a pezzi, in particolare per ciò che concerne retribuzione e benefit dei massi dirigenti.
Maroni deve ancora sostituire ufficialmente Rognoni, ma intanto è riuscito in una sola mossa a spezzare la cinghia di trasmissione tra ministero delle Infrastrutture e gli appalti che contano in Lombardia. A quel punto, per Lupi, che mira a utilizzare il trampolino di lancio di Expo per diventare sindaco di Milano – possibilmente nel nuovo assetto di città metropolitana – nel 2016, la mossa è stata obbligata: senza la riconferma sulla poltrona di via Nomentana rischiava di perdere tutta la posta in gioco, per sé e per Cl: Expo e i suoi appalti, Milano e ancor di più un monte investimenti a disposizione del suo dicastero che nel prossimo triennio sarà di 11,5 miliardi di euro, a cui si aggiungono 9,3 miliardi di trasferimenti alle imprese.
Dentro lui, Renzi e Delrio hanno pensato di cooptare al governo anche Poletti. Per molti versi la scelta non è altro che la presa d’atto della fine di una “guerra” che nei fatti è terminata da anni. Oggi Legacoop e Confcooperative, eredi rispettivamente delle coop “rosse” e “bianche” siedono assieme nell’Alleanza delle Cooperative, assieme alla “terzista” Agci. La desistenza può forse indignare quanti ricordano le lotte senza quartiere del dopoguerra, ma è inscritta in dati che parlano complessivamente di 43mila imprese associate all’Alleanza, 1 milione e 200mila occupati, 12 milioni di soci, 140 miliardi di euro di fatturato realizzati, un valore sul Pil dell’8%, a cui si aggiunge la raccolte delle banche di credito cooperativo, che è di 157 miliardi (tramite il 13,4% degli sportelli esistenti del Paese). E ancora: il 34% della distribuzione e del consumo al dettaglio, il 35% della produzione agroalimentare, il 90% della cooperazione impegnata nel welfare, con servizi erogati a circa 7 milioni di italiani. Numeri alla luce dei quali Poletti è obbiettivamente un ministro di fatto, anche senza comparire nella squadra di governo. Legacoop è però spesso stata accusata di non avere peso politico, anche quando dopo aver visto fallire il sogno di “avere una banca” la galassia delle cooperative rosse è riuscita a finalizzare acquisizioni che sembravano impossibili, da Manuntencoop che compera Pirelli Facility Management a Granarolo che ingloba Yomo.
Per Cl il discorso è se possibile l’opposto: radicata prima nel governo locale e ora a Roma, ha nella Compagnia delle Opere un braccio apparentemente “leggero”: 35mila associati, attirati in parte anche dalle facilitazioni nell’accesso al credito, per lo più di pmi (la maggior parte sono Srl) con un fatturato medio attorno ai 2 milioni di euro. Quasi l’80% è al Nord e i settori in cui sono più radicate le imprese affiliate sono i servizi (43%), il commercio (il 19%) e le costruzioni (11%).
La sussidiarietà – il modello di partecipazione elaborato all’interno del gruppo dirigente di Cl – ha maglie più larghe della cooperazione, ma alla fine la capacità di controllo sul territorio è egualmente efficace, al punto che le due organizzazioni hanno ormai deciso che combattersi è inutile: molto meglio, come accaduto per l’ospedale milanese di Niguarda, salvare gli equilibri, con la realizzazione delle strutture affidata alla Cmb di Carpi e i servizi gestiti da aziende affiliate alla Cdo.
Per Expo si prospetta qualcosa di simile? Sino a quando Formigoni ha controllato Infrastrutture Lombarde, le Coop non sono mai state tagliate fuori: è il caso di Ccc di Bologna e della già citata Cmb per Palazzo Lombardia, o degli appalti per i lavori al Portello e al Polo fieristico di Rho/Pero. Ancor prima del cambio ai vertici della stazione appaltante ordinato dalla Regione, si erano registrati problemi nella gara d’appalto per la piastra del sito espositivo, vinta dalla cordata guidata dalla Mantovani spa per 165 milioni di euro (Iva esclusa e comprensivi oneri di sicurezza non soggetti a ribasso pari a 16 mln). Dell’infrastrutturazione di base doveva occuparsi la siciliana Ventura Spa di Furnari (Me), associata della Cdo, che però in base al protocollo di legalità è stata esclusa dopo un’informativa interdittiva della Procura di Milano. In realtà, il valore della piastra era di 272 milioni e dunque l’assegnazione è avvenuta con un ribasso di 106 mln. La Mantovani è vicina a Giancarlo Galan e della cordata faceva parte anche la romana Socostramo, nell’area dell’ex ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli.
Dopo questo primo inciampo, le procedure di assegnazione dei bandi, nonostante i ripetuti solleciti di Sala a rispettare i tempi, sono stati eseguiti con grande prudenza e sono ancora in fase di completamento (come per esempio il bando per una parte delle vie d’acqua, per un valore di 12 milioni di euro). Expo è insomma una partita ancora aperta, che Cdo e Legacoop vogliono giocarsi sino in fondo, anche dagli scranni del nuovo governo.