Riflessioni a margine del metodo “stamina”
Quando la medicina e la scienza diventano una questione di affari.
Un giorno di ordinaria follia si è consumato mercoledì 18 davanti a palazzo Chigi: tafferugli fra malati di SLA e forze dell’ordine. Dei manifestanti chiedono libero accesso a questa nuova cura: il metodo stamina. La polizia manganella e arresta. In quest’ottica è facile capire da che parte stare.
Ma approfondiamo un po’ la questione, capiamo meglio che cos’è questo metodo stamina e chi è Vannoni. Egli, promotore di questa cura, è un docente di lettere a Udine, dirige una società di comunicazione, la Cognition, e soffre di emiparesi facciale: è a causa di questa patologia che si interessa di medicina e si imbatte in una ricerca di studiosi russi e ucraini su una nuova cura con le cellule mesenchimali. Decide quindi di andare a farsi curare con questo metodo e qui pare abbia avuto dei miglioramenti – ci sono solo testimonianze, non prove cliniche – e perciò tornato in Italia decide di creare un laboratorio nel sottoscala della Cognition. Ottiene uno stanziamento di 500 mila euro dalla regione grazie ai suoi agganci, inizia una campagna pubblicitaria in cui parla di recuperi dal 70 al 100% senza alcun riscontro scientifico, inizia a curare persone (non gratis, nelle sue mani girano assegni anche da 55 mila euro). Ottenuti dunque ulteriori finanziamenti dalla Medestea, una casa farmaceutica già finita sotto inchiesta altre volte, iniziano su di lui indagini per frode e plagio: i NAS scoprono che questa cura non solo è di dubbia efficacia, ma sicuramente dannosa, ciononostante lui tenta ancora in tutti i modi di poter somministrarla giocando sulla disperazione dei malati. (Questa è una breve descrizione, per una narrazione più esaustiva leggi qui )
Detto questo si scioglie il nodo iniziale: nei tafferugli di via del Corso non c’è una parte da fronteggiare né una in cui schierarsi. Certo vedere la polizia picchiare delle persone in sedie a rotelle fa indignare, ma d’altro canto non ci sentiamo neanche di sederci tra i fan di Vannoni. Sono tutti i malati disperati, coloro che ogni giorno si vedono togliere pezzi di speranza dai tagli dell’austerity, che hanno bisogno di un seguito che combatta con loro. Ma questa vicenda porta a delle riflessioni importanti.
Come ha fatto Vannoni a spacciare questa cura non scientificamente provata ed ad ottenere un così largo seguito? Grazie alle sue capacità di comunicatore, si è fatto pubblicità in tutti i modi possibili, dai depliant ad un servizio delle Iene fino ad ottenere la pubblica solidarietà di Adriano Celentano. E’ probabile che abbia agito in buona fede: necessario, perciò, non è giudicare lui, ma una società ed una medicina malate per cui è più importante la strategia di marketing che le prove scientifiche.
Accendere la Tv vuol dire vedersi somministrare a tutte le ore pubblicità di farmaci, e questo è anche ovvio: c’è il libero mercato. Ma su questo punto c’è da soffermarvici su: il marketing serve a far vendere un determinato prodotto, a convincere che questo prodotto è migliore degli altri di ugual specie anche se magari non lo è. Questo avviene anche nel campo dei farmaci: le case farmaceutiche spendono il doppio in marketing di quanto spendano in ricerca. La causa va ricercata nella quasi totale assenza di una ricerca diversa, pubblica o indipendente, che non insegua il profitto ma la salute dell’utenza, che dovrebbe fare dei trial per vedere quale è il farmaco migliore per curare una determinata malattia affinchè la cura venga decisa in base a prove scientifiche e non in base alle campagne di marketing, in quanto oggi per poter mettere un farmaco in commercio serve dimostrare che è meglio di un placebo (una zolletta di zucchero ad esempio) non che è migliore dei farmaci esistenti, “ma questa è follia! Non ci sarebbe più il libero mercato! Sarebbe il comunismo! Solo a Cuba funziona così, voi siete matti!”.
La pazzia, quella vera, è accettare che il mondo della ricerca farmaceutica sia diretto solo da case farmaceutiche private, che come ogni privato vuole portare acqua (denaro) al suo mulino: “il plusvalore è indipendente dalla sua forma particolare” diceva uno un pò di tempo fa. Pazzia è non portare questi argomenti all’ordine del giorno, pazzia è non studiare, analizzare e discutere di questi argomenti,non portare la lotta nel mondo della salute, non intrecciarla con le altre lotte sociali, non analizzare in toto la medicina dalla ricerca all’erogazione del servizio. Pazzia è non discutere di come il profitto sia ormai perfettamente inserito nelle maglie della medicina, e di quanto questo l’abbia deviata dal suo scopo primario: la salute.
Per iniziare una discussione comune sul mondo delle case farmaceutiche non bastano queste poche righe, leggete “Effetti Collaterali” di Ben Goldacre che tratta, in un linguaggio accessibile a tutti, i problemi derivanti dal conflitto di interessi delle case farmaceutiche e le nefandezze che perpetrano ogni giorno a nostra insaputa.
Questa vicenda stimola però anche un’altra riflessione: oggi in piazza i sostenitori del metodo Stamina richiedevano a gran voce la possibilità di ottenere questa terapia come cura compassionevole. Ma cos’è una cura compassionevole? E’ l’ultima spiaggia, da utilizzare solo nel caso in cui cure stabilite scientificamente come migliori abbiano fallito, ma anche uno spazio di deregolamentazione (parola tragicamente uguale a quella usata nel mondo economico, da economisti e politici neoliberisti: lo Stato non può controllare l’economia, non ci devono essere regole nella finanza, il mercato deve essere libero), uno spazio dove possono essere rifilate cure meno sicure, conosciute meglio grazie a costose campagne pubblicitarie.
Ovviamente qui non si vuole smantellare la cura compassionevole, né elogiare la sanità o la società cubana (sicuramente qualche benpensante leggendo questo articolo sarà arrivato a queste conclusioni): queste sono semplicemente delle riflessioni a margine di queste settimane di polemiche e manganelli, a margine di una medicina e di una scienza sempre più schiava del profitto e sempre meno al servizio dell’utenza. Tutto ciò è figlio dello stesso pensiero politico che taglia sulla sanità italiana (1.1 mld in meno nel prossimo biennio e 2500 borse di specializzazione in meno per i giovani medici: meno soldi e meno medici! Di questo parla la legge di stabilità di cui stanno discutendo in questi giorni al parlamento) e su tutto il sistema welfaristico per risanare un debito tutto in mano a grandi lobby, che non possono assolutamente perdere questo denaro, quest’ulteriore profitto, anche se questo comporta ad avere meno servizi, meno salute, meno cultura, meno mobilità, meno tutto.
Oggi si scende in piazza per la mobilità, un domani sarebbe interessante, stimolante, farlo per la salute come bene comune. Stimolante in quanto l’accesso alla sanità non è mai stato terreno di scontro, ma sempre un contentino, un anestetico sociale per calmare generazioni ribelli. Da ricordare il modello Beveridge, uno dei più avanzati, praticamente universalistico, che fu introdotto sotto il governo Churchill, partorito dunque da un governo destrorso.
Ad oggi però questi contentini vengono mano mano distrutti, ciò che sembrava scontato come il sistema sanitario gratuito, de facto, non c’è più e risulta quanto mai necessario portare mobilitazione dentro questo mondo. Che gli studenti partano dal taglio delle borse di specializzazione, gli operatori della salute partano dalle loro vertenze, ma soprattutto l’utenza si autorganizzi per richiedere con forza una gestione orizzontale della sanità, perchè sicuramente le esigenze sanitarie del territorio le conosce meglio chi il territorio lo vive rispetto ad un ministro con un diploma classico, o qualche altro funzionario statale chiuso nella sua stanza di cristallo.
Solo questa mobilitazione di tutti potrebbe rivoluzionare il sistema sanitario italiano, riportando la salute sopra al profitto nella scala delle priorità. Riuscirebbe a privilegiare la meno redditizia, ma più efficiente, prevenzione rispetto alla cura. Renderebbe il più orizzontale possibile il rappporto medico-paziente. Creerebbe insomma un nuovo modello di sanità, completamente avulso dal profitto. E’ giunto il momento di lottare per una SALUTE BENE COMUNE, facciamolo!
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sono sostanzialmente d’accordo:farei una piccola correzione:al 4° capoverso “è probabile che abbia agito in buona fede…” direi: “è possibile che abbia agito in…”( ma piuttosto improbabile ) visto il costo esorbitante di un prodotto senza garanzie