Subcomandante Marcos: Loro e Noi – Parte VI – GUARDARE

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VI – Guardare

1.- Guardare per imporre o guardare per ascoltare.

 

“Per una volta potrò dire

Senza che nessuno mi smentisca

Che non è lo stesso chi desidera

Da chi brama qualcosa

Come non sono uguali le parole

Dette per ascoltare

Da quelle dette per essere obbedite

Nemmeno è lo stesso chi mi parla

Per dirmi qualcosa

Da chi mi parla per farmi tacere”.

Tomás Segovia

 

“Quarta Traccia” in “Tracce ed Altri Poemi”

della casa editrice che ha il buongusto di chiamarsi “Senza Nome”.

Grazie ed un abbraccio a María Luisa Capella, ad Inés e Francisco

(onore al degno sangue che batte nei vostri cuori)

per i libri e le lettere-guida.

 

Guardare è un modo di domandare, diciamo noi zapatisti e zapatiste.

O di cercare…

Quando si guarda nel calendario e nella geografia, per quanto lontano siano l’uno e l’altra, si domanda, si interroga.

Ed è guardare dove l’altro, l’altra, l’altro appare. Ed è guardare dove questo altro esiste, dove si scorge il suo profilo come strano, come alieno, come enigma, come vittima, come giudice e boia, come nemico… o come compagn@.

È guardare dove si annida la paura, ma anche dove può nascere il rispetto.

Se non impariamo a guardare il guardarsi dell’altro, che senso ha il nostro guardare, le nostre domande?

Chi sei?

Qual’è la tua storia?

Dove le tue sofferenze?

Quando le tue speranze?

Ma non solo è importante che cosa o chi si guarda. Ma anche, e soprattutto, è importante da dove si guarda.

E scegliere dove guardare è anche scegliere da dove.

O è la stessa cosa guardare dall’alto il dolore di chi perde i propri amati cari, per la morte assurda, inspiegabile, definitiva, che guardarlo dal basso?

Quando qualcuno in alto guarda quelli in basso e si domanda “quanti sono?”, in realtà si sta chiedendo “quanto valgono?”

E se non valgono niente, che importa quanti sono? Per ovviare a questo inopportuno numero ci sono i grandi mezzi di comunicazione prezzolati, gli eserciti, i poliziotti, i giudici, le prigioni, i cimiteri.

Per il nostro guardare, le risposte non sono mai semplici.

Guardandoci guardare quello che guardiamo, ci diamo un’identità che ha a che vedere con sofferenze e lotte, con i nostri calendari e la nostra geografia.

La nostra forza, se ne abbiamo un po’, sta in questo riconoscimento: siamo quelli che siamo, e ci sono altr@ che sono quelli che sono, e c’è un altro per il quale ancora non abbiamo la parola per nominarlo e, tuttavia, è chi è. Quando diciamo “noi” non stiamo assorbendo, e così subordinando identità, ma risaltiamo i ponti che esistono tra le differenti sofferenze e le diverse ribellioni. Siamo uguali perché siamo differenti.

Nella Sexta, noi zapatiste e zapatisti ribadiamo il nostro rifiuto di ogni tentativo di egemonia, cioè, di ogni avanguardismo, sia che ci tocchi stare davanti oppure, come nel corso di questi secoli, allineati nella retroguardia.

Se con la Sexta cerchiamo i nostri simili per sofferenze e lotte, senza che importino i calendari e le geografie che ci distanzino, è perché sappiamo che non si sconfigge il Prepotente con un solo pensiero, una sola forza, una sola leadership (per quanto rivoluzionaria, conseguente, radicale, ingegnosa, numerosa, potente ed altre cose questa leadership sia).

I nostri morti ci hanno insegnato che la diversità e la differenza non sono debolezza per chi sta in basso, bensì forza per partorire, sulle ceneri del vecchio, il mondo nuovo che vogliamo, di cui abbiamo bisogno, che meritiamo.

Sappiamo che questo mondo non è immaginato solo da noi. Ma nel nostro sogno, questo mondo non è uno, bensì molti, differenti, diversi. Ed è nella sua diversità che risiede la sua ricchezza.

I ripetuti tentativi di imporre l’unanimità, sono responsabili dell’impazzimento della macchina che ad ogni minuto si avvicina al minuto finale della civiltà come conosciuta fino ad ora.

Nella tappa attuale della globalizzazione neoliberale, l’omogeneità non è altro che la mediocrità imposta come divisa universale. E se si differenzia in qualcosa dalla pazzia hitleriana, non è nel suo obiettivo, bensì nella modernità dei mezzi per ottenerla.

-*-

E sì, non solo noi cerchiamo il come, quando, dove, cosa.

Voi, per esempio, non siete Loro. Anche se non sembra abbiate alcun problema ad allearvi con Loro per… ingannarli e sconfiggerli dall’interno? per essere come Loro ma non proprio Loro? per rallentare la velocità della macchina, limare i canini della bestia, umanizzare il selvaggio?

Sì, lo sappiamo. C’è una montagna di argomenti per sostenerlo. Si potrebbero perfino forzare alcuni esempi.

Ma…

Voi ci dite che siamo uguali, che siamo nella stessa barca, che è la stessa lotta, lo stesso nemico… Mmh… no, non dite “nemico”, dite “avversario”. D’accordo, anche questo dipende dall’evenienza di turno.

Voi ci dite che bisogna unirci tutt@ perché non c’è altra strada: o le elezioni o le armi. E voi, che con questo pretesto fallace sostenete il vostro progetto di invalidare tutto quello che non si assoggetti al reiterato spettacolo della politica dell’alto, ci intimate: morite o arrendetevi. Ci offrite perfino l’alibi, perché, sostenete, siccome si tratta di prendere il Potere, ci sono solo queste due strade.

Ah! e noi così disubbidienti: né moriamo, né ci arrendiamo. E, come dimostrato il giorno della fine del mondo: né lotta elettorale né lotta armata.

E se non si tratta di prendere il Potere? O meglio: se il Potere non risiede più in questo Stato Nazione, questo Stato Zombi popolato da una classe politica parassita che pratica la rapina sulle rovine delle nazioni?

E se gli elettori che tanto vi ossessionano (per il fascino delle masse) non fanno altro che votare per qualcuno che altri hanno già scelto, come ogni volta vi dimostrano Loro mentre si divertono con ogni nuovo tipo di trucco?

Sì, vero, vi nascondete dietro i vostri pregiudizi: quelli che non votano? “è per apatia, per disinteresse, per mancanza di educazione, fanno il gioco della destra”… la vostra alleata in tante geografie, in non pochi calendari. Votano ma non per voi? “è perché di destra, ignoranti, venduti, traditori, morti di fame, zombi!”

Nota di Marquitos Spoil: Sì, noi simpatizziamo per gli zombi. Non solo per la rassomiglianza fisica (non abbiamo bisogno di trucco ed anche così sbancheremmo il casting di “The Walking Dead”). Anche e soprattutto perché pensiamo, insieme a George A. Romero, che, in un’apocalisse zombi, la brutalità più folle sarebbe opera della civiltà sopravvissuta, non dei morti che camminano. E se restasse qualche vestigia di umanità, brillerebbe nei paria di sempre, i morti viventi per i quali l’apocalisse inizia alla nascita e non finisce mai. Come succede adesso in ogni angolo di tutti i mondi che esistono. Non c’è film, né fumetto, né telefilm che lo racconti.

Il vostro sguardo è segnato dal disprezzo quando rivolto in basso (anche se allo specchio), e di sospiri d’invidia quando rivolto in alto.

Non riuscite neppure ad immaginare che l’interesse per qualcuno di guardare “in alto” non sia altro che per vedere come toglierselo di dosso.

-*-

Guardare. Dove e da dove. Questo è ciò che ci separa.

Voi credete di essere gli unici, noi sappiamo che siamo uno di più.

Voi guardate in alto, noi in basso.

Voi guardate come sistemarvi, noi come servire.

Voi guardate come guidare, noi come accompagnare.

Voi guardate quanto si guadagna, noi quanto si perde.

Voi guardate quello che è, noi quello che può essere.

Voi guardate numeri, noi persone.

Voi calcolate statistiche, noi storie.

Voi parlate, noi ascoltiamo.

Voi guardate come vi vedete, noi guardiamo lo sguardo.

Voi ci guardate e ci rimproverate dove eravamo quando il vostro calendario segnava le sue urgenze “storiche”. Noi vi guardiamo e non vi chiediamo dove siete stati durante questi più di 500 anni di storia.

Voi guardate come approfittare della congiuntura, noi come crearla.

Voi vi preoccupate dei vetri rotti, noi della rabbia che li rompe.

Voi guardate i molti, noi i pochi.

Voi guardate muri insormontabili, noi le crepe.

Voi guardate le possibilità, noi l’impossibile solo fino alla vigilia.

Voi cercate specchi, noi i vetri.

Voi e noi non siamo uguali.

-*-

Voi guardate il calendario di sopra e ad esso subordinate la primavera delle mobilitazioni, le masse, la festa, la rivolta di massa, le strade colme di canti e colori, slogan, sfide, quelli che sono già molti di più di cento trenta e rotti, le piazze piene, le urne ansiose di riempirsi di voti, e voi accorrete subito perché è-chiaro-che-gli-manca-una-guida-rivoluzianaria-di-partito-una-politica-di-alleanze-ampie-flessibile-perché-quello-elettorale-è-il-loro-destino-naturale-ma-sono-molto-giovani-piccini-“bimb@ bene”-/-e poi-lumpen-quartiere-banda-proletari-numero-di-potenziali-elettori-ignoranti-inesperti-ingenui-rozzi-ostinati, soprattutto ostinati. E vedete in ogni atto di massa il culmine dei tempi. Poi, quando non ci sono più moltitudini ansiose di un leader, né urne, né feste, decidete che è finita, basta, che sarà per un’altra volta, che bisogna aspettare 6 anni, 6 secoli, che bisogna guardare altrove, ma sempre per il calendario di sopra: le liste, le alleanze, i posti.

E noi, sempre con lo sguardo di traverso, rimontiamo il calendario, cerchiamo l’inverno, nuotiamo controcorrente, attraversiamo il torrente, arriviamo alla sorgente. Lì vediamo quelli che cominciano, quelli che sono pochi, i meno. Non ci parliamo, non li salutiamo, non gli diciamo cosa fare, non gli diciamo cosa non fare. Invece li ascoltiamo, li guardiamo con rispetto, con ammirazione. E loro, forse non si accorgeranno mai di questo piccolo fiore rosso, così simile ad una stella, piccolo come un sassolino, e che la nostra mano resta in basso, vicino al loro piede sinistro. Non perché così vogliamo dire loro che il fiore-roccia è nostro, delle zapatiste, degli zapatisti. Non perché prendano questa pietra e la scaglino contro qualcosa, contro qualcuno, anche se non mancano voglia né motivi. Bensì forse perché è il nostro modo di dire loro, a tutt@ loro e a tutt@ nostr@ compagn@ della Sexta, che le case ed i mondi si cominciano a costruire con piccoli ciottoli e poi crescono e quasi nessuno si ricorda di quei sassolini dell’inizio, tanto piccoli, tanto poca cosa, tanto inutili, tanto soli, ed allora arriva una zapatista, uno zapatista, e vede la pietruzza e la saluta e siede al suo fianco e non parlano, perché le piccole rocce, come gli zapatisti, non parlano… fino a quando parlano, e poi secondo il caso, o la cosa, tacciono. No, non tacciono mai, ma succede che non c’è chi senta. O forse perché abbiamo visto più lontano nel calendario e sapevamo, da prima, che questa notte sarebbe arrivata. O forse perché così gli diciamo, anche se non lo sanno, ma lo sappiamo noi, che non sono sol@. Perché è con i pochi che le cose iniziano e ricominciano.

-*-

Voi non ci avete visto prima… e continuate a non guardarci.

E, soprattutto, non ci avete visto guardarvi.

Non ci avete visto guardarvi nella vostra superbia, distruggere stupidamente i ponti, scavare le strade, allearvi con i nostri persecutori, disprezzarci. Convincendovi che quello che non esiste sui media semplicemente non è.

Non ci avete visto guardarvi dire e dirvi che così eravate a riva, che la cosa possibile è sul terreno solido, che tagliavate gli ormeggi di quell’assurda barca di assurdi e impossibili, e che erano quei matti (noi) che andavano alla deriva, isolati, soli, senza rotta, pagando con la nostra esistenza l’essere conseguenti.

Siete riusciti a vedere la rinascita come parte delle vostre vittorie, ed ora la ruminate come un’altra delle vostre sconfitte.

Andate, proseguite per la vostra strada.

Non ascoltateci, non guardateci.

Perché con la Sexta e con le/gli zapatisti non si può guardare né ascoltare impunemente.

Questa è la nostra virtù o la nostra maledizione, dipende dove si guarda e, soprattutto, da dove si solleva lo sguardo.

(continua…)

 

Da qualunque angolo di qualunque mondo.

SupMarcos

Pianeta Terra

Febbraio 2013

 

LORO E NOI

VI – Guardare 2

2.- Guardare ed ascoltare dal/in basso.

 

Possiamo ancora scegliere dove e da dove guardare?

Possiamo, per esempio, scegliere tra guardare quelli che lavorano nelle catene dei supermercati, lamentando a@ lavorator@ di essere complici della frode elettorale, e fare scherno dell’uniforme arancione che sono obbligati ad indossare le/gli impiegat@, oppure guardare l’impiegata che, dopo avere consegnato il conto…?

/ La cassiera si toglie il grembiule arancione borbottando per la rabbia che le monta nel sentirsi dire di essere stata complice della frode che ha portato al Potere l’ignoranza e la frivolezza. Lei, donna, giovane o donna matura o madre o nubile o divorziata o vedova o madre celibe o in attesa o senza figli o quello che sia, che inizia a lavorare alle 7 del mattino e se ne va alle 4 del pomeriggio, chiaro, se non ci sono straordinari da fare, e senza contare il tempo che ci vuole per arrivare da casa al lavoro e ritorno, e poi occuparsi della scuola o della casa, dei “lavori-propri-del-suo-sesso-che-si-possono-svolgere-con-un-tocco-di-civetteria”, ha letto in una delle riviste che si trovano di fianco alla cassa, un giorno che non c’era molta gente. Lei, che si suppone sia tra quelli che salveranno, è solo questione di un voto e poi, tatàn, la felicità. “Per caso i padroni indossano un grembiule arancione?”, dice tra sé irritata. Lei sistema un po’ il disordine propositivo col quale riesce a lavorare per non farsi riprendere dal direttore. Esce. Fuori l’aspetta il suo compagno. Si abbracciano, si baciano, si toccano con lo sguardo, camminano. Entrano in un internet-caffè o cyber caffè o come si dice. 10 pesos l’ora, 5 la mezz’ora…/

– Mezz’ora – dicono, facendo mentalmente i conti di quanto hanno in tasca-tempo-autobus-percorso.

– Fíame Roco, no seas ojaldra – dice él.

– Va, pero en la quincena te caes, si no a mí me cae el dueño y tú vas a ser el que me fíe.

– Va, pero será cuando tengas móvil, wey, porque estoy de lavacoches.

– Beh, amico, lavatela – dice el Roco.

I 3 ridono.

– La 7 – dice il Roco.

– Dai, cerca – dice lei.

Lui inserisce un numero.

– No – dice lei -, cerca quando è iniziato tutto.

Navigano. Arrivano a quando sono un poco più di 131. Parte il video.

– Sono degli snob – dice lui.

– Calmati avanguardia rivoluzionaria. Sei fuori di testa se giudichi le persone per il loro aspetto. A me, che ho la pelle chiara, mi chiamano biondina e snob, e non vedono che non arrivo a metà mese. Bisogna guardare la storia di ognuno e quello che fa, stupido – dice lei, accompagnando l’argomentazione con una botta in testa.

Continuano a guardare.

Guardano, non parlano, ascoltano.

– Gliele hanno cantate in faccia a Peña Nieto… sono forti, si vede che hanno le palle -, dice lui.

– E le ovaie, stupido – e parte un’altra botta in testa.

– Ehi, mia regina, ti denuncio per violenza in famiglia.

– Sarà violenza di genere, stupido – e giù un’altra botta in testa.

Finiscono di guardare il video.

Lui: – E’ così che cominciano le cose, con pochi che non hanno paura.

Lei: – Oh sì, invece, hanno paura, ma la controllano.

– Mezz’ora! – grida Roco.

– Sì, andiamo.

Lei sorride.

– E adesso perché ridi?

– Niente, mi sono ricordata – gli si avvicina di più – di quando hai detto “in famiglia”. Non è che vuoi che siamo una famiglia?

Lui, senza esitazione:

– Calma, piccola, poi è tardi, lo faremo, però senza troppe botte, meglio i baci, e più in basso e a sinistra.

– Non prendermi in giro! – un’altra botta – E niente “mia regina”, non siamo contro la dannata monarchia?

Lui, prima della botta di rigore: – Ok, mia… plebea.

Lei ride. Dopo pochi passi, dice:

– Credi che gli zapatisti ci inviteranno?

– Bè, se il Vins è mio amico e ha detto che lui è suo amico del cuore perché l’ha fatto vincere nel mortal kombat, alle macchinette, non dobbiamo fare altro che dire che siamo della banda del Vins e delle streghe – dice lui entusiasta.

– E potrei portare mia mamma?

– Certo, parlando di streghe, e con un po’ di fortuna potrebbe restare incastrata nel fango la futura suocera – dice ritraendo la testa aspettandosi la botta che non arriva.

Lei, arrabbiata:

– E che diavolo ci potranno dare gli zapatisti se sono così lontani? Magari uno stipendio migliore, mi faranno rispettare, faranno smettere gli stronzi di guardarmi il sedere per strada, e il bastardo del padrone di toccarmi con qualsiasi pretesto? Mi daranno i soldi per pagare l’affitto, per comprare i vestiti ai miei figli? Abbasseranno il prezzo dello zucchero, dei fagioli, del riso, dell’olio? Mi daranno da mangiare? Affronteranno la polizia che tutti i giorni molesta e deruba quelli del quartiere che vendono dischi pirata dicendo che è per non denunciarli al signor o signora Sony…?

– Non si dice “pirata”, ma “produzione alternativa”, mia reg… plebea. E non prendertela con me che siamo uguali.

Ma lei è ormai partita e niente la ferma più:

– E a te, ti restituiranno il lavoro allo stabilimento, dov’eri già qualificato non so in che cosa? A cosa valgono gli studi, i corsi di formazione e tutto il resto, perché poi quello stronzo del padrone si porti via l’impresa non so dove, e il sindacato e lo sciopero, e tutto quello che hai fatto, per poi finire a lavare automobili? O come il tuo amico del cuore, il chompis, che gli tolgono il lavoro e fanno sparire il padrone perché non possa difendersi ed il governo col suo ritornello di sempre che è per migliorare i servizi e il livello mondiale e la madre del morto e per caso hanno abbassato le tariffe, no sono più care, e la maledetta luce che se ne va via in ogni momento e il bastardo di Calderón che fa lezione di senza-vergogna dai gringos, che sono i veri maestri di questo schifo. E mio papà, che dio l’abbia in gloria, che voleva passare dall’altra parte, non per fare il turista, ma per fare un po’ di soldi, di grana, di denaro, un salario per mantenerci quando eravamo bambini e mentre attraversava la linea l’ha preso la migra come fosse un terrorista e non un onesto lavoratore e non ci hanno ridato neanche il corpo e c’è quello stronzo di Obama che sembra avere il cuore del colore del dollaro.

– Dai, frena, mia plebea.

– È che ogni volta che mi ricordo mi fa rabbia, tanto darsi da fare e alla fine si prendono tutto quelli che stanno sopra, ci manca che privatizzino le risate, anche se non credo, perché di queste ce ne sono poche, ma le lacrime sì, queste abbondano e loro diventano ricchi… sempre più ricchi. E poi arrivi tu con la storia degli zapatisti di qua e gli zapatisti di là, e in basso e a sinistra e l’ottava…

– La Sexta, non l’ottava – la interrompe.

– Quello che è, e questi tizi sono lontani e parlano uno spagnolo peggiore del tuo.

– Su, non essere cattiva.

Lei si asciuga le lacrime e sussurra: – Maledetta pioggia che mi rovina il trucco, ed io che mi ero sistemata per piacerti.

– Ehi, ma tu mi piaci di più senza niente…. addosso.

Ridono.

Lei, seria: – Bene, ok, ma dimmi, questi zapatisti ci salveranno?

– No, mia plebea, non ci salveranno. Questo ed altro lo dovremo fare noi.

– E allora?

– Ci insegneranno.

– Cosa ci insegneranno?

– Che non siamo soli.

Lei tace per un momento. Poi, improvvisamente:

– E né sole, stupido – altra botta in testa.

L’autobus è stracolmo. Vediamo il prossimo.

Fa freddo, piove. Si abbracciano, non per non bagnarsi, ma per bagnarsi insieme.

Lontano qualcuno aspetta, c’è sempre qualcuno che aspetta. E mentre aspetta, con una vecchia matita e in un vecchio e sgualcito quaderno, tiene il conto del guardare in basso che si vede da una finestra.

(continua…)

 

Da qualunque angolo di qualunque mondo.

SupMarcos

Pianeta Terra

Febbraio 2013

 

LORO E NOI

VI – GUARDARE 3.

3.- Qualche altro sguardo.

uno: Un sogno in questo sguardo.

 

Una strada, una milpa, una fabbrica, una valle, un bosco, una scuola, un negozio, un ufficio, una piazza, un mercato, una città, un campo, un paese, un continente, un mondo.

Il Capo è gravemente ferito, la macchina rotta, la bestia esausta, il selvaggio rinchiuso.

A niente sono serviti i cambi di nome e di bandiere, le botte, le prigioni, i cimiteri, il flusso di denaro attraverso le mille arterie della corruzione, i “reality show”, le feste religiose, gli annunci a pagamento, gli esorcismi cibernetici.

Il Capo chiama il suo ultimo scagnozzo. Gli mormora qualcosa all’orecchio. Lo scagnozzo esce ed affronta la folla.

Dice, domanda, chiede, esige:

“Vogliamo parlare con lui …”

Un dubbio, la maggioranza di chi gli sta di fronte sono donne.

Si corregge:

“Vogliamo parlare con la …”

Altro dubbio, non è piccolo il numero di altr@ che si trova davanti.

Si ricorregge:

“Vogliamo parlare con chi è al comando”.

Nel silenzio generale si avvicinano un@ anzian@ ed un bimb@, si fermano di fronte a lui e, con voce innocente e saggia, dicono:

“Qui tutte e tutti comandiamo”.

Lo scagnozzo trema, come trema la voce del Capo nel suo ultimo grido.

Lo sguardo si sveglia. “Che strano sogno“, dice tra sé. E, senza che importi il calendario e la geografia, la vita, la lotta, la resistenza proseguono.

Dello strano sogno ricorda solo alcune parole:

“Qui tutte e tutti comandiamo”.

 

due: Un altro sguardo da un altro calendario e un’altra geografia.

(frammento di una lettera ricevuta nel quartiere generale dell’ezetelene, senza data)

“Saluti Compas.

(…)

La mia opinione è che è stato tutto una figata. Ma, non nego che tutto questo è in retrospettiva. Sarebbe molto facile dire che capii perfettamente il silenzio e che nulla mi sorprese. Falso, anch’io mi sono spazientito del silenzio (naturalmente non ha niente a che vedere con quello che si dice che gli zapatisti non parlvano, io ho letto tutte le denunce). La questione è che alla luce dei fatti avvenuti, e che stanno avvenendo, naturalmente la conclusione è logica: siamo nel mezzo dell’iniziativa più audac, degli zapatisti, per lo meno dall’insurrezione. E questo riguarda tutto, non solo con la situazione nazionale, ma io credo anche internazionale.

Permettimi di raccontare quello che io ho capito di quello che, secondo me, è stato il fatto più significativo dell’azione del 21 [di dicembre 2012]. Ci sono naturalmente molte cose: l’organizzazione, lo sforzo militante, la dimostrazione di forza, la presenza dei giovani e delle donne, etc. Ma, quello che più mi ha impressionato è stato che avevano delle tavole di legno e una volta arrivati nelle piazze installavano dei palchi. Intanto si raccontava quello che succedeva, molti media privati, ed alcuni dei media liberi, speculavano sull’arrivo dei leader zapatisti. E non si rendevano conto che i leader zapatisti erano lì. Che erano le persone che salivano sul palco e dicevano, senza parlare, siamo qui, siamo questi, e questi saremo.

Il palco è toccato a chi doveva starci. Nessuno ha notato, credo, che è proprio lì, in questo fatto, in una noce, il significato profondo di un nuovo modo di fare politica. Che rompe con tutto il vecchio, l’unico modo veramente nuovo, l’unico che vale la pena di avere [illeggibile nell’originale] “secolo XXI”.

L’anima plebea e libertaria di quello che nella storia sono stati momenti congiunturali, qui si è costruito senza grandi voli teorici. Piuttosto con una pratica sotterranea. Ha già troppi anni per essere considerata solo un evento. È ormai un processo storico sociale lungo e solido sul terreno dell’auto organizzazione.

Alla fine, hanno rimosso il loro palco, tornato ad essere tavole di legno, e tutti dovremmo provare un po’ di vergogna ed essere più modesti e semplici e riconoscere che qualcosa di inaspettato e nuovo sta di fronte ai nostri occhi e che dobbiamo guardare, tacere, ascoltare ed imparare.

Un abbraccio a tutt@. Spero che, per quanto possibile, stiate bene.

El Chueco.”

 

tre: “Istruzioni su cosa fare nel caso che … vi guardino”

Se qualcuno vi guarda, e vi accorgete che…

Non vi guarda come se foste trasparenti.

Non vuole convincervi per il sì o per il no.

Non vuole cooptarvi.

Non vuole reclutarvi.

Non vuole guidarvi.

Non vuole giudicarvi-condannarvi-assolvervi.

Non vuole usarvi.

Non vuole dirvi cosa potete o non potete fare.

Non vuole darvi consigli, raccomandazioni, ordini.

Non vuole rimproverarvi perché non sapete, neanche perché sapete.

Non vi disprezza.

Non vuole dirvi quello che dovete fare o non dovete fare.

Non vuole comprarvi la vostra faccia, il vostro corpo, il vostro futuro, la vostra dignità, la vostra volontà.

Non vuole vendervi qualcosa…

(un tempo condiviso, un televisore lcd in 4D, una macchina super-ultra-iper-moderna con pulsante di emergenza istantaneo (attenzione: non confondetevi col pulsante di espulsione, perché la garanzia non comprende amnesia per ridicoli mediatici), un partito politico che cambia ideologia ad ogni cambiar di vento, un’assicurazione sulla vita, un’enciclopedia, un ingresso vip allo spettacolo o rivoluzione o sfilata di moda, un mobile a piccole rate, un piano di telefonia mobile, un’iscrizione esclusiva, un futuro regalato dal leader generoso, un alibi per arrendersi, vendersi, tentennare, un nuovo paradigma ideologico, etc.).

Dunque…

Primo. – Escludete che si tratti di un depravato o depravata. Potete essere la/il più sporc@, brutt@, cattiv@ e volgare che ci sia, ma, ognuno possiede quel tocco sexye provocante che può risvegliare le più basse passioni di chiunque. Mmh… bene, sì, una pettinata non sarebbe male. Se non si tratta di un(a), depravat@, non scoraggiatevi, il mondo è rotondo e gira, e andate sotto (in questa lista, si capisce).

Secondo. – Siete sicuri che guarda proprio voi? Non starà guardando il cartellone pubblicitario dei deodoranti alle vostre spalle? O, non sarà che sta pensando (chi vi guarda, si capisce): “E’ così che sono quando non mi pettino?”. Se avete scartato anche questo, proseguite.

Terzo. – Ha la faccia da poliziotto che deve racimolare la mazzetta da portare al suo superiore? Se sì, correte, siete ancora in tempo a non farvi prendere. Se no, passate al punto successivo.

Quarto. – Restituitegli lo sguardo, con piglio severo. Uno sguardo misto a collera, mal di pancia, fastidio e look da assassin@ seriale può essere utile. No, così sembrate stitic@. Ritentate. Ok, passabile, ma continuate a fare esercizio. Ora, non fugge spaventat@?, non distoglie lo sguardo?, on vi si avvicina esclamando“ehi@! Non ti avevo riconosciuto!  Ma con quella faccia…”? No? Ok, continuate.

Quinto. – Ripetete i passi primo, secondo, terzo e quarto. Possono esserci delle falle nel nostro sistema (è fatto in Cina). Se arrivate sempre a questo punto, passate al punto seguente:

Sesto. – Avete molte probabilità di esservi imbattuti in qualcuno della Sexta. Non sappiamo se congratularci o farvi le condoglianze. In ogni caso, è su vostra decisione e responsabilità quello che seguirà a questo sguardo.

quattro: Uno sguardo in una postazione zapatista.

(calendario e geografia imprecisati)

Il SupMarcos: Sbrigati perché il tempo sta finendo.

La insurgenta di sanità: Senti Sup, il tempo non finisce, finiscono le persone. Il tempo viene da molto lontano e segue la sua strada fino láaaaaa, dove non riusciamo a vederlo. E noi siamo come pezzetti di tempo, cioè, il tempo non può procedere senza di noi. Noi facciamo che il tempo proceda, e quando noi finiamo arrivo un altro che lo manda avanti, fino che si arriva dove si deve arrivare, ma non vediamo dove arriva ma altri lo vedranno se arriva con tutto a posto o se improvvisamente non ha avuto la forza di arrivare ed allora bisogna spingerlo un’altra volta, fino a che arrivi giusto.

(…)

La capitana di fanteria: Perché ci hai messo tanto?

La insurgenta di sanità: Stavo facendo lezione di politica al Sup, lo stavo aiutando a spiegare bene che bisogna guardare lontano, fino a dove non arriva né il tempo né lo sguardo.

La capitana di fanteria: Ah, e allora?

La insurgenta di sanità: Mi ha punito perché mi sono attardata coi lavori e mi ha mandato in posta.

(…)

cinque: Estratto da “Appunti per guardare l’Inverno”.

(…)

E sì, tutt@ sono saliti sul palco col pugno in alto. Ma non hanno guardato bene. Non hanno guardato lo sguardo di quegli uomini e donne. Non hanno visto che, quando erano lì sopra, volgevano lo sguardo in basso e guardavano le loro decine di migliaia di compagni. Cioè, si sono guardati. Là in alto non hanno visto che ci guardavamo. Là in alto non hanno capito, né capiranno niente.

(…)

sei: Inserite qui il vostro sguardo (o il vostro pensiero).

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(Continua…)

 

Da qualunque angolo di qualunque mondo.

SupMarcos

Pianeta Terra

Messico, Febbraio 2013

 

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Ascolta e guarda i video che accompagnano questo testo: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2013/02/08/ellos-y-nosotros-vi-las-miradas-parte-3-algunas-otras-miradas/

 

Traduzione “Maribel” – Bergamo)

 

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