Valerio, sarai sempre uno di noi!
Valerio amava Napoli ed era uno di noi, ma se ne è andato giovane. Io voglio ricordarlo così, col sorriso di un giorno d’estate.
Ti aspetto a Bayswater, tu sbagli fermata e te ne accorgi solo fra Holland Park e Shepherd’s Bush, in direzione Acton. Lo sa il cazzo dove volevi andare, con quella testa sempre fra le nuvole. Ma almeno ti viene la buona idea di chiamarmi al numero inglese, io ti dico di scendere e di prendere un bus sul marciapiede di fronte: “Devi tornare indietro, Spally” e finalmente ci vediamo fuori la metro di Queensway. Con me c’è Daniel, il mio amico dello Sheffield United, e ti prendo per il culo mentre ci infiliamo nella central, stavolta andando a est.
È l’8 agosto del 2009, il Napoli gioca un’amichevole contro il West Ham. Tu vieni da Willesden, perché stai provando a trasferirti a Londra e sei appoggiato dai tuoi parenti che vivono qua; io vengo da Brighton, dove sono stato nelle ultime quattro settimane. Mi prendi per il culo perché ho il naso spellato. “Solo tu ti puoi ustionare in Inghilterra”, mi dici continuando a ridere sguaiato. “E che cazzo, sembrava di stare a Ibiza, dal caldo che faceva” ribatto io, ma questo non basta a farti smettere: sapevi come rompere il cazzo quando volevi, fratello mio. A Mile End cambiamo, guardandoci bene intorno perché questa è zona di fottuti martelli. Ma non succede niente, perché in realtà da queste parti ormai è Banglatown, e Bill Gardener e Andy Swallow non vivono più qui. Se ne sono andati a est, da qualche parte verso l’Essex, insieme a quello che resta dei docks. Poi, qualche fermata dopo è Upton Park.
Usciamo dalla stazione e prendiamo a destra, passando davanti al Queen’s. Siamo in ritardo, praticamente gli ultimi due napoletani (e un northerner) a scendere lungo Green Street. Io dico a Danny: “Oi mate, se qualcuno ci chiede qualcosa, rispondi tu”; lui mi guarda e sgranando gli occhi incredulo, impeccabile come sempre nella sua raffinata bardatura casual, ribatte a bassa voce: “Col mio accento, credimi, è meglio se rispondi tu”. Ridiamo come tre coglioni cercando di non farci notare, poi entriamo nel settore ospiti e facciamo un tifo esagerato, come se stessimo giocando chissà cosa. Invece è solo il vecchio e malconcio West Ham, e la partita la vinciamo noi con un goal di Quagliarella. Quando usciamo poi è pura adrenalina, e lì, vabbe’: chi c’era sa.
Ecco, io ti voglio ricordare così, ora che non ci sei più, tu che dicevi che ‘sta Londra – a finale – non ti sembrava tutto ‘sto granché, e io che alzavo gli occhi al cielo, come si fa in presenza di un miscredente che proprio non si vuole redimere. Poi ci infiliamo in un pub dalle parti di Euston, io prendo una London Pride e ci abbracciamo ridendo, prima di separarci, con te che te ne torni a Willsden e io e il vecchio Danny-boy up north, in direzione di Sheffield, the steel-city.
E come è verde, quell’erba che scorre tutto intorno ai nostri finestrini, con i riflessi del sole di agosto che tramonta mentre noi andiamo su al nord. Come se volesse illudermi che questa vita, nonostante tutto, non potrà mai finire.