TAHRIR, ATTO SECONDO
Cosa sta succedendo in queste ore in Egitto?
Me lo chiedo da ieri pomeriggio, da quando, qui in Italia, iniziavano ad arrivare, confuse e sommarie, voci di scontri tra la polizia e i manifestantial Cairo, in quella piazza Tahrir già teatro della “rivoluzione” che ha portato alla caduta di Mubarak la scorsa primavera.
Già negli ultimi mesi, si era potuto subodorare un aumento della tensione tra la popolazione, (che reclama un governo del popolo, elezioni, e una serie di provvedimenti che diano loro voce e diritti), e l’attuale giunta militare “di emergenza”, in carico in vista delle elezioni del prossimo 28 novembre.
Proprio nelle ultime settimane inoltre, il web ha parlato molto di storie come quelle di Alaa Abd El-Fatah, un giovane blogger attivo politicamente proprio nelle rivolte primaverili ed inspiegabilmente detenuto dalla giunta militare da settimane, e Aliya al-Mahdi, un’altra giovanissima blogger che ha invece “sfidato” il tradizionalismo e il “buon costume” portato avanti anche dalle autorità, attraverso un atto dimostrativo sul web riguardo alla nudità femminile.
Due episodi diversi tra loro, ma che hanno scatenato un vero “terremoto” civile, e che hanno contribuito senza ombra di dubbio a farci capire quantoinstabile e scivoloso sia il terreno sul quale stanno rapidamente precipitando gli avvenimenti di piazza nelle ultime ore.
Ho intervistato Thaera, una giovane donna palestinese, sposata con un ragazzo francese che insegna all’università del Cairo e per questo residente lì da un paio d’anni.
Mi ha raccontato che venerdì c’è stata una grande manifestazione che ha visto la partecipazione di diverse correnti politiche e religiose attuali, tra le quali spiccava anche il “movimento” delle famiglie delle persone decedute durante le proteste della scorsa primavera. Il motivo principale della protesta era un articolo della bozza di costituzione attualmente in vigore, che attribuisce poteri particolarmente rilevanti alle autorità militari, anche in materia finanziaria dello stato. Mi ha spiegato che questo articolo ha causato l’opposizione sia della società civile laica che della popolazione religiosa, in quanto entrambi hanno avuto la prova che l’attuale giunta militare stia cercando e si stia di fatto attribuendo dei poteri speciali all’interno dello stato per assumerne, probabilmente, il controllo. Poteri che la rivolta di aprile scorso avevano ottenuto e attribuito alla società civile.
La piazza è stata occupata e sabato mattina la polizia ha ordinato lo sgombero.
I gruppi legati alle autorità e correnti religiose hanno lasciato la piazza, mentre altri movimenti, tra cui quello cosiddetto del “6 Aprile” (non religioso) e quello dei famigliari delle vittime della rivolta di primavera scorsa, si sono rifiutati di andarsene.
Da quel momento sono iniziati gli scontri, che hanno visto in breve tempo aumentare il gruppo della popolazione, mano a mano che vi era un incremento della violenza da parte dei militari.
L’esercito, probabilmente, nella fase iniziale, per evitare una seconda rivolta estesa, non ha esitato ad utilizzare gas lacrimogeni, cariche e proiettili di gomma(e poco fa, anche mitragliatrici, ed una violenza estrema), a tal punto che questa mattina si parlava già di 2 morti, cifra che è aumentata di ora in ora fino ad arrivare a 11.
Thaera mi dice che la gente, in generale, è altamente preoccupata per il proprio futuro, ma non solo: anche per il proprio presente
La povertà è ad altissimi livelli, così come la disoccupazione e l’analfabetismo (al 50%): vi sono istanze e bisogni primari insoddisfatti ed urgenti che, tuttavia, non sembrano essere nei programmi di nessuno dei partiti che si presenterà alle elezioni del prossimo 28 novembre.
C’è anche molta preoccupazione che le elezioni possano essere rimandate (come già successo) dalla giunta militare attualmente al governo, per un suo desiderio di presa di potere: paura che, se si pensa alla storia politica di molti dei paesi dell’area, non sembra affatto infondata né irrazionale.
Inoltre, il ruolo della giunta militare crea al momento non poche confusioni e divisioni all’interno della società civile, perché, mi racconta Thaera, molte persone si fidano ancora dei militari, che durante le rivolte primaverili non avevano preso posizione, favorendo, di fatto, la caduta del regime.
Interessante, ma senza dubbio significativo, il ruolo dei media: negli ultimi mesi non si fa che parlare del “bene dell’Egitto”, del “sacrificio in nome della nazione”, quasi come, mi dice Thera, si volessero mettere in secondo piano i bisogni urgenti e inascoltati della popolazione in nome di un non ben definito interesse nazionale. I media inoltre, proprio in queste ore, stanno dipingendo i manifestanti come degli infiltrati, violenti e delinquenti, senza dare la minima visibilità alle loro istanze.
Che cosa succederà adesso?
Thaera non sa rispondere. Molto dipenderà dalle decisioni dei gruppi religiosi, in questo momento non facenti parte in grandi quantità dei dimostranti, e non certo favorevoli ad un posticipo delle elezioni (per non perdere il proprio elettorato).
Di certo, l’ipotesi che vi dovesse essere un appoggio diretto o indiretto dei religiosi all’operato della SCAF (la giunta militare), porterebbe ad un pericoloso scontro interno dalle conseguenze drammatiche e non prevedibili, che fanno solo aumentare la consapevolezza di quanto l’Egitto sia, in questo momento, una polveriera ad alto rischio e dagli equilibri interni delicatissimi.
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