Gaza under attack_ giorno tre

Tre giorni di raid e bombardamenti incessanti su Gaza hanno provocato la morte di 24 persone (tra di loro minorenni e bambini in fasce) e il numero dei feriti   civili  cresce drammaticamente con il passare delle ore.

Solo nella notte passata si sono sentite più di settanta esplosioni nella sola zona di Gaza.

La resistenza palestinese, in risposta, ha continuato il lancio di razzi verso lo stato ebraico, alcuni sembrano essere arrivati  a Tel Aviv, mentre i tank israeliani sono in queste ore fermi al confine e si teme a breve un’invasione via terra.

Verso la metà di questo pomeriggio fonti palestinesi hanno riportato la notizia di un jet israeliano F16 abbattuto a Gaza. Girano foto e video dell’abbattimento, ma non ci sono conferme ufficiali e il ministro della difesa israeliano ha ordinato questa sera la mobilitazione di nuovi riservisti ( la dichiarazione è stata fatta poco dopo che un razzo sparato da Gaza ha colpito un settlement a Gerusalemme Est).

La giornata di ieri si era conclusa con una serie di dichiarazioni di diversi paesi.

Gli Stati Uniti hanno chiesto ai Paesi che hanno contatti con Hamas di fare pressioni sul partito islamico perché fermi il lancio di razzi. “Abbiamo chiesto alla Turchia, all‘Egitto e ad alcuni partner europei di usare la loro influenza – ha detto Bhaen Rhodes, vice consigliere per la sicurezza nazionale – Se le forze di terra israeliane entreranno a Gaza? Dipende dal governo israeliano”.

Il leader di Hezbollah, Nasrallah ha richiesto agli Stati arabi di tagliare le forniture di petrolio a Israele come forma di pressione politica.

L’inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente,Tony Blair ha dichiarato: “Se la battaglia dei razzi esce da Gaza verso le città israeliane, la tensione aumenterà. Se la violenza continuerà, ci sarà poco da fare. Capisco la pressione sui leader di Hamas, ma la risposta non più essere il lancio di razzi”. Blair ha infine ricordato l’importante ruolo dell’Egitto per riportare la situazione alla calma.

Prevista per mercoledì-invece- la visita del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon a Ramallah.

Oggi il premier israeliano Netanyahu ha pubblicato su Twitter le intenzioni del suo governo: l’aggressione a Gaza continuerà. “Continueremo a tallonare Hamas e proseguiremo con gli attacchi contro il lancio di missili verso Israele” ha twittato.

L’operazione chiamata “Pilastro della difesa” quindi procederà e  non si sa ancora per quanto tempo andrà avanti, di oggi infatti la notizia che Israele ha richiamato in servizio ulteriori contingenti di riservisti, notizia  che fa temere seriamente un’invasione via terra da parte israeliana.

Tutti gli appelli diplomatici, dall’inizio del conflitto a oggi, sono stati principalmente rivolti alla rappresentanza  palestinese e auspicavano  una cessazione dei lanci di razzi  verso Israele; sempre di oggi è la telefonata  del Presidente Giorgio Napolitano a Peres “per uno scambio di espressioni di solidarietà”.

Notizie quelle di questi giorni che fanno rabbrividire di fronte al massacro di un popolo, ma ancora di più fanno rabbrividire le posizioni internazionali sul massacro di questo popolo.

Il massacro di un popolo, quello palestinese, ghettizzato, isolato e in cui gli aiuti umanitari passano quando Israele concede il permesso ( se non ha cercato di fermarli prima dell’arrivo – ricordiamo l’assalto alle navi internazionali di aiuti umanitari in supporto alla Striscia).

Un paese in cui la disoccupazione è ai massimi livelli e tutte le attività commerciali sono paralizzate dal blocco israeliano.

Vengono  pensieri rabbiosi di fronte alla disparità di mezzi, alla continua violazione della sua terra, la Palestina, attuata con la costruzione di colonie israeliane  e di distruzione dei suoi villaggi originari, in cui i corsi d’acqua vengono deviati e i campi non possono essere seminati e poi raccolti.

Vengono i brividi, di fronte all’immagine di un popolo prigioniero, stretto in una morsa tra una gabbia a cielo aperto che gli hanno costruito intorno, e un mare che non gli appartiene più, ma che anzi, è fonte anch’esso  di morte e non di vita.

Un popolo senza via d’uscita a cui si sta chiedendo, di fatto, di soccombere.

Diverse ovviamente  le reazioni di migliaia di persone che hanno marciato al Cairo e ad Alessandria d’Egitto per protestare contro l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.

I dimostranti hanno sventolato bandiere palestinesi e hanno inneggiato slogan contro lo Stato ebraico. In piazza Tahrir al Cairo alcune centinaia di persone hanno bruciato una bandiera israeliana.Il presidente egiziano Mohammed Morsi aveva fatto appello per organizzare le manifestazioni. Manifestazioni anche a Tunisi in sostegno del popolo palestinese ed è arrivato, rinnovato, il sostegno del Premier turco Erdogan.

L’influente religioso egiziano Yusuf al-Qaradawi ha detto durante le preghiere che il mondo islamico non rimarrà in silenzio di fronte all’operazione militare di Israele a Gaza.

 Gesti di solidarietà sono arrivati in queste ore anche dal collettivo hacker Anonymousche ha annunciato di aver attaccato centinaia di siti web israeliani.

La tecnica usata è quella del defacing, ovvero la sostituzione della home page. L’operazione, #OpIsrael, è stata lanciata ieri contro siti istituzionali ed economici dello Stato ebraico per protestare contro l’offensiva militare nella Striscia di Gaza.
La resistenza palestinese ha bisogno del sostegno internazionale.
E’ una necessità vitale perchè da sola non può molto, può solo resistere, resistere, resistere.

A breve aggiornamenti.

Stay human

 

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