Sentenza per Paolo Scaroni, assolti tutti gli agenti che lo massacrarono!
In Italia tanti anni fa c’era uno sport che ogni domenica veniva seguito da masse oceaniche di persone del più variegato strato sociale.
Questo sport era passatempo per tante persone che la domenica non lavoravano e si dedicavano a seguire, tifare e sostenere la propria squadra del cuore.
Ormai erano tantissimi quelli che dedicavano l’unico giorno libero dal lavoro e dallo stress a seguire una bandiere, una maglia, insomma quello che rappresentava, sportivamente parlando, la propria città.
Andare allo stadio voleva dire aggregazione, amicizia, senso di appartenenza.
Gli stadi non erano delle costruzione più simili a delle galere che ad impianti dedicati a manifestazioni sportive.
E il calcio era ancora uno sport popolare.
Non erano i soldi a decidere tutto, esistevano giocatori che per nessuna cifra al mondo avrebbero cambiato squadra, i bilgietti erano a prezzi popolari, non si potevano vietare le trasferte, non c’era la tessera del tifoso e non capitava mai un turno di campionato di mercoledì sera.
Era la domenica il giorno del calcio e dei tifosi.
Adesso tutto ciò è cambiato.
Lo show gira intorno ai miliardi, i giocatori si sono ridotti ad essere dei mercenari pronti a vendersi al miglior offerente in qualsiasi momento, gli stadi sono diventati dei veri e propri bunker pieni di telecamere, con tornelli all’entrata. La tessera del tifoso (e cioè la schedatura preventiva di tutti quelli che assistono ad una partita) è diventata obbligatoria e gli ultras sono diventati il capro espiatorio di tutto.
Non voglio entrare nel merito della storia del movimento ultras, tanto è stato scritto e verrà scritto, degli errori fatti e della stupidità di certe scelte, non credo sia questo il luogo o il momento adatto.
Voglio invece raccontare la storia di Paolo Scaroni, ultras del Brescia, reso invalido del Reparto Mobile di Bologna sette anni fa alla stazione di Verona dopo la partita Hellas-Brescia.
Lo voglio fare perché oggi, mentre con altri amici aspettavo la sentenza, al Tribunale di Verona, del processo ad 8 celerini che lo picchiarono tanto da lasciarlo in coma e renderlo invalido a vita , mi è capitato di incrociare gli occhi della madre e del padre dopo che i giudici avevano annunciato l’assoluzione per tutti gli indagati.
Beh…le loro lacrime sono state sconvolgenti e mi hanno convinto sempre più che in questo paese la giustizia non è uguale per tutti. Lo sapevo anche prima certo, Bolzaneto, la Diaz, il San Paolo, Aldro, Gabbo, Carlo e tutti quelli che sono stati uccisi o torturati, senza avere giustizia, lo testimoniavano già, ma ogni volta che risuccede ciclicamente è un colpo al cuore e all’orgoglio.
Sì perché, alla fine, di tutte queste storie mi è sempre rimasto impresso lo sgomento, lo stupore, la rabbia dei familiari, di chi magari non condivide certe scelte ma non riesce a capire come sia possibile morire per mano della Polizia o dei Carabinieri ancora adesso. Per loro ho sempre pensato fosse più dura da accettare rispetto a chi alla fine conosce e ha vissuto certe situazioni. Per chi non ne sa niente non è possibile perdere un affetto per mano di una divisa e non è comprensibile soprattutto che alla fine chi ti ha portato via un amico, un fratello, un figlio, non paghi perché indossa una divisa.
Io oggi ancora una volta ho avuto la prova che in Italia la giustizia va a senso unico e sicuramente non è uguale per tutti; ma forse ho sbagliato ancora io a credere che questa volta sarebbe stato diverso, che non sarebbe andata come per Gabbo o per Cucchi, che questa volta forse mi avrebbe riconsegnato un po’ di fiducia nella magistratura.
Sì ho sbagliato.
Io ne sono sicuro, e ho sbagliato di grosso e non capisco come ancora ci sia cascato, d’altronde in Italia un giocatore viene squalificato per essersi tolto la maglia dopo un gol e aver mostrato la scritta “Speziale è innocente”. Speziale è il ragazzino accusato di aver ucciso l’ispettore Raciti a Catania-Palermo durante gli scontri del 2007, in realtà è uno preso nel mucchio, perché chiaramente la morte di un poliziotto non può rimanere senza colpevole, ma tutte le altre sì…………….questa è l’Italia e a me vien da dire meglio essere nato ultras e stare per molti dalla parte sbagliata che essere nato tutore del’ordine e uccidere ragazzi sicuro di stare per troppi dalla parta della ragione.
un ragazzo del Lambretta e della Curva Sud di milano
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