Soldi in tasca non ne ho… ma li caccio per l’Expo!
Mentre il Brasile scende in piazza e si ribella contro la corruzione e gli spechi collegati ai Mondiali di calcio del 2014, in Italia, il Corriere della Sera pubblica un giorno sì e l’altro pure, articoli sull’Expo 2015. Da quelli che ci raccontano di fantomatiche riunioni in Questura per discutere della pericolosità dell’estrema-sinistra (sic!) per i lauti affari del 2015 a quelli che ci snocciolano dettagliatissime piantine sui nuovi “padroni del vapore” in città (i proprietari delle aree dove stanno sorgendo alcuni dei giganteschi progetti immobiliari degli ultimi anni).
L’opera di costruzione di un “brand” accattivante del resto, è già iniziata. I milanesi sono stati, fino ad oggi, a dir poco tiepidi, nei confronti dei faraonici progetti per l’Esposizione Universale del 2015. Forse anche perché hanno ben altro di cui preoccuparsi…
Bisogna generare un po’ di entusiasmo nella cittadinanza, anche perché il progetto è ambizioso e va ben oltre l’iniziativa in sé.
Qui, oltre a discutere di lauti affari che arricchiranno i soliti noti ed impoveriranno i soliti altrettanto noti, si discute anche di un’idea di città. L’opposizione all’Expo è necessariamente non solo un’opposizione alle mostruosità in costruzione nell’area fieristica, ma anche ad un modello di gestione e controllo della metropoli.
In questo periodo il ritornello monotono con cui la politica risponde ad ogni tipo di rivendicazione è: “Non ci sono più soldi”.
Peccato che poi i soldi si trovino per comprare gli inutili caccia F35, per costruire la demenziale TAV sulla linea Torino-Lione (24 miliardi di euro previsti) quando gli stessi Francesi hanno annunciato pubblicamente che quella linea ferroviaria non è più una priorità nazionale ed al massimo, se ne riparlerà dopo il 2030, per finanziare le missioni militari all’estero e chi più ne ha più ne metta…
Del resto di ricchezze, in Italia, ce ne sono molte e neppure così tanto nascoste. Basterebbe andarle a scovare!
In questo scenario il premier Gianni Letta si esalta per i 2,5 miliardi destinati nelle ultime settimana all’occupazione giovanile.
Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.
A Milano a situazione sembra simile. Si minacciano tagli alle politiche sociali (fondamentali in tempi di crisi economica) e si spende per Expo 2015.
Il tutto in un paese tragicamente abituato ad opere inutili e mostri architettonici come i Mondiali di Italia ’90 ben ci insegnano.
E mentre oggi viene resa pubblica la notizia secondo cui ci sarebbe un primo indagato per corruzione per vicende legate all’area di Rho-Pero (quando in realtà la Lombardia è travolta da indagini di ogni tipo da diversi anni legate ai faraonici progetti immobiliari degli anni 2000) se si analizza la struttura del grande evento emerge con chiarezza che l’Expo può essere letto come paradigma di tutto ciò che ci ha condotto alla devastante crisi finanziaria scoppiata nel 2008.
Una spregiudicata politica della speculazione e della rendita immobiliare sommata ad una scriteriata politica del debito.
Le stesse cose che hanno portato al collasso la Grecia (le demenziali spese per le Olimpiadi del 2004) e la Spagna (la bolla immobiliare) riproposte, come se nulla fosse, in salsa meneghina.
L’esperienza delle Olimpiadi Invernali di Torino che hanno lasciato i conti della città sabauda in ginocchio dovrebbe averci insegnato qualcosa. E invece nulla.
Il tutto in uno scenario in cui l’edilizia popolare, che dovrebbe essere cuore pulsante dell’iniziativa pubblica in periodi di recessione, è ridotta al collasso.
Anche lo stucchevole mantra legato alla creazione di posti di lavoro (lo stesso utilizzato in Val di Susa) puzza ormai di stantio.
Qualche anno fa si parlava della creazione di decine di migliaia di posti di lavoro. Oggi ci si accontenta di 3.000.
Tutti precari ovviamente!
Negli ultimi mesi i territori metropolitani sono stati attraversati da molte presentazioni di Expopolis un libro che ci aiuta a fare un po’ di luce sugli intrecci di potere legati a quello che succederà tra due anni.
I nomi dei potere in gioco, in fondo, però sono sempre gli stessi.
Si va dall’immobiliare Hines che gestisce il progetto Garibaldi-Repubblica (responsabile, per chi non se lo ricordasse dello sgombero dell’occupazione di Volturno33) all’onnipresente Intesa-San Paolo, dalla Compagnia delle Opere alla CMC passando per la Mantovani spa, per poi finire con l’Arexpo spa e la Fondazione Fiera Milano.
E se ad Ottobre 2012 un corteo ha attraversato Ravenna per andare a contestare proprio il gigante delle costruzioni CMC (nota cooperativa rossa) qualche settimana fa alcuni attivisti hanno simbolicamente occupato il cantiere (bloccato) del Rasoio, uno dei mostri architettonici del quartiere Isola. Progetto del gruppo Ligresti prima del tracollo dell’impero di quest’ultimo.
In questo quadro va a collocarsi una nuova interessante iniziativa il 7 Luglio a Monza.
Niente ne parla meglio che il documento di lancio firmato da diversi soggetti: “Le massime cariche politiche nazionali e internazionali – da Napolitano a Letta, fino al Presidente della Commissione Europea Barroso – atterrano a Monza il 7 luglio per inaugurare la Villa Reale come sede di rappresentanza di EXPO 2015. Un passaggio cruciale nell’avvicinamento all’esposizione che aprirà i battenti il 1° Maggio 2015 e una ghiotta occasione per chi sta costruendo il grande evento fieristico. Il carrozzone mediatico che sta infatti lucidando la vetrina di EXPO si è messo in moto da tempo, ma accelera a partire dall’appuntamento monzese, che Maroni definisce prima tappa di un “EXPO World Tour”. Le promesse fatte in questi casi sono note: ricchezza, lavoro, turismo, benefici per tutta la metropoli. E anche per il 2015 la dinamica in atto è la stessa, con promotori – pubblici e privati – che vendono l’evento utilizzando in primis la leva occupazionale e promesse di crescita economica, che in tempi di crisi non possono che riscuotere consensi tra la popolazione. In realtà poco o nulla di tutto questo è accaduto negli ultimi vent’anni per le Esposizioni Universali tenutesi in Europa, né accadrà qui. Da Genova a Lisbona, da Saragozza a Hannover, il passaggio di visitatori è sempre stato inferiore alle aspettative, il territorio non ha avuto nuovo sviluppo e le amministrazioni pubbliche, invece, si sono trovate in forte stato di deficit economico a causa del drenaggio di risorse avvenuto per supportare gli investimenti e le spese legate all’Esposizione”.
I prossimi due anni saranno molto importanti, per non dire decisivi, per il futuro della metropoli e l’idea di essa che emergerà come modello vincente.
Ne vedremo delle belle.
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