Valutazioni sulle mobilitazioni No BCE di Francoforte

 

WP_000248Per una attitudine europea delle lotte.

Appunti di viaggio, rientrando da Blockupy Frankfurt 2013

Sin dall’anno scorso avevamo la convinzione che saremmo tornati a Francoforte, consci del suo essere uno dei luoghi più rappresentativi della Troika e della governance finanziario-politica d’Europa e, di conseguenza, una delle più significative cabine di regia nella gestione delle crisi. 
Diverse sono le ragioni per cui possiamo affermare di trovarci di fronte ad un bilancio positivo. In primis per la capacità di mobilitazione e per la tenuta politica della galassia Blockupy, in grado di affermarsi in Germania come un qualcosa di più di una rete a progetto, attraverso una sinergia capace di mettere insieme attori differenti.

Spicca particolarmente in questa direzione la capacità di lavorare assieme delle due principali coalizioni autonome tedesche, cioè “…ums Ganze.” e “I.L.”, dato non scontato per le diverse attitudini e la storia dei movimenti locali.

Un primo elemento molto significativo da analizzare è quello del “Camp Anticapitalista”, un esperimento ben riuscito che durante le giornate di Blockupy ha ospitato duemila persone da tutta Europa, con una netta prevalenza numerica di attivisti tedeschi affiancati da delegazioni dei movimenti di altri paesi, alcune di queste più numerose (come quella italiana) altre più simboliche. Il fatto che la componente tedesca fosse significativamente più sostanziosa, pur partendo dalla considerazione che, essendo Blockupy a Francoforte e avendo le realtà locali lavorato molto in funzione dell’appuntamento, poteva risultare un dato quasi scontato, da una parte deve consegnarci la soddisfazione di vedere una vera riattivazione del circuito di movimento tedesco, dall’altra deve portarci, in funzione dell’anno venturo, a lavorare per accrescere sempre di più una presenza legata al corpo vivo dei conflitti e delle lotte presenti nei singoli paesi.

L’aspetto però più importante del campeggio è stata la sua funzione politica, come luogo unico di discussione interno a Blockupy, dove si è riusciti nel tentativo di darsi un meccanismo di definizione delle pratiche e di costruzione della mobilitazione pubblico, chiaro e partecipativo.

Esempio lampante in questo senso sono state la preparazione dei book block (una delle innovazioni introdotte quest’anno, figlia delle mobilitazioni studentesche in Italia) e la strategia di piazza spiegata e discussa in gruppi di lavoro e poi in assemblea plenaria. 
Questo rompe con la tradizione antifa e autonomen dell’intergruppi formale che deve solo gestire il camion, decidere gli spezzoni e i cordoni e che non va poi ad assumere collettivamente le altre questioni.
Tale condivisione e messa in comune di pratiche, strumenti e responsabilità è un elemento di eccezionale novità nelle dinamiche di movimento europee.

Altro elemento di novità in questo quadro è stato constatare l’interposizione di deputati del Die Linke fra polizia e manifestanti, avvenimento piuttosto inedito in Germania. Ciò è stato possibile proprio perchè il percorso di costruzione di Blockupy è riuscito realmente nel tentativo di costruire una coalizione che, dai partiti alla sinistra radicale, senza tentare di annientare le differenze esistenti, ha parlato un linguaggio comune e stabilito in maniera chiara modi e tempi di quello che si andava a mettere in campo. Questo intenso scambio, questo relazionarsi in maniera precisa su tutto ha fatto sì che, nel momento in cui la polizia ha deciso di spezzare il corteo dividendo la testa dal resto del lunghissimo serpentone, la gente fuori dal blocco (e si parla di circa 20000 persone) sia rimasta per ore a solidarizzare e a dare la migliore dimostrazione di un’unitarietà di intenti che ha rappresentato una delle più belle immagini della giornata.

Un ulteriore dato che si è potuto osservare è stata la capacità di allargare le tematiche messe sul piatto delle mobilitazioni, andando a toccare con il blocco della via delle maggiori griffe anche le questioni del lavoro e dei flussi delle merci nella metropoli, oltre al tema dei diritti dei migranti, con in prima linea nel corteo interno ad uno degli aeroporti più importanti d’Europa una delegazione di rifugiati in Germania.

Come non sentire in questo anche la eco dei fatti svedesi e della crisi del welfare ad inclusione differenziale del modello scandinavo. Un sistema nordeuropeo che lentamente ma con costanza inizia a scontare le conseguenze della crisi, portandoci ad abbandonare sempre di più l’immagine proposta dalla vulgata ufficiale per cui sono solo i cosiddetti PIIGS i paesi in cui la recessione è in atto. Ne consegue quindi il fatto che una caratterizzazione transnazionale di una risposta alla crisi risulti ancora più imprescindibile e attuale visto che nessuno può considerarsi intoccabile e al sicuro.

Delle intense giornate francofortesi non possiamo però trascurare il nodo della capacità di repressione e controllo messa in campo con spietata efficacia dalle forze dell’ordine locali. Come evitare in futuro che un corteo di diverse migliaia di persone possa essere posto in fase di stallo per ore?

Questo ci deve spingere a ragionare su come si possano trovare dispositivi collettivi che permettano di fare quel passo in avanti evitando il sequestro per nove ore(!) di uno spezzone, così da avere la capacità di mettere in campo pratiche condivise che spingano l’asticella più in alto rispetto alla mera presenza di solidarietà. Non è questione di avere la soluzione in tasca, anzi, ma di sviluppare in prospettiva un discorso anche su questo punto, così da rompere l’asfissiante tentativo delle autorità tedesche, con l’ovvio beneplacito e plauso della BCE, di impedire forme di dissenso forte in uno dei luoghi più rappresentativi della crisi.

Il ritorno da Francoforte ci segnala la necessità di continuare a ragionare su uno spazio europeo, sia per quanto riguarda i movimenti che l’attraversano e la loro capacità di intessere relazioni, sia per una impellente esigenza di immaginare e comunicare un’idea di Europa che ci convinca e che sappia essere alternativa a quella determinata dalla BCE e dalla Troika.

Può oggi l’Europa e non solo (non facciamo l’errore di trascurare l’ambito Euro-mediterraneo e Euro-balcanico) diventare fucina di un’ altra dimensione esistenziale improntata su diritti, reddito, inclusività e nuove forme di democrazia partecipata dal basso? Noi pensiamo di si!

Le prime notizie provenienti dalla Primavera Turca trovavano, infatti, subito solidarietà e sostegno anche a Francoforte, nel cuore della bestia.

E’ necessario quindi tenere sempre presente nella quotidianità delle lotte una attitudine europea, costante e capace di connettere e parlare a livello transnazionale il linguaggio dell’alterità allo stato di cose esistenti e del conflitto.

Di conseguenza speriamo e riteniamo che Blockupy possa essere uno dei luoghi in cui processi e dinamiche in funzione di un’altra europa possano trovare quel terreno fertile idoneo alla loro crescita e proliferazione.

Per questo il nostro è solo un arrivederci a Francoforte, in previsione dell’anno prossimo che vedrà l’annunciata inaugurazione della nuova sede della BCE e in cui i movimenti dovranno dare ulteriore dimostrazione che il percorso iniziato continua a crescere e a conseguire quei traguardi di cui abbiamo assoluto bisogno per uscire dalla morsa della crisi e della governance neoliberale.

 

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