22 Maggio 2013

 

14Mi ricordo ancora bene quando mi arrivò la mail in lista con scritto “Sgombero Zam”. 
Ero in metropolitana, diretto al Palazzo della Regione per assistere a una seduta del Consiglio che presiedeva il nuovo governatore, quella merda di Maroni. Ero seduto, mi ascoltavo la musica e cazzeggiavo su internet dal telefono e poi arrivò questa mail, all’inizio pensavo fosse uno scherzo, poi purtroppo capii che era l’amara verità. Mi sentii bloccato, incredulo, incazzato e con la voglia di spaccare la faccia a qualcuno. Non potevo credere che Zam, la mia casa, stava per essere sgomberata per un progetto dei proprietari che non si erano cagati per anni il loro posto regalandolo allo spaccio. Ero incredulo, non ci volevo e non ci potevo credere che Zam fosse sotto sgombero… 

Mi ricordo la prima volta che ci entrai, avevo 14 anni, ero entrato da poco nella RSM, si parla di 3-4 mesi, e mi ero saltato l’occupazione perché mia madre non voleva che partecipassi ad atti illegali (a ripensarci adesso agli “atti illegali” rido da solo), tuttavia ci entrai 3 giorni dopo, il lunedì storico delle assemblea della Rete. 
È stato amore a prima vista, questo posto enorme, spazioso, bellissimo! 
Mi ricordo l’Inferno vuoto, e noi ragazzini con il compito di staccare tutte le luci e ripulirlo da cima a fondo, mi ricordo quando ripulimmo la sala principale e la futura palestra di sopra e io che ci trascorrevo le settimane e i mesi a pulire perché sentivo mio il posto (infatti i risultati scolastici dimostrarono tutti il mio impegno a Zam e non a scuola). 

Conobbi tantissimi compagni che presto si trasformarono in una famiglia da cui non mi posso tutt’ora separare, mi ricordo anche le partite di calcetto o a 11 e tutte le mie figure dimmerda perché coi piedi sono impedito.
Mi ricordo anche tutto il “nonnismo militante” che fu applicato su di me, ossia tutti i più grandi erano autorizzati a spronarmi in ogni maniera, per lo più fisica, per farmi crescere bene, e possiamo dire che ha funzionato. 

Penso che la mia pre-adolescenza più bella io l’abbia passata solo a Zam, dove ho imparato tantissimo, dal fare politica in un certo modo, a non scadere in retoriche stupide, a ragionare sempre con la mia testa, ad essere presente e fare da esempio per te stesso e per i tuoi compagni, che a Zam non esisteva il singolo ma la collettività e tutti dovevano aiutare tutti, insomma ho imparato cosa vuol dire essere un compagno, e penso sia la cosa più bella della vita potersi definire e saper di essere accettato come un compagno da tutti. 

Mi ricordo le ore passate a montare i camion per i cortei, le nottate passate a fare il materiale o montare i BookBlock per il giorno dopo, mi ricordo le lunghe discussioni sul cosa fare e come farlo – che poi puntualmente succedeva altro -, mi ricordo le ore passate a fare gli striscioni e controllare se c’erano errori di ortografia, perché sì…i militonti sono anche questo.

A Zam ho fatto diverse esperienze, ma quelle che ti formano di più erano i compiti di “importanza” e di “fiducia”, ossia stare al bar e starci per 4-5 ore sudando e spillando birre come non so cosa, stare in cassa con -2/-4 gradi e starci le ore, oppure stare dietro le transenne con le serate OI dove il pogo era assurdo e sudavamo di più noi e raccattare la gente che si lanciava o che si schiantava contro le transenne. 
Ma mi ricordo i fantastici concerti di Zam: i Nabat, gli Erode, i 99 Posse, la Banda Bassotti… 
Ricordi fantastici ma che nel giro di 2 anni si scontrarono con la realtà dei fatti e lo sgombero. A dire la verità io non mi sono mai seguito le assemblee pre-sgombero, un po’ per mancanza di tempo e un po’ perché l’unica cosa che mi interessava era non dargli Zam. 

9Mi ricordo la notte passata a montare le barricate, senza sosta, perché Zam non andava dato facilmente, mi ricordo che a un certo punto, saranno state le 4 di mattino, mi sedetti su una sedia e scattai una foto alle barricate di piena notte, cosi, a caso, non lo so nemmeno io perché. 
Dopo verso le 5 però il sonno si cominciava a far sentire, e allora di soppiatto con N. , F. e M. andai nell’aula Rete e dormimmo per 1 oretta abbondante per ripigliarci dal fatto che eravamo lì dal giorno prima a lavorare. 

Alle 6 tutti in piedi per l’ultimo “briefing” , io ero nel gruppo mascherato (ovviamente), mi trovavo alle 7 seduto sulle barricate con N. e L. e mi ricordo che quel babbo di L. continuava a dirci “Ma se gli sbirri non vengono?” e io “Se non vengono vuol dire che sono furbi e ci hanno fatto lavorare tutta notte per un cazzo”. 
Mi girai indietro e vedevo i compagni tutti coperti che giocavano a pallone, non ci potevo credere, mi misi a ridere, da un lato perché sentivo le cadenze venete che mi facevano scompisciare quando tiravano giù il paradiso, dall’altro perché c’era la staffetta resistente che ci portava caffè e brioche correndo dalle barricate al bar e dal bar alle barricate. 

Da lì aspettammo ancora un po‘, mi ricordo che io e N. eravamo ancora seduti vicino sulle barricate a parlare del più e del meno, occupando il tempo e facendo mille pensieri sulla giornata che ci aspettava, mi sentivo un giovane partigiano a stare lì a dir la verità, mi riecheggiava la lotta partigiana nella nostra scenetta. 

E poi ecco che arrivò la Polizia, scendemmo rapidi e ci mettemmo ai “posti di battaglia”, da li cominciò il solito momento del riot, la testa diventa pesante, i pensieri ti esplodono, il tuo corpo è pronto a scattare e attendi solo l’ordine di lanciare, che poi arrivò quando la ruspa degli sbirri attaccò la barricata e noi ci mettemmo a lanciare furiosamente contro i caschi blu per tenerli lontani e sentii qualcuno dire “Rivolete Zam!? Ve lo diamo un pezzo alla volta merde!!”, quella frase mi fece salire ancora di più la voglia di lanciare e tenerli lontani finché non venne F. che mi prese dal colletto stile bambino e mi portò via, e da lì segue quello che tutti sanno, lo scavalcare quel cancello (che doveva essere aperto ma era chiuso) e da lì proseguire con la fuga…

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