Diritto d’autore?Diritto di condivisione!

Quella che l’FBI ha definito la sua più grande iniziativa di sempre, la chiusura dei siti Megaupload e Megavideo, ha scatenato una meravigliosa risposta da parte di Anonymous cioè l’oscuramento dei siti delle lobby del cinema e della musica Americana (e mondiale come Universal) e la messa in rete dei dati e delle informazioni del capo del FBI Robert Muller.

Questa la cronaca. Ma dietro la cronaca c’è di più.

L’attacco legalitario ai siti di condivisione streaming è storia legata alla difesa del diritto d’autore su pressione di chi autore non è ma produttore/editore cioè di chi specula sugli autori “comprando” o producendo le idee, la musica, gli spettacoli e il gusto degli artisti.

Diciamolo chiaramente l’avvento del web ha sicuramente fatto diminuire le vendite di cd e dvd, ha sicuramente messo in difficoltà il mercato della produzione cinematografica o musicale ma questi mercati hanno risposto alzando i prezzi dei botteghini per concerti e film, i gruppi musicali vendono meno dischi e alzano i tariffari dei loro spettacoli.

Chi non è stato in grado di reagire sono state le lobby e le grandi corporazioni…..da Universal a Warner mettendocele dentro tutte.

Bisognerebbe chiedersi perchè questo è successo. E’ troppo semplice dire, scrivere e pensare che il “popolo” non vuole comprare musica e film. Non è così. Se no non si spiega come cinema e concerti siano popolati da milioni di utenti tutti i giorni. Forse c’è qualcosa di più profondo, magari inconsapevolmente, nella scelta di scarica e fruisce dei portali di streaming.

C’è una critica al mercato della cinematografia e della discografia: il costo dei supporti.

Un film ha costi di produzione e promozione altissimi ma questi costi vengono assorbiti con i botteghini cinematografici come può poi quindi un dvd costare 20 euro?

Nelle produzioni discografiche i costi sono più bassi e non ci sono i botteghini dei cinema ma nonostante ciò i costi di vendita dei cd sono spropositati: chiunque di noi conosce qualcuno che con la sua band ha registrato, stampato e promosso il suo disco e quindi ognuno di noi sa che i costi ci sono ma sa anche che vendendo un cd attorno ai 10 euro ci sono ampi margini di guadagno, e ci si può immaginare che più copie vengano stampate più le spese vengono suddivise.

Nell’epoca dell’avvento di NAPSTER, il primo modo per scaricare musica, il cd costava 20 euro.

Il mondo della produzione (discografica o cinematografica che sia) non ha capito la capillarità di internet, la potenza del mezzo e dall’alto dell’arroganza capitalista non si è posto il problema. Hanno subito l’avvento della tecnologia. E stanno fallendo. I loro colpi di coda sono le pressioni sulla politica per provare a schiacciare tutte le forme di condivisione di file.

Ma poi c’è dell’altro che è molto più nobile di tutto ciò scritto prima.

C’è la necessità e la voglia di cultura, di musica di film. Megavideo, Megaupload, Emule, Torrent ecc ecc altro non sono che la messa in pratica del concetto di redistribuzione della ricchezza, in maniera indiretta perchè permette di non spendere soldi per poter aver un “servizio”. Rendono possibile quasi a tutti l’accesso e la fruizione di film e musica, abbattono le distanze di “classe” e sono uno strumento democratico di crescita culturale.

Anche qui spesso questo avviene in maniera inconsapevole ma è così.

In un sistema basato sugli squilibri sociali non sarà sicuramente la chiusura di due siti che fermerà il genio e l’inventiva delle persone per trovare un modo “popolare” di accedere e fruire alla cultura in maniera gratuita e democratica, nel senso che l’utente possa scegliere cosa, come e quando potervi fruire. Le forme repressive per quanto brutte e cruente sono capaci di mettere in moto risposte creative e vincenti, Anonymus insegna, chi sta in alto trema.

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