Minuzie sulla via per Acteal

20131222_071015Dalla posada partiamo in nove: un’argentina, una catalana, due messicani, una greca e tre italiani. Alle 6.12 siamo fuori casa e, passato il sonnolento mercato della frutta dei fiori e delle candele, raggiungiamo “en un ratito” la stazione dei taxi. Ad Acteal, senza un mezzo proprio, si arriva solo così: 50 pesos a testa e un’ora e mezzo abbondante di viaggio. Quattro nel primo taxi, quattro nel secondo..diciamo che mi offro per il viaggio in solitaria nel terzo.

Tempo mezz’ora e il sole sale, improvviso e inaspettato, da dietro la cresta delle montagne. In rapida sequenza accende i colori, aggredisce la coltre di foschia e attacca a scaldare dai vetri dell’auto. Affianco a me siede una donna con la sua bimba, fuori corrono spuntoni di roccia chiara che al passaggio del taxi vengono avvolti dentro riccioli di polvere rossa. Asfalto, terra battuta e cemento danno il cambio in prossimita’ di cave che ingoiano grandi fette di declivio. Sul ciglio, appollaiato sopra una massicciata, un operaio tende una corda rossa che blocca a singhiozzo il traffico, gia’ costretto su una sola corsia dal pickup dei colleghi. Il biglietto è un postit giallo su cui spicca uno stemma con piccone e pala timbrato sopra. Sul cofano del pickup un altro operaio segna la data di oggi sul blocchetto dei postit. Anche il mercato di Mukem, a un passo dalla meta, si snoda per centinaia di metri sul ciglio una volta superata l’ultima sella prima della discesa per Acteal. In pochi minuti passiamo San Pedro Polho, il municipio zapatista che ancora oggi ospita i desplazados figli della strategia della paura di cui il massacro di Acteal e’, a 16 anni dal 22 dicembre 1997, l’episodio simbolo.

L’appuntamento pubblico e’ a un passo dal presidio militare. Arrivano gli uomini con tuniche bianche, mantelle nere e cappelli colorati. Arriva la banda e il carro con croci e pendenti religiosi. Arrivano le donne con gonne nere, fiocchi e coccarde azul e mantelle di tessuto spesso bordato con trame a fiori o romboidi. Dai carri scende ancora gente che, ordinatamente, si dispone in due file. La nostra indisciplina e’ totale ma nessuno si offende, dopo dieci minuti di marcia sciogliamo il crocicchio cosi’ che uomini e donne confluiscano nelle file previste dal cerimoniale.
Ogni cinque minuti un petardo lanciato in cielo segnala il passaggio della marcia silenziosa.
All’ingresso di Acteal un totem e un paio di striscioni ricordano i 21 anni dalla nascita della comunita’ e i 16 anni dal massacro compiuto dai paracos per punire gli tzotziles di qui che, aderendo alla sesta, si esponevano allacciando relazioni con gli zapatisti senza però abbandonare il loro assoluto pacifismo. La cerimonia e’ un confuso mix di commemorazione, denuncia politica dell’impunita’ senza fine, messa cattolica con canti, teatro, stacchetti musicali slinti da un impianto enorme. A seguirla con partecipazione sono in centinaia. Ogni cinque minuti ilnsolito petardo in cielo, mentre, sull’orlo dell’iniziativa, si vende frutta, tamales di pasta di mais con pollo o fagioli neri, e i più piccoli si rincorrono e ci guardano.

Tre croci di un celeste saturo campeggiano sul ricordo del massacro e si mescolano alle parole durissime del comunicato Las Abejas per il riscatto dopo tanti anni di vergogna. Il ragazzo che coordina e presenta l’iniziativa ha una maglietta verde con la faccia di Sandino.

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