Un racconto per Carlo

Il breve scritto che segue è stato pubblicato di getto, la notte tra il 20 e il 21 luglio, sulla pagina facebook di Carlo Giuliani. Pur avendolo concepito su un social network l’ho considerato un pensiero intimista, un flusso di coscienza frutto del momento e forse, se mi passate il termine, una sorta di preghiera. Uno sfogo della frustrazione di questi giorni, di questi anni. Un pensiero che secondo me non dice nulla di nuovo, nel senso che tutti/e noi la rabbia e la frustrazione ce la sentiamo dentro, e quello che ho scritto riporta le stesse emozioni di ogni canzone, murales, libro, sms, vattelapesca degli ultimi undici anni. Ma a quanto pare è una “preghiera” condivisa da molti, un pensiero considerato viscerale e corale, tanto che che sono stato invitato a farlo pubblicare qui, su Milano in Movimento. Ho tentennato un po’, per i motivi detti sopra e forse anche per timidezza, ma alla fine mi son convinto. Forse non ci sarà nessun nuovo contributo alla “causa”, ma alla memoria di Carlo e di tutti i compagni caduti nella lotta sì. O almeno me lo auguro.
Viva Carlo, viva le Resistenze e viva l’ Italia e il Mondo liberi, che sono sicuro un giorno avremo di nuovo. Liberi dalla violenza e dalla falsità, liberi dalle logiche di profitto, liberi da bieche dietrologie e liberi, sopratutto, dalla paura di vivere.
 
 

Carlo, vorrei raccontarti una cosa: oggi ho visto e sentito molte persone che non sanno cosa ti è successo o perchè, o lo sanno per sentito dire. Pazienza, purtroppo oggi come oggi in questo Paese non si può pretendere che tutti abbiano interesse a documentarsi su ciò che accade. Niente importa più a nessuno, siamo stati “educati” a restare supini e non alzare mai la testa, a dire “si scusi grazie scusi” invece di “no, cazzo!”. Educati alla violenza, dove la guerra è solo un altro fenomeno mediatico come fossero le olimpiadi o x-factor, dove le lotte popolari e giuste vengono ridotte a sfoghi di violenza e basta, dove una vetrina vale più di una vita umana.
Ci prendono per il panem e ci imbottiscono di circenses, le uniche cose che contano ormai sono i soldi, la figa e il calcio. Questo stava già accadendo quando tu eri ancora tra noi, è andato avanti dopo il tuo assassinio e continua ancora oggi, degenerando giorno dopo giorno.
Molte delle persone di cui sopra si sono sbilanciate in commenti “da bar”… robe tipo “pota ma se l’è cercata” o ancora “beh se uno vien li per tirarmi un estintore gli sparerei in faccia anche io, magari anche più volte”. E vabbè. Io ho sempre detto che ci vorrebbero più persone cattive e meno ignoranti, ma oggi, poco fa, su questa stessa pagina, mi sono in parte ricreduto: ho visto ragazzi, molti parecchio giovani – che durante il g8 magari ancora indossavano il pannolino- che si lanciavano in attacchi verbali beceri e insensati. Attacchi ignoranti e cattivi. Immotivati. Si chiamano “troll”, è una moda di internet, che consiste nel ridicolizzare qualsiasi cosa per scatenare litigi e creare fastidi, così, giusto per sollazzo.
Ecco, tendenzialmente io mi diverto anche a vedere le “trollate”, a volte mi aiutano a farmi un’amara risata su ciò che accade in questo marcio mondo, a volte mi forniscono uno spunto di riflessione su qualche questione.
 
Ma oggi no, Carlo. Oggi no.
 
Sarà che è l’anniversario della tua perdita, sarà che i carnefici l’han passata liscia (nella peggiore delle ipotesi ci hanno pure guadagnato), sarà che molti compagni hanno le vite legalmente rovinate per sempre, sarà che oggi il maldidenti è più forte che mai, sarà che mi sono alzato male, ma insultare la tua memoria è una cosa che non mi va giù. Tu sei diventato un martire che nessuno voleva, e sei diventato – almeno per alcuni – il simbolo della lotta fino alla morte, in un’epoca come la nostra, povera di valori e contenuti, povera di eroi di cui forse non necessitiamo e che sicuramente non meritiamo. Il tuo sacrificio, indesiderato, nella mia testa e nel mio cuore resta vivido, e mi rimbalza dentro come quel dannato proiettile che ti ha strappato alla tua famiglia, ai tuoi amici e ai tuoi compagni. Io avevo 13 anni del 2001, dovevo venirci pure io al G8, ma mi è stato impedito… ancora oggi non so se esserne lieto o meno. Fatto sta che ricordo la rabbia, l’impotenza e la tristezza nel vedere le immagini al telegiornale, come se le ricordano tutti del resto. E’ una rabbia che purtroppo non è scemata negli anni, ma anzi è ribollita e fermentata, e ancora non mi lascia.
Non/CI /lascia. Forse nel corso degli anni sono diventato più intollerante, più cinico, ma anche paradossalmente più sensibile e non riesco quindi ad accettare questi attacchi.
 
Per questo, Carlo, ti chiedo di perdonare chi insulta la tua memoria, perchè io non ci riesco.
Ovviamente non leggerai mai queste righe, ma sono sicuro che le energie che ho usato per formulare questi pensieri ti siano arrivate, ovunque tu sia.
 
Che la terra ti sia lieve, Compagno.
Tu vivi nella memoria dei vivi.
 
 
Gregorie

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Una risposta a “Un racconto per Carlo”

  1. evie ha detto:

    Io avevo 8 anni nel 2001 e guardavo quelle immagini al TG allibita mentre mia madre in maniera obbiettiva cercava di farmi capire cosa stava accadendo.. non capivo, ero spaventata. Poi sono cresciuta e ho cercato di capire meglio cosa era accaduto in quei girni che, senza averlo ancora neanche capito, mi avevano segnato per sempre. Mi sono informata, ho cercato motivazioni, cercavo di capire tutto, almeno il possibile. Ho cercato addirittura scusanti.
    Ora ho 19anni e quei giorni sono ancora dentro di me, con un ricordo vivido… e una rabbia ardente!
    La mia mentalità e quindi la mia personalità sono state coniate e modellate dalla rabbia sempre maggiore di questi anni in cui ho appreso più informazioni possibili.
    Ho scelto il mio futuro grazie a quei giorni, vivo il mio presente pensando a “quel morto”. Ce ne sono stati tanti altri di morti… e voglio battermi per fare il possibile, e anche di più, per modificare questo mondo, per portare giustizia a quei morti che senza neanche saperlo hanno forgiato la mia anima e di quelli come me.
    Avevo solo 8 anni, neanche c’ero.. ma quei girni mi hanno cambiato la vita.
    E’ vero, la rabbia non si placa, ed è proprio questo a darci la forza.

    tu vivi nella memoria dei vivi

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