Ciao Articolo 18

L’articolo 18 non è più un “problema” da discutere.

La giusta causa da oggi non esiste più e viene “riscritta” come dicono loro, “abolita” come diremmo noi, in una forma che nulla garantisce, una presa in giro: l’articolo 18 si farà valere nel caso in cui una persona fosse licenziata a causa di una discriminazione.

In tempo di crisi, con le fabbriche che chiudono un giorno si e uno anche, con le attività commerciali che stentano ad andare avanti, con gli infiniti licenziati e licenziate che da un giorno all’altro si trovano per strada, si è deciso che tutelare i lavoratori e le avoratrici in caso di licenziamento costituisse un deterrente per il famigerato sviluppo di cui si riempiono la bocca.

Chiaro è che non è una situzione a cui siamo giunti e giunte dall’oggi al domani.

Il sistema economico – finanziario neoliberista europeo e italiano si è trasformato in un sacco insostenibile da portare e il debito pubblico che portiamo sulla testa, causato dalle politiche scellerate di speculazione e corruzione che tuttora vanno avanti e che si cerca di eclissare e tenerle in vita, han dato motivo di legittimazione dello smantellamento dello stato di diritto sul lavoro, e tutto dinnanzi ai nostri occhi.

Qualche anno fa a Roma hanno manifestato 3 milioni di persone in difesa dell’articolo 18.

Oggi l’operazione di appiattimento dei cervelli ad opera di 20 anni di berlusconismo hanno permesso che il fattore “emergenza” passasse e fosse accettato dall’opinione pubblica: “si deve fare”.

Invece di chiedere a gran voce la difesa che la Giusta causa mette in atto, tutti e tutte sono pronti e pronte a dare un rassegnato “ok”.

Allucinante.

Allucinante perché questi signori e signore “tecnici”, che sono qui per salvare “tecnicamente” un sistema che implode su sé stesso, parlano di “contratto dominante”, la versione 2.0 del contratto unico, cioè un contratto a tempo determinato che dopo 36 mesi, sempre che nessuno venga licenziato, si deve trasformare in indeterminato.

Ma cosa succederà nelle fabbriche? nelle aziende e nei servizi commerciali? Cosa succederà tra i lavoratori e le lavoratrici una volta che un’ente dovrà decidere chi assumere a tempo determinato o indeterminato, chi avrà l’onore di non essere più precario o precaria? E siamo sicuri che verranno annullate tutte le forme collaterali di contratto?

La ministra parla di “flessibilità buona”, noi rispondiamo “precarietà”.

Nessuno ha parlato di risorse rispetto agli ammortizzatori sociali: ci sono o non ci sono?

Insomma, un altro pugno nello stomaco davanti a questo governo, che ora non freno a dire “dittatoriale”.

siamo di fronte ad un governo che dice di ascoltare le parti sociali, ma poi decide ciò che aveva già preventivato.

Sarebbe bello che da questo emergesse un pò di grinta, e le persone si facessero avanti.

Se la pacificazione sociale significa trasformarsi in larve, diciamo NO!, per favore.

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