L’utilizzo distorto del concorso morale contro i movimenti

La settimana scorsa sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza di primo grado del Tribunale di Torino contro Nina e Marianna, due compagne no-tav arrestate durante l’attacco alle reti del Settembre 2011.

Nina è stata assolta e se è vero che Marianna è stata condannata ad otto mesi in base a testimonianze fumose e contraddittorie è anche vero che la sentenza ha in qualche modo smontato il famoso “concorso morale” che sta venendo utilizzato con sempre maggiore frequenza dalla Procura di Torino per combattere il Movimento No-Tav (basti guardare alle 12 denunce per i fatti dell’8 Dicembre 2011).

Prima di tutto occorre capire di cosa stiamo parlando: qui un breve approfondimento sull‘istituto giuridico del concorso di persone nel reato:

La ratio del concorso di persone nei reati

Il legislatore italiano ha previsto le norme sul concorso di persone nel reato per permettere di dare rilevanza penale a quei comportamenti atipici ai sensi della norma che disciplina il singolo reato, estendendo così la responsabilità a chi non realizza in prima persona un reato consumato o tentato ma concorre attivamente alla commissione dello stesso da parte di altri.

Requisiti normativi

Perché si possa configurare il concorso di una persona nel fatto illecito commesso da altri, deve sussistere il nesso causale tra il reato e la condotta atipica commessa dal concorrente. In altre parole la condotta atipica del concorrente deve aver contribuito causalmente alla realizzazione del fatto. Ciò significa che senza la condotta del concorrente non si sarebbe realizzato il fatto illecito (condicio sine qua non).

Si distinguono due tipi di concorso: il concorso materiale, ossia quando la condotta atipica di aiuto è stata condizione necessaria per l’esecuzione del fatto concreto. (es. consegnare l’arma a chi poi la userà per uccidere un uomo) ed il concorso morale.

Il concorso morale

Questo si realizza da parte di chi, con comportamenti esteriori (consigli, minacce, doni, promesse di aiuto etc.) fa nascere in altri il proposito di commettere il fatto che poi viene effettivamente commesso ovvero rafforza un proposito già esistente ma non ancora consolidato.

Tale influenza va accertata concretamente, ossia il giudice deve verificare che senza la condotta istigatoria il fatto non si sarebbe realizzato con quelle specifiche modalità.

La pena per il concorrente

Per chi sarà considerato concorrente nel reato si farà riferimento alla pena per il reato in questione. Questo non significa che in concreto verrà applicata la stessa pena all’assassino Gianni che abbia sparato alla sua vittima e al compagno Pino che gli ha consegnato l’arma con la quale il primo ha trapassato mortalmente la vittima. Significa però che il giudice utilizzerà lo stesso articolo di legge per comminare la pena a Gianni e Pino, modulandola a seconda delle circostanze.

Esclusione del concorso morale

Qualsiasi manuale di diritto penale, vi dirà, dunque, che si deve escludere il concorso morale nel caso in cui l’autore del fatto fosse fermamente risoluto a commettere il reato.

La seconda cosa che vi verrà spiegata dalla manualistica è che la mera presenza sul luogo del reato non integra alcuna forma di concorso morale, a meno che non vi sia stata un’adesione esteriore al comportamento illecito, cosicché l’autore del reato abbia potuto rafforzare il proprio proposito.

Esempio: chi assiste al pestaggio di un immigrato e commenti ad alta voce: “bravi, diamogli una lezione! Io non ho visto niente” concorrerà moralmente al reato non tanto perché presente sul luogo quanto perché abbia espressamente aderito e influenzato il comportamento del picchiatore.

Pacificamente si ritiene in dottrina che la “connivenza” sia estranea al concorso morale, ossia chi sia consapevole che altri stiano per commettere o commettendo un reato e non faccia nulla per impedirlo e rimanga, così, inerte non sarà concorrente morale del reato (si configurerà, invece, il concorso omissivo nel caso in cui chi assisteva aveva l’obbligo giuridico di impedirlo, ad esempio forze di polizia).

Quanto sopra descritto non è nulla più della definizione di base dell’istituto giuridico del concorso di persone elaborato dalla dottrina giuridica. Basta però questa breve descrizione per rendersi conto che qualcosa di stonato suona nell’aria alla luce di alcune applicazioni pratiche del concorso morale nelle aule dei tribunali.

Utilizzo dell’istituto per reprimere le lotte sociali

A partire dagli anni 2000 il concorso morale ha iniziato ad essere utilizzato con sempre maggiore frequenza nei processi che hanno colpito i movimenti sociali ed i loro momenti di conflittualità.

Se guardiamo ad alcuni grossi processi per fatti di piazza potremmo notare l’evoluzione nell’utilizzo dei reati da parte della magistratura.

Il concorso morale fu usato nel processo per lo sgombero del Leoncavallo del 1989, andato in giudicato alla fine del 1993. La condanna fu di un anno e mezzo per concorso morale in porto d’arma da guerra (clicca qui).

Il processo seguito alla manifestazione dell’Opposizione Sociale a Milano il 10 Settembre 1994 (http://www.ecn.org/leoncavallo/10set94/index.htm) se da un lato vedeva ben 132 imputati, dall’altro, nonostante la radicalità della giornata, non vedeva né l’utilizzo del reato di devastazione e saccheggio né un utilizzo diffusissimo del concorso morale.

Tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio dei 2000 la situazione cambia.

Il famigerato articolo 419 del Codice Penale – devastazione e saccheggio – viene riutilizzato dopo moltissimi anni a Torino nel 1998 in occasione del procedimento per il corteo per Baleno del 4 Aprile dello stesso anno.

Dopo il G8 di Genova del Luglio del 2001 al reato di devastazione e saccheggio si affianca il comodo escamotage del concorso morale e della compartecipazione psichica.

A Milano, nel processo per i fatti del corteo antifascista di Corso Buenos Aires dell’11 Marzo 2006, il semplice comparire in foto e filmati della Polizia Scientifica ha portato alcuni imputati ad una condanna (con rito abbreviato) a 4 anni di carcere.

Le foto e i filmati non documentavano il compimento di alcun reato, ma la mera presenza ad una manifestazione (per approfondire clicca qui).

Uno dei principi cardini del diritto è che la responsabilità penale è personale.

L’applicazione del concorso morale strumentalmente per colpire non gli autori dei singoli reati ma interi movimenti di protesta ha permesso di aggirare proprio quel principio che stabilisce che ognuno, giuridicamente, risponde per le singole condotte da lui messe in atto e non per quelle di altri.

La ratio dell’istituto del concorso, precedentemente descritta, non ha nulla a che vedere con l’applicazione che ne è stata fatta in tali contesti.

La forzatura che spesso è stata fatta è assai evidente ed innegabile se si confronta banalmente la teoria giuridica e le fattispecie concrete di piazza sopra citate.

La sentenza di primo grado del tribunale di Torino nei confronti di Nina e Marianna sembra costituire una battuta di arresto nell’uso distorto e strumentale del concorso.

Speriamo che non resti una mera parentesi.

 

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2 risposte a “L’utilizzo distorto del concorso morale contro i movimenti”

  1. tonto ha detto:

    Hai scritto una inesattezza: il concorso morale è stato usato prima del processo per il 10 settembre 1994 nel processo per lo sgombero del Leoncavallo del 1989, andato in giudicato alla fine del 1993.
    Mi riferisco allo sgombero vero, quello in cui furono usate molotov tanto per intenderci, e la condanna fu di un anno e mezzo per concorso morale in porto d’arma da guerra.

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