LA MANOVRA EQUA (ANTI)POPOLARE

Il governo Monti aveva promesso una manovra equa dove i redditi più bassi non sarebbero stati oppressi ma sarebbe invece aumentata la tassazione sui consumi e sul patrimonio.
Si potrebbe dire “ottimo incipit” peccato che poi il libro racconti tutt’altro.
Nella manovra troviamo infatti la reintroduzione della tassazione sulla prima casa (ex ICI ora IMU), un nuovo tributo territoriale sui rifiuti e i servizi, l’aumento dell’IVA e l’aumento dell’età pensionabile.
E’ proprio dalla previdenza sociale che arriveranno nelle casse dello Stato circa 12miliardi pari ad un terzo della manovra mentre l’aumento dell’IVA renderà più costosi i consumi di massa : solo questo basterebbe per affermare che la manovra ha una connotazione del tutto anti popolare. E’ doveroso aggiungere il ritorno dell’ICI sulla prima casa e l’aumento delle rendite catastali. E’ pur vero che i comuni per
erogare i servizi alla cittadinanza hanno bisogno di denaro e che l’attuale IMU sarebbe un’ottima fonte di reddito ed è pur vero che tutti saranno chiamati a pagare ma seppur i possessori di abitazioni modeste pagheranno in maniera inferiore comunque verseranno la loro quota non in base al proprio reddito. Appare dovuto accludere che
circa tre milioni di italiani sono possessori di un’abitazione e per una modesta cifra sono leggermente al di sopra della soglia di povertà e non è difficile concludere che il pagamento di questa tassa li porterebbe ad essere proprietari di una casa ma sotto la soglia di povertà. Emerge quindi che ancora una volta lo Stato sta saccheggiando le tasche delle famiglie italiane penalizzando fortemente chi ha fatto sacrifici enormi per potersi pagare una dimora.
A tal punto è da chiedersi dove sia finita la patrimoniale a parte lo specchietto per allodole costituito da “aumento” dei bolli per auto di grossa cilindrata, aerei e elicotteri. Non è stata fatta e la motivazione è evidente. Il governo Monti anche se tecnico ha bisogno della maggioranza per governare e proprio della maggioranza
pidiellina. Ovviamente Berlusconi e il suo partito si sono immediatamente opposti et voilà è scomparsa la patrimoniale.
In questo periodo di totale anestetizzazione, dopo la cacciata del mostro berlusconiano dall’alto, è difficile trovare voci di opposizione al governo Bocconiano solo qualche voce fuori al coro afferma che “il Prof.” avrebbe potuto fare di più come ad esempio rinviare le ingenti spesi militari per l’acquisto di nuovi aerei da guerra (16 miliardi il loro costo) oppure far pagare l’ICI alla Chiesa
Cattolica sugli immobili che nulla hanno a che fare con la professione di fede.

Si ritiene opportuno invece credere che questo governo avrebbe dovuto sganciarsi totalmente dalle linee tenute dai suoi predecessori, purtroppo si è ad esse perfettamente allineato.
Non è difficile notare la linea di continuità che lega Monti ai suoi predecessori seppur esternamente si è passati da trucco e parrucco a uomini e donne di fiducia delle consorterie finanziarie, delle banche, delle voci dell’economia mondiale e di confindustria.
Il governo cattolico-bocconiano è tecnico e di diretta emanazione dei poteri forti ma soprattutto di nulla deve rispondere all’elettorato e può agire facendo leva sull’emergenza. E’ doveroso aggiungere che comunque buona parte del suo programma è stato già scritto nei carteggi Draghi-Napolitano-Berlusconi.

E’ del tutto evidente che questo governo di stampo totalmente liberista e qualsiasi governo che non tracci una linea i discontinuità con i precedenti sia da contestare per chiedere una democrazia vera e partecipata con una gestione collettiva, e non solo la mera difesa, dei beni pubblici.
La gestione privata trasforma una risorsa collettiva in una qualsiasi merce da trattare nel mercato capitalista, conseguentemente sottoposta alle leggi del profitto e ai capricci speculativi di tale mercato. In un periodo storico in cui assistiamo quindi al feroce attacco liberista nei confronti dei beni comuni e delle risorse collettive appare auspicabile non solo difendere i beni comuni ma anche la gestione collettiva degli stessi.

E’ quindi necessario che non solo venga contestata la manovra Monti e richiesta la difesa e gestione collettiva dei beni comuni, ma che si continui o si inizi a desiderare, volere e ottenere un altro modello di sviluppo, sostenibile (ripensando quindi il significato stesso della parola “sviluppo”), la rimodulazione del welfare capace di combattere la precarietà giovanile e dei lavoratori, la centralità della cultura, in tutte le sue forme, e un reddito di esistenza per la costruzione del futuro delle nuove generazioni, cosi come avviene in tutti i paesi ell’eurozona. Il ministro Fornero si è dichiara aperta e favore al reddito minimo? Bene, è già un primo passo, che lo faccia!
E’ arrivato il momento di dire basta e non “noi la crisi non la paghiamo” poiché è eviente il contrario. E’ necessario andare oltre, smettere di pagare la crisi, farla pagare davvero a chi l’ha creata e riprenderci ciò che davvero ci spetta.

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