Riflessioni a “caldo” sul #19O

20131020-223851.jpgAprire le prime pagine dei quotidiani on line e vedere con stupore come un corteo di diverse decine di migliaia di persone sia derubricato a quinta/sesta notizia.

Sarà che i giornalisti del nostro paese avevano già pronti articoli ed editoriali che parlavano di scontri e violenza, di forze dell’ordine attaccate da centri sociali, banche bruciate e barricate con cassonetti. Sarà che fino a ieri sera hanno cercato di montare il caso. Sarà che tutti si aspettavano la sollevazione generale ed invece hanno trovato un corteo moltitudinario per numeri e composizione, si sono imbattuti nella rappresentazione di un pezzo di paese reale che vive su di se tutti i giorni la crisi globale e le assurde ricette dei governi e del potere economico/politico europeo, paese reale fatto da chi occupando le case non risponde solo ad una necessità soggettiva ma costruisce percorsi di riappropriazione di un diritto per tutt@, da chi lotta nei propri territori contro lo sfruttamento dei territori secondo logiche speculative e finanziarie che accrescono il debito (strumento di controllo in epoca di crisi) come i comitati No TAV, No Expo, No Mous, No inceneritori ecc ecc, da chi vuole che l’acqua sia un bene comune,da precarie e precari, da chi pensa che occorra redistribuire le ricchezze dando welfare e redditto per tutti, da chi pensa un mondo diverso in cui ci sia rispetto per la vita e la possibilità che ci sia una vita degna per tutt@.
Non solo le migliaia di persone in piazza ma anche l’attacco di Anonymous ai siti dei ministeri e della Cassa di Depositi e Prestiti è un pezzo importante della mobilitazione di ieri e che da la misura della diffusione che ha avuto in termini di coinvolgimento del movimento.

Numeri e diffusione della giornata, costruita su immaginari e parole d’ordine poi non del tutto praticate, meriteranno riflessioni più approfondite.

Sollevazione generale non è stata, e forse non è un caso perchè rabbia, rivolta e sollevazione non esplodo a comando, esplodono quando devono ed è per questo che sono episodi potentissimi che turbano lo status quo. Esplodessero a comando sarebbero una cosa diversa.

Sollevazione a parte dopo tanti anni un corteo di movimento senza nessun tipo di costruzione comune con pezzi di politica istituzionale ha attraversato Roma passando sotto i palazzi del potere, attaccandoli in maniera un po’ più che simbolica, ministeri e palazzi che per tanti anni erano stati vietati da zone rosse.

50/70 o 100000 persone che fossero il dato numerico di ieri è molto importante e narra di un paese che non accetta più i dicktat dell’austerity e del sempre più corrotto rapporto globale tra politica ed economia con la prima schiacciata e costretta a esecutore locale di volontà trans-nazionali, parla di un paese che vuole riprendersi i diritti e smettere di pagare per il benessere di pochissimi.
Lo sdegno per la continuazione del governo tecnico ora trasformato in governo di larghe intese dal commisario speciale della troika in Italia ovvero re Giorgio Napolitano ha avuto ieri la prima puntata in forma pubblica e organizzata.
Narra anche di un pezzo di paese che non si fa intimidire da campagne mediatiche e poliziesche e che scende in piazza in una città non solo militarizzata ma anche tendenzialmente “ostile” al corteo con bar, ristoranti e negozi chiusi nonostante fosse un sabato pomeriggio.

Il 19 ottobre non è solo narrazione di un pezzo di paese che tutti i giorni costruisce alternative al sistema dominante ma diventa anche un momento di legittimazione di una spazio politico fatto di conflitti e di tutti quei soggetti che in periodo di crisi praticano l’occupazione come forma di riappropiazione di diritti, possibilità, ricchezze, reddito e futuro. Senza prendersi in giro ieri in piazza oltre agli occupanti di casa c’erano per lo più i militanti dei centri sociali.

Non era scontato il risultato, non era scontato che così tante persone decidessero di scendere in piazza, non era scontato nemmeno che una piazza piena di differenze, pur nello stare in basso a sinistra oltre e contro la politica di palazzo (ognuno a suo modo ma da sempre tutte e tutti dall’altra parte), potesse praticare azione comune senza studiare, per poi agire e quindi rivendicare differenze in maniera pubblica pochi minuti dopo la fine del corteo.

Però adesso che il 19 è finito, ora che i movimenti che ieri sono scesi in piazza sicuramente non hanno fatto passi indietro e anzi forse ne escono un pochettino rafforzati bisogna continuare a costruire conflitti e alternative nei singoli territori e nelle singole lotte perchè se uno dei grandi problemi è la diramazione disordinata, capillare e diffusa del capitalismo e della finanza le risposte non possono essere incentrate solo in grandi eventi come quello di ieri ma anche e soprattutto nel lavoro giornaliero locale.

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