La cinquattaquattresima donna

Proprio di oggi la notizia di un’ennesima donna (la 54 esima dall’inizio del 2012) che ha perso la vita a causa del gesto omicida e folle del proprio partner: questa volta aveva 20 anni, ma ormai da mesi, assistiamo sgomenti e preoccupati a storie, casi, esempi più disparati di questo fenomeno.

Eventi come questi riguardano tutte le donne, da Nord a Sud, di ogni età, estrazione sociale, sole, sposate, fidanzate, con o senza figli……

Che cosa sta succedendo in Italia?

Il fenomeno della violenza di genere è altamente complesso: fattore sociale, culturale, profondamente influenzato non solo dai “background” identitari dei contesti e delle società in cui avviene, ma anche, spesso, legato a circostanze esterne che ne peggiorano o aggravano l’incidenza: basti pensare alle guerre, ai conflitti, alla povertà, ma anche alla diffusione di mentalità e pratiche maschiliste, di prevaricazione e di violenza.

L’Italia si colloca in una posizione critica in partenza: paese in cui, da tempo, le questioni di genere trovano non poca difficoltà ad essere messe in pratica e in seria considerazione (secondo il World Economic Forum, l’Italia si piazza al 74° posto per gender gap a livello mondiale), le “buone pratiche sui generi” o la “parità di genere” (come qualcuno le chiama) sono diventate ormai oggetto di infiniti dibattiti ma di scarsa, reale, applicazione.

L’Italia è un paese, brutto a dirsi, con radici di maschilismo e patriarcato: senza voler generalizzare, la cultura mediterranea (che ci avvicina, per storia, costumi, contaminazioni ai paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, ma anche la Spagna e la Grecia) porta spesso con sé la caratterizzazione (sviluppata ed evoluta in maniera differente a seconda delle storie politiche dei paesi) della strutturazione patriarcale della società, della concezione della donna come madre dei figli e padrona sì, ma del focolare domestico, con una sostanziale dominazione dell’uomo in termini politici, economici, ma anche sociali.

I paesi mediterranei non sono gli unici (in Africa, America o in Asia esistono altrettanti fenomeni), tanto che mi chiedo a volte se esista, nel mondo, una cultura che non abbia radici maschiliste e patriarcali.

Un elemento che di certo non ha aiutato l’Italia a scrollarsi di dosso questi elementi, che dovrebbero essere stati ormai superati da tempo (dopo una lunga storia di diritti acquisiti, femminismo politico, cultura e informazione) è stato senza dubbio il perpetrarsi della concezione e dell’immagine della donna-oggetto che tutti conosciamo e per la quale siamo tristemente famosi anche all’estero.

Lo stereotipo della donna italiana bella (elegante, truccata, formosa, tutta da guardare, e magari, da toccare) profondamente radicato all’estero, trova ed ha trovato da anni conferma nell’immagine femminile che il nostro stesso paese propina quotidianamente alla propria popolazione. So che rasento il moralismo, ma credo che a livello psicologico un’immagine, se vista, ri-vista e vista ancora in modo quasi ossessivo, finisca per diventare la realtà, o una pretesa della stessa. E così, dagli schermi dei varietà televisivi fino alle pubblicità dei telefoni cellulari, un bel giorno ci siamo trovati con delle escort in politica (e come modello di ricchezza e successo) e l’abitudine dei nostri rappresentanti istituzionali di usare le donne come moneta di scambio, vetrina personale, oggetto da mostrare o da “aiutare” in cambio di svariati favori personali. Il tutto senza che questo venga percepito come anormale, davanti a una banale e “simpatica” giustificazione: “mi piacciono le belle donne”.

Le donne sono così quello che gli uomini vogliono vedere. Sono, in molte culture e società, tra cui la nostra, un piacevole “compendio” dell’uomo, il risultato delle loro immaginazioni, desideri, che diventano pretese, a volte. Cambiano gli immaginari e le raffigurazioni (bella, elegante, aggressiva, di successo, o materna, remissiva, dolce, accondiscendente), ma il meccanismo diventa più saldo e radicato nella nostra società e psicologia di anno in anno.

Non riesco a non vedere un nesso tra questi meccanismi complessi (che ho sicuramente illustrato in modo non esaustivo) e l’ondata di omicidi che stanno colpendo sempre più le donne, colpevoli solo di aver deluso o le aspettative, i desideri e le volontà dei loro partner. Non mi interessa entrare nei dettagli: nessun individuo (uomo o donna) ha diritto di interrompere o rovinare la vita di un altro individuo perché esso non risponde alle proprie aspettative o volontà personali.

Ultimo spunto di riflessione sono l’uso delle parole, le immagini, che appunto, credo che abbiano un ruolo importante a livello sociale e psicologico in una comunità: chiamarli “delitti passionali” per tanti anni ha senz’altro contribuito a creare una patina di giustificazionismo, facendo anche trapelare, tra le righe, la possibilità che si trattasse, spesso, di una punizione nei confronti di una donna “traditrice”.

L’altro giorno ho sentito una notizia davanti alla quale ho automaticamente sussultato:” Trovati nel bagno della scuola a fare sesso, due minorenni sono stati puniti. Lui con una settimana di sospensione e lei con due.”

Perché questa differenza?

La versione ufficiale data ai media era che la ragazza aveva l’aggravante di aver compiuto il fatto nel bagno dei maschi (contravvenendo in modo più grave alle regole): ma siamo proprio sicuri che sia così?

 

 

 

Per approfondire:

http://www.ilcorpodelledonne.net/

http://www.senonoraquando.eu/

http://www.unfpa.org/public/

http://eeas.europa.eu/human_rights/women/index_en.htm

 

 

Tag:

Una risposta a “La cinquattaquattresima donna”

  1. Escort Milano ha detto:

    i veri affari in politica sono l’escort a concluderli….

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