I ribelli delle città – Costruire conflitto nella “buona” scuola

12243038_833872423400856_7891719483994095238_nVerso il 17 settembre a Napoli.

Siamo al terzo anno di lotta contro la “Buona Scuola” del governo Renzi. 
Negli ultimi due anni abbiamo cercato – con ogni mezzo necessario – di costruire l’opposizione sociale ai diktat dei governi e delle lobby. Abbiamo riempito le piazze e abbiamo provato a erigere all’interno delle nostre scuole della barricate a difesa di ciò che il governo centrale ha cercato di sottrarci con violenza.

Sin da quando la Buona Scuola era ancora un disegno di legge ci siamo impegnati per trasformare la scuola delle nozioni e delle crocette in una scuola dove la cultura e i saperi critici potessero circolare liberamente, senza vincoli e senza dover sottostare all’autoritarismo dei dirigenti. 
Attraverso le occupazioni e tutte le forme di lotta possibili abbiamo provato a mettere in piedi un fronte di opposizione reale e concreto. 
L’anno politico appena concluso ci ha lasciato una serie di dati che non possono essere tralasciati. 
La riforma è entrata nelle scuole palesandosi per quello che è, una riforma che rende la scuola un’azienda e non un luogo di formazione, una riforma tenuta in piedi dalle decisione arbitrarie dei presidi-manager e dalle forme di classificazione a danno sia dei docenti che degli studenti seguendo il modello dei test INVALSI.

A partire da questo stato dell’arte abbiamo provato a riempire le piazze, il 13 novembre a Napoli e a Milano la repressione è stata durissima contro due cortei studenteschi incredibilmente partecipati, a partire da lì abbiamo provato a costruire quella che abbiamo identificato come una ‘generazione ribelle’. 
Una generazione che rende vive le piazze delle nostre città, che non perde mai il legame con i collettivi studenteschi, ma che è in grado di esprimere posizioni radicali partendo dal mondo della scuola, passando per le periferie e arrivando al Rojava.

Una generazione in grado di tessere legami con il tessuto sociale cittadino assumendosi quella che è la grande sfida del ventunesimo secolo: il superamento delle forma dello Stato nazione e l’abbattimento di qualsiasi forma di sfruttamento e di privazione dei diritti fondamentali dei popoli.

Per questo crediamo che ad oggi sia importante muoversi nelle nostre città, creare spazi di socialità e aggregazione laddove non ce ne sono e da lì provare a costruire l’alternativa dal basso. 
C’è bisogno di innescare dei processi che ci diano modo di decidere dal basso delle nostre scuole e dei nostri territori per opporci realmente al governo centrale e ai diktat del partito della nazione. Il referendum costituzionale può essere un momento per allargare le fila delle nostre lotte andando oltre la mera scadenza referendaria, per tenere fuori le frange fasciste e reazionarie che nell’opposizione al governo Renzi cercano di trovare il loro spazio per disseminare odio e razzismo.

Questo filo conduttore ci permetterebbe di tenere uniti tutti gli spazi che andiamo ad occupare, partendo dal tema dei confini e dei rifugiati, per far emergere quel sentimento di accoglienza e solidarietà tanto osteggiato così come dal governo Renzi così come dalla destra filo-fascista di Salvini. Riempire le piazze partendo dal mondo della scuola e finendo a discutere delle principali tematiche dibattute all’interno del paese può rappresentare il mezzo per rendere le nostre scuole dei laboratori attraverso i quali esprimere posizioni radicali assolutamente necessarie per contrastare l’indifferenza imperante.

Abbiamo bisogno di spazi sociali, di luoghi in cui sviluppare l’alternativa, luoghi da cui ripartire per generare con le nostre forze e coi nostri corpi il riscatto dei nostri quartieri e delle nostre città.
Negli ultimi mesi il contesto napoletano è stato al centro del dibattito politico e non, abbiamo accettato la sfida di costruire da studenti una Città Ribelle a tutti gli effetti, senza mai perdere il legame con le piazze piene. 
Tuttavia è necessario costruire consenso e conflitto anche laddove il contesto sociale si oppone all’avanzata dei movimenti sociali.

Crediamo fermamente che i Giovani Ribelli delle Città possano essere la chiave di volta per sfidare a viso aperto le leggi del neo-liberismo e dello sfruttamento a oltranza, attraversando tutta la penisola, poiché sono proprio le comunità ribelli che prendono forma nelle città a rendere ribelli le città stesse.

La trasformazione dello stato di cose presenti dovrà passare necessariamente per la lotta di noi studenti, abbiamo l’intenzione di rendere ribelli le città di tutta Italia, partendo dai contesti in cui ci vedremo più repressi e osteggiati.

Per questo abbiamo deciso di riunirci a Napoli il 17 settembre, nell’ambito di una due giorni di assemblee e workshop presso il chiostro delle Basilica di S. Maria della Sanità (detta Chiesa di San Vincenzo). 
Abbiamo deciso di ripartire dai quartieri popolari, da dove parte il riscatto della nostra generazione, una generazione pronta a lottare con ogni mezzo necessario.

Da quella discussione identificheremo i temi da portare nelle piazze del nostro paese, a partire dalla data del 7 ottobre, per infiammare da subito quello che dovrà essere un autunno di lotte e di riscatto. 
Sarà una giornata per gridare prima di tutto la nostra rabbia e la nostra opposizione al mostro della Buona Scuola e contro il governo del Partito Democratico, da lì getteremo le basi per rendere le nostre scuole delle vere e proprie barricate.

Ora non è più il momento di difendere quello che resta del mondo della formazione, è arrivato il momento di contrattaccare e di riprenderci quel che è nostro senza più indugiare.

Ci vediamo nelle piazze.

Le ribelli e i ribelli delle città

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